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Pogacar, questa è proprio una vittoria di Pirro

20.07.2022 20:44

Tour de France, Tadej vince a Peyragudes ma fa il solletico a Vingegaard, secondo al traguardo e sempre più saldo in giallo. UAE ai minimi termini (Majka ritirato, Bjerg e McNulty spremuti oggi) ma pure la Jumbo mostra la corda


Di tutti gli scenari che avevamo ipotizzato alla vigilia della seconda tappa pirenaica del Tour, che finisse con un no contest tra i due protagonisti dell'avvincente feuilleton sulla salita finale proprio no, non l'avevamo preso in esame. Ci abbiamo messo talmente poco a disabituarci al ciclismo del freno a mano tirato che ci pare già un'eresia che Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar non siano andati oggi allo scontro frontale, preferendo invece salire verso Peyragudes dietro al ritmo potente ma costante di Brandon McNulty, preziosissimo gregario per il secondo della generale nel giorno in cui la UAE Emirates perde pure Rafal Majka.

Ma se Atene piange, Sparta non ride, e oggi abbiamo avuto la plastica rappresentazione di quanto pure la Jumbo-Visma della maglia gialla, seppur numericamente più corposa del team rivale, sia più o meno al lumicino, dato che il danese leader della generale è rimasto alla fine in balia degli avversari. Cavandosela benissimo, va detto, ma nemmen sollecitato come tutti - fino a questo pomeriggio - avevamo immaginato. E invece, evidentemente, se Tadej non attacca con oltre due minuti da recuperare e si accontenta di vincere la tappa (la terza in questo Tour), pure lui non è che abbia tanti colpi da sparare ancora, e forse se li tiene da parte per un eventuale assalto finale domani verso Hautacam; o forse neppure questo, una Grande Boucle velocissima dall'inizio, nella quale nessuno ha risparmiato una pedalata a partire proprio dallo sloveno in maglia bianca, presenta forse il conto ora che l'arrivo di Parigi si intravvede sempre più vicino.

Perché non può spiegarsi e giustificarsi, il tutto, con la sindrome da Peyresourde, ovvero una salita tanto mitica quanto anestetica, che ogni volta che si presenta (oggi se ne scalava la prima parte, prima della svolta verso Peyragudes) tende a far appassire in chi la pedala la voglia di attaccare: una scalata che potrebbe essere presa a simbolo dei Pirenei, diciamo, ovvero della catena montuosa che per il ciclismo attuale risulta la parente sciapa delle Alpi, e su cui è molto difficile fare la differenza.

E dire che la selezione oggi non è mancata, anzi Jonas&Tadej hanno allungato in classifica su tutti gli altri, ma questa, arrivati alla tappa 17, non è certo una notizia: avevamo capito sin da La Planche des Belles Filles che c'era un certo solchetto tra i primi due e il resto del mondo, per cui ogni nuova tappa di montagna al limite conferma l'assunto ma sempre meno ci sorprende. La differenza che ci aspettavamo era quella tra i duellanti del Tour, c'è stato un accenno in cima al Val Louron, ma subito scemato. Troppo poco rispetto alle enormi aspettative che c'erano intorno a questa tappa.

Va da sé che un nulla di fatto (i 4" di abbuono in favore di Tadej pesano più o meno niente) alla quint'ultima tappa nonché penultima di montagna è tutto di guadagnato per chi in quel momento è in vantaggio: manca un giorno in meno alla fine, meno pericoli da affrontare, il margine è rimasto praticamente invariato, il contendente ha perso un uomo fondamentale (Majka) e ha spremuto come limoni Bjerg e McNulty, per cui domani con chi fa la corsa? Vincere, ha vinto, Pogacar a Peyragudes: ma a che prezzo e con quale guadagno? Elevatissimo il primo, più che modesto il secondo. La classica vittoria di Pirro, insomma.

Per ribaltare tutto - e ne parliamo perché sappiamo che con lui tutto è possibile - Tadej domani deve inventarsi un capolavoro, probabilmente da solo e forse in inferiorità numerica, e lui dice di crederci e che ci proverà, e ovviamente stiamo tutti morendo dalla curiosità di scoprire come andrà a finire, se Pogacar attaccherà davvero Vingegaard o se piuttosto non lo subirà... o se direttamente non succederà niente come oggi. In qualunque modo vadano le cose, resta la grandezza dello spot al ciclismo fatto da quest'edizione della Boucle, baciata e consacrata da una sfida che per nostra fortuna andrà avanti ancora un po' (di giorni, da qui a domenica) ma anche tanto (tempo, negli anni a venire).

La cronaca. Pirenei, secondo atto: la 17esima tappa del Tour de France 2022 presentava, nei 129.7 km da Saint-Gaudens a Peyragudes, quattro classiche salite della zona ovvero Aspin, Hourquette d'Ancizan, Val Louron-Azet e Peyresourde, con la svolta nel finale verso il traguardo situato all'altiporto e raggiungibile dopo pendenze molto sostenute. Il secondo della generale Tadej Pogacar (UAE Emirates) si è svegliato con la cattiva notizia del forfait di Rafal Majka, il suo miglior gregario per la salita: ieri al polacco si era rotta la catena sulla salita di Mur de Péguère, e il colpo che è derivato dal movimento innaturale innescato dall'intoppo si è rivelato essere uno strappo al quadricipite destro, sufficientemente doloroso da mettere fuori causa Majka. Non partito nemmeno Tim Wellens (Lotto Soudal), positivo al covid, nella prima parte della frazione si sarebbe ritirato pure Fabio Felline (Astana Qazaqstan).

Partenza a tutta ma non è certo una notizia, mille tentativi nei primi chilometri, Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck) ha vinto il traguardo volante di La Barthe-de-Neste al km 33 davanti a Wout Van Aert (Jumbo-Visma) il quale coi punti così guadagnati ha raggiunto la matematica certezza di aver conquistato la maglia verde. A patto che arrivi a Parigi, ça va sans dire. Solo al km 44 sono riusciti a prendere margine due uomini, Guillaume Boivin (Israel-Premier Tech) e Owain Doull (EF Education-EasyPost), poche decine di secondi e non di più per prendere l'Aspin con un po' di vantaggio sui prevedibilissimi tanti contrattacchi che sarebbero venuti.

Boivin si è staccato appena iniziata la salita ai -75, poi inevitabilmente dal gruppo si sono moltiplicati i tentativi e in particolare Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) e Alexey Lutsenko (Astana) si sono mossi con efficacia, mentre Doull veniva riassorbito loro prendevano il largo. Un largo molto ridotto, dato che il gruppo ha continuato a non lasciare spazio, e in ogni caso dietro ai primi si è coagulato un drappello di 16 uomini: Daniel Martínez e Dylan Van Baarle (INEOS Grenadiers), Patrick Konrad (Bora-Hansgrohe), Gregor Mühlberger e Carlos Verona (Movistar), Pierre-Luc Périchon e Simon Geschke (Cofidis), Dylan Teuns (Bahrain Victorious), Chris Hamilton e Andreas Leknessund (DSM), Georg Zimmermann (Intermarché-Wanty), Rigoberto Urán (EF), Quinn Simmons e Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), Pierre Latour (TotalEnergies) e Chris Juul Jensen (BikeExchange-Jayco).

Ancora non bastava, perché a 2 km dal Gpm (e 66 dal traguardo) sono partiti dal plotone altri uomini destinati a rientrare sugli intercalati, e cioè Romain Bardet (DSM), Jonathan Castroviejo (INEOS) e Bob Jungels (AG2R Citroën). L'Aspin è stato scollinato da Pinot e Lutsenko (in quest'ordine) con 10" su Geschke, 20" su Ciccone e gli altri (da cui perdevano contatto Martínez e Verona), 55" sul gruppetto Bardet, 1'20" sul gruppo che tutto faceva meno concedere spazio: il vantaggio massimo dei primi ha sfiorato i 2' ai -55.

La Hourquette d'Ancizan, seconda salita di giornata, ha evidenziato la difficoltà di Neilson Powless (EF), Adam Yates e Tom Pidcock (INEOS) tra gli altri, poi l'olimpionico di MTB sarebbe rientrato in discesa ma gli altri no. Anche questo Gpm, posto ai -48, è stato conquistato da Pinot, dopodiché nel fondovalle verso Val Louron la coppia al comando è stata riavvicinata dai corridori intercalati e sulle prime rampe della terza salita della tappa, ai -30, è stata raggiunta.

Il Col de Val Louron-Azet era ben più tosto dei due precedenti e qui tutte le carte si sono rimescolate molto rapidamente. Davanti è partito Leknessund, alle sue spalle il gruppetto di testa si è frastagliato in tanti rivoli, Urán primo inseguitore, poi Lutsenko, Bardet e Ciccone e poi via via gli altri, ma le cose grosse avvenivano dietro: tirava ancora Mikkel Bjerg (UAE), che s'era fatto in testa pure le salite precedenti, e già la selezione è stata evidente. Ma quando è passato Brandon McNulty (UAE) la dissipazione è stata completa: Jumbo-Visma subito dissolta a parte Sepp Kuss, unico luogotenente rimasto con Jonas Vingegaard, quindi uno dopo l'altro sono stati fatti fuori tutti gli uomini di classifica, David Gaudu (Groupama) a Enric Mas (Movistar), poi Louis Meintjes (Intermarché) e Aleksandr Vlasov (Bora), poi pure Nairo Quintana (Arkéa Samsic), poi a 4 km dalla vetta pure Kuss, e infine, un chilometro dopo, Geraint Thomas (INEOS): con Vingegaard e Pogacar restava solo McNulty, tremendo nel suo picchiare.

Naturalmente, mentre venivano staccati senza pietà tutti i rivali (sulla carta, e alla vigilia) di classifica, venivano ripresi e superati tutti quelli della fuga, uno dopo l'altro. Per ultimo, Leknessund a 3 km dalla vetta e 23 dal traguardo. Prima dello scollinamento dovevamo però vedere il primo attacco della giornata di Pogacar: uno scatto a 200 metri dal Gpm, un allungo più dimostrativo che altro, a cui comunque Jonas ha risposto per le rime.

Mentre c'erano corridori da tutte le parti a scollinare via via (il più vicino, Thomas con Lutsenko e Kuss a 1'), McNulty è rientrato in breve sul suo capitano (a 18.5 dalla fine); la discesa è stata volata via in un attimo, Bardet e Leknessund si sono riportati sul terzetto Thomas ai -12 e alle loro spalle si componeva un nutrito drappello con Quintana, Gaudu, Mas, Meintjes, Vlasov, Jungels e Valentin Madouas (Groupama) tra gli altri: 2'30" il ritardo con cui questi ultimi hanno approcciato la salita finale ai -8 (1'20" il distacco del gruppetto Thomas).

Il primo attacco del Peyresourde l'ha piazzato Bardet nel secondo gruppetto, appena iniziata la salita. Thomas si è accodato senza tanti problemi, gli altri son volati via, ma poi più avanti (ai -4) Romain si è dovuto sfilare non reggendo più il ritmo del gallese. Per vedere il secondo, di attacco, abbiamo dovuto aspettare i 300 metri... sì, esatto, la volata. Perché per tutta la salita, e anche sulle rampe più dure, nulla accadeva tra Tadej e Jonas, fissi a ruota di McNulty che ha tirato per tutti fino in cima. Fino ai 300 metri, per l'appunto: allorché Pogacar ha superato il compagno chiamando la reazione di Vingegaard, lanciatosi ai 150. Tadej ha risposto immediatamente al danese, l'ha superato e ha conquistato così la sua terza vittoria parziale in questo Tour, con annessi i 4" di abbuono che ha guadagnato sulla maglia gialla (10" a lui, 6" a Jonas).

McNulty ha chiuso a 32", Thomas è arrivato quarto a 2'07", poi sono transitati sotto il traguardo Lutsenko a 2'34", Bardet a 2'38", Gaudu a 3'27", Vlasov, Meintjes e Quintana a 3'32", Nick Schultz (BikeExchange) a 3'38", Mas a 3'44", Madouas a 5'10", Ciccone (14esimo) a 5'20", Jungels a 5'23", Luis León Sánchez (Bahrain) a 6'21"; Yates ha chiuso 21esimo a 8'59" insieme a Powless, Pidcock addirittura 53esimo a 22'06"; Damiano Caruso (Bahrain) è finito ancor più indietro, 61esimo a 23'37".

In classifica c'è una bizzarra inversione di posizioni tra Bardet e Yates (da nono a sesto, da sesto a nono), nel dettaglio abbiamo Vingegaard con 2'18" su Pogacar, 4'56" su Thomas, 7'53" su Quintana, 7'57" su Gaudu, 9'21" su Bardet, 9'24" su Meintjes, 9'56" su Vlasov, 14'33" su Yates, 16'35" su Mas che rientra in top ten; seguono Lutsenko a 16'50", Powless a 27'07", Madouas a 27'36", Jungels a 31'35", Pidcock (rotolato dalla decima alla quindicesima posizione) a 32'23", Sánchez a 36'58", Konrad a 41'26", Pinot a 41'50", Kuss a 54'22", Teuns a 59'28", McNulty a 1h00'30" e Caruso, 22esimo e primo degli italiani, a 1h07'38".

Domani si replica ancora coi Pirenei, la 18esima tappa è la Lourdes-Hautacam, 143.2 km comprendenti (negli ultimi 80) il Col d'Aubisque, il Col de Spandelles e l'ascesa che porta al traguardo e che darà un giudizio definitivo sui valori in campo: dopo Hautacam ci sarà solo la crono a dividere i buoni dai cattivi, e chi ama le montagne non avrà quindi altri appelli. C'è da fare, c'è tanto da fare; quanto di questo tanto sarà fatto?
Notizia di esempio
Mesdames et messieurs, voici le nouvel empereur
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!