João Almeida precede Geraint Thomas sul traguardo del Monte Bondone © Giro d'Italia
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Il Bondone stappa il Giro, Almeida-Thomas coppia di fatto

João è il più battagliero sulla montagna di Trento e vince con merito arrivando insieme a Geraint che si riveste di rosa. Primoz Roglic respinto ma limita i danni, Damiano Caruso si allontana

23.05.2023 17:15

Tutta una giornata ad aspettare il colpo di Primoz Roglic al cuore del Giro d'Italia, e alla fine lo sloveno ha mancato l'appuntamento con la vittoria. A batterlo sono stati i due che lo accerchiavano in classifica e nei pensieri dei pronosticatori seriali: Geraint Thomas, che si è rimesso indosso la maglia rosa dopo averla data in prestito un paio di giorni a Bruno Armirail, e João Almeida, che in cima al Monte Bondone ha colto il primo successo in un GT, lui che col Giro ha da anni un conto aperto: all'esordio, nell'autunno del 2020, fu maglia rosa per l'infinità di 15 tappe, poi cedette nel finale e per non tanto mancò il podio, chiudendo quarto; l'anno successivo si ritrovò a dover fare da badante a un Remco acerbissimo, perse tanto terreno in avvio di corsa, poi chiuse in gran crescendo piazzandosi alla fine sesto; lo scorso anno era in lotta per il podio ma il covid lo fermò a tre giorni dal termine. Come minimo uno con un simile score si porta appresso un canino avvelenato.

E non è che il vecchio Geraint abbia avuto in questi anni un rapporto migliore con la corsa rosa: due partecipazioni piuttosto pallide nella prima parte di carriera, poi da quando è "diventato" Thomas ci è venuto due volte da capitano Sky-INEOS: nel 2017 cadde nella tappa del Blockhaus (il famoso capitombolo innescato dai Sunweb contro una moto della polizia e di cui fece le spese pure Mikel Landa, co-capitano di quel team) per ritirarsi - abbondantemente fuori classifica - pochi giorni dopo. Ancora peggio gli andò nel 2020, quando partiva da favorito ma non riuscì nemmeno a sbarcare sul Continente, ruzzolato male su una borraccia vagante nel tratto di trasferimento della terza tappa, in Sicilia.

Cascami del World Tour fanno sì che l'uno e l'altro - come pure Roglic - siano a contendersi il Giro: i veri numeri uno dei rispettivi team si giocheranno il Tour de France, e allora spazio ai Riker della situazione in Italia. Sicché Almeida può cercare di chiudere i conti col passato, Thomas può sperare di scrivere un importante record nella storia di questa corsa (ovvero esserne il più anziano vincitore) e Roglic può vedere di arricchire il palmarès con un GT diverso dalla Vuelta.

Per 15 tappe i tre hanno recitato ruoli di primo piano quasi loro malgrado: oscurati (come tutti) da Evenepoel fino alla crono di Cesena, anche se in realtà Roglic aveva battuto un bel colpo il giorno prima a Fossombrone; chiamati ad assumersi responsabilità forse inattese dopo l'uscita di scena dell'iridato (Thomas si aspettava di vestire la maglia rosa già a metà Giro, per esempio?), responsabilità puntualmente disattese in diversi giorni di attendismo che ha esasperato più di un appassionato; obbligati infine di fatto a far qualcosa in quanto nessuno dei tre poteva (e può) giurare davanti allo specchio di poter essere superiore agli altri due nella cronoscalata del Lussari (quella che sabato sigillerà la classifica).

Ecco perché oggi Primoz ha messo sotto la sua Jumbo-Visma: voleva guadagnare, era convinto di poterlo fare. Si attribuiva una maggiore resistenza in salita di Thomas, e probabilmente non accreditava Almeida del livello che invece il portoghese ha dimostrato d'aver raggiunto; né erano bastate alcune avvisaglie l'altro giorno a Bergamo per convincerlo che João potesse effettivamente esibire qualcosa di più del rimontismo d'origine passiva a cui ci aveva abituato negli anni scorsi. E invece il 24enne di Caldas da Rainha ha dimostrato di aver fatto un gradino in su quest'anno.

Non l'avevamo ancora visto nei panni di colui che proponeva, al Giro: sempre a salvare la gamba, a staccarsi sulle pendenze più impegnative, a ritornare semmai sotto con un modo di correre che nel tempo era diventato marchio di fabbrica. Oggi abbiamo invece scoperto che Almeida sa pure attaccare, supportato peraltro da una squadra che sul Bondone ha dimostrato di non aver nulla da invidiare alle riconosciute corazzate Jumbo e INEOS. Voi avete De Plus e Dennis? Noi abbiamo Formolo. Voi avete Arensman e Oomen? Noi abbiamo Ulissi. Voi avete Swift e Affini? Noi abbiamo McNulty. Voi avete Kuss e Puccio? Noi abbiamo Vine. Insomma, al netto delle giornate sì-giornate no dei vari gregari, al netto pure dei ritiri (che hanno in verità flagellato i britannici, oggi fuori pure Sivakov), la UAE Emirates ha tutte le carte in regola per aiutare Almeida a scalare - insieme al resto delle montagne del Giro - un sogno a cui sembrava quasi osé credere fino a stamattina. Osé in primis per João, che ancora si schermiva ("A Bergamo volevo solo star davanti"), lui che ora non potrà più nascondersi.

Se Almeida è in forte ascesa e Thomas è stabile nella sua solidità (ma con una squadra di giorno in giorno più minata), Roglic è lo sconfitto del Bondone. Lui gli effettivi ce li ha ancora tutti accanto, ma nessuno è troppo vicino in classifica per permettere tattiche azzardate in stile Granon (Geraint, seppur abbia con sé ormai solo 4 compagni, ha Arensman e De Plus a poco più di 4' coi quali eventualmente poter inventare qualcosa). Per cui lo scenario anche nelle prossime due frazioni alpine per lo sloveno sarà il medesimo di oggi: trenino sempre più asfissiante, nella speranza di cogliere in fallo gli avversari, e poi stoccata a pochi chilometri dal traguardo (qui l'auspicio per lui è di non ritrovarsi a corto di gambe come oggi).

Al limite, da valutare la variazione di mettere un paio di gregari in fuga, per ritrovarseli ulteriormente nel finale. Ci stupirebbe onestamente che un Roglic reduce da una frazione così opaca provasse assalti alla diligenza giovedì sulla strada verso Val di Zoldo, anche perché il pensiero di dover recuperare solo 29" rispetto a Thomas peserà eccome tanto nella testa di Primoz quanto nell'ammiraglia Jumbo: non è certo fantascienza il rischio di andare all'attacco dalla distanza e rimbalzare male (come oggi è capitato per esempio ai fuggitivi di giornata, passati - è il caso di Aurélien Paret-Peintre - dalla maglia rosa virtuale al perdere oltre sei minuti al traguardo e tre posizioni in classifica).

Chi potrebbe darci dentro di creatività sono quelli un po' più lontani, i quali però per ragioni diverse tenderanno pure loro all'attendismo: un Caruso quarto coglierebbe un altro podio quasi insperato, a 35 anni, se badasse solo a tenere le posizioni sperando nel naufragio di almeno uno dei tre che lo precedono in classifica; quanto a Dunbar, ora quinto, lui di risultati di rilievo nei GT non ne ha proprio, quindi figurarsi se vorrà rischiare di perdere anche solo una top five. Qualcosa in più - per attitudine mentale - potrebbe osare Lennard Kämna, sesto a 3'20". Ma il tedesco ha effettivamente la forza per operare un ribaltone?

Insomma quel che si potrebbe profilare - dopo l'entr'acte di domani - è una situazione tipo oggi: non il profilarsi di assalti all'arma bianca, ma un corretto battagliare sulle ultime salite di giornata: Coi-Palafavera giovedì, Tre Cime di Lavaredo venerdì. Non il massimo della lussuria per gli appassionati, ma già tanto se paragonato al poco che il Giro 2023 ha offerto fino a stamattina per la lotta per la classifica. Potrebbe essere un bell'accontentarsi.

Giro d'Italia 2023, la cronaca della sedicesima tappa

Il Giro d'Italia 2023 è ripartito stamattina dopo il secondo giorno di riposo con la 16esima tappa, la Sabbio Chiese-Monte Bondone di 203 km. Bella giornata di sole, non partiti Davide Ballerini (Soudal-Quick Step), Simon Clarke (Israel-Premier Tech) e Amanuel Ghebreigzabhier (Trek-Segafredo); la prima azione è stata tentata da Kristian Sbaragli (Alpecin-Deceuninck), Christian Scaroni (Astana Qazaqstan) e Davide Gabburo (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè) ai -202, ma non era quella giusta e sarebbe sfumata ai -186.

Nel frattempo ai -193 una caduta in uscita da una rotonda aveva coinvolto Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa), Laurens De Plus (INEOS Grenadiers) e Sepp Kuss (Jumbo-Visma), nessuna conseguenza per i tre (a parte qualche noia meccanica per l'italiano), invece il gruppo nel frangente si è spezzato in due e la maglia rosa Bruno Armirail (Groupama-FDL), Andreas Leknessund (DSM) e Lennard Kämna (Bora-Hansgrohe) sono rimasti impigliati nel secondo troncone che si è ritrovato a dover chiudere un gap di 30". Comunque il primo pezzo di plotone non se n'è approfittato sicché ai -177 la situazione si è ricomposta.

In quel momento erano in avanscoperta da tre chilometri Pieter Serry (Soudal), Mark Cavendish (Astana), Patrick Konrad (Bora), Alessandro Tonelli (Green Project) e Davide Formolo (UAE Emirates), ma pure loro non hanno avuto via libera e sono stati raggiunti ai -175. La fuga buona l'hanno innescata ai -173 i soliti noti Derek Gee (Israel) e Ben Healy (EF Education-EasyPost), a cui si sono accodati Aurélien e Valentin Paret-Peintre (AG2R Citroën), Jack Haig e Jonathan Milan (Bahrain-Victorious), Jonathan Lastra (Cofidis), Martin Marcellusi e di nuovo Tonelli (Green Project), Salvatore Puccio e Ben Swift (INEOS), Carlos Verona (Movistar), Michael Hepburn e Filippo Zana (Jayco AlUla), Toms Skujiņš (Trek), Diego Ulissi (UAE) e ancora Scaroni.

Il gruppo ha lasciato fare nonostante la presenza di un paio di uomini non lontanissimi in classifica, Aurélien Paret-Peintre (13esimo a 4'30") e Jack Haig (17esimo a 7'48"). Non a tutti però andava bene quell'azione, sicché da dietro ai -163 sono emersi altri uomini: Vadim Pronskiy (Astana), Cesare Benedetti e Patrick Konrad (Bora), Thomas Champion (Cofidis), Mattia Bais (Eolo-Kometa), Gabburo e Filippo Magli (Green Project), Nicolas Dalla Valle e Veljko Stojnić (Corratec), usciti quando i primi avevano già superato il minuto di vantaggio; da notare in questo secondo gruppetto la presenza di Konrad, 18esimo della generale a 9'06".

Ai -146 il secondo drappello ha chiuso sul primo, andando a formare un gruppettone di 26 unità. Il gruppo era tirato dalla Jumbo e non dalla Groupama della maglia rosa (Armirail aveva peraltro dichiarato che non avrebbe provato a difendere il primato in classifica). Il vantaggio dei fuggitivi è arrivato a lambire i 4' ai -142, poi con l'avvicinarsi della prima salita di giornata, il Santa Barbara, il margine è stato limato di un mezzo minuto.

In salita si è segnalata una foratura di Healy ai -138, quindi un allungo di Dalla Valle e poi ancora uno di Scaroni, mentre Stojnic nelle retrovie si dibatteva forse con un problema di stomaco che l'ha fatto staccare ai -134.5, a poco più di 7 km dal Gpm. Poco da segnalare fino allo scollinamento dei -126, dove Healy, contrastato invano da Gabburo e Marcellusi (che gli si sono accomodati alle spalle), è transitato per primo, assicurandosi i 40 punti che gli servivano per prendere subito la maglia azzurra virtuale (alla partenza l'irlandese era a quota 108 contro i 144 del capoclassifica Davide Bais).

Il gruppo, tirato sempre dalla Jumbo (da Edoardo Affini, per essere precisi) è passato a circa 3' e sulla successiva breve discesa su Ronzo Chienis è stata la Groupama a prendere le redini dell'inseguimento; subito dopo si affrontava il Passo Bordala, e qui Gabburo in effetti è riuscito a battere Healy al Gpm dei -119. In discesa prima Marcellusi e poi soprattutto Benedetti (che è della zona e conosce bene le strade) hanno allungato, invece Haig ha forato e si è fatto mezza discesa staccato, salvo poi rientrare a fine picchiata, quando il drappello dei 25 si è ricompattato.

Ai -100 c'era il traguardo volante a punti a Rovereto e come da pronostico l'ha vinto Milan davanti a Skujins e Gee; subito dopo Jonathan si è rialzato, avendo pienamente centrato l'obiettivo di giornata (ovvero allungare nella classifica a punti). La salita verso Matassone ha visto Affini riprendere la testa del gruppo da cui presto ha perso contatto Sivakov (intanto veniva raggiunto Stojnic); il francorusso più avanti si sarebbe ritirato.

In salita un movimento di un certo rilievo lì davanti: Scaroni e Pronskiy, che oggi avevano Alexandre Vinokourov in ammiraglia, hanno dato vita a un bell'attacco a due tutto di marca Astana, grazie al quale hanno guadagnato un minuto sugli altri fuggitivi che mantenevano sempre i soliti 3' sul gruppo maglia rosa; al Gpm dei -87 Healy ha raccolto un quarto posto, preceduto di nuovo da Gabburo (per primo è passato Pronskiy), quindi è cominciato a piovere: già troppe erano state due ore di sole, in effetti; per fortuna lo scroscio non è durato tanto.

Seguiva un tratto misto in cui Marcellusi ha tentato una sortita solitaria (che ha fatto rima con velleitaria), l'azione degli Astana è stata frenata da una foratura di Pronskiy ai -75, comunque Scaroni ha correttamente atteso il compagno e in due hanno ripreso a macinare bene, andando a sfiorare addirittura i 3' sul gruppetto degli altri fuggitivi, da cui evadeva poi Benedetti: ma pure l'azione del trentin-polacco non aveva grossa prospettiva. Il gruppo maglia rosa in tutto ciò si curava giusto di tenere i canonici 3'-3'30" sul drappello in cui erano Paret-Peintre e Haig, per cui rotolava in questa fase a oltre 6' dai battistrada.

Sulla successiva salita di Serrada qualcosa è cambiato. Benedetti è stato raggiunto ai -65 dall'avanguardia del gruppetto che perdeva via via sempre più pezzi e al contempo riavvicinava i due battistrada. Nel drappello ridotto c'erano i due Paret-Peintre, Haig, Jonrad, Healy, Gee, Verona, Zana e Skujins; movimenti importanti anche nel gruppo maglia rosa, con la Jumbo che - dopo una sempre più convinta trenata di Affini - aumentava ulteriormente il ritmo con Sam Oomen. Ciò riduceva a circa 25 il numero dei componenti di questo drappello.

Però al contempo saliva pure il ritmo del gruppetto Paret-Peintre che ricacciava a oltre 4' i resti del plotone, con Valentin che volentieri si sacrificava per il fratellone. Ai -52, ovvero a 2 km dalla vetta, Scaroni e Pronskiy sono stati raggiunti, poi Ulissi, Lastra e Swift sono rientrati. Al Gpm dei -50 stavolta è stato Verona ad anticipare un comunque serafico Healy, che in ogni caso di punti in cascina ne ha messi ugualmente parecchi. Il gruppo è passato a oltre 4'30", contando peraltro molti rientri da dietro.

Sul Bondone tutti gli schemi sono saltati

Ma tra discesa e fondovalle, grazie soprattutto al lavoro di Michel Hessmann (Jumbo), il margine si è ridotto di un minuto; poco dopo l'approdo al Monte Bondone, ai -20 Verona è partito con Zana e quest'azione ha distrutto il gruppetto dei fuggitivi: un po' a sorpresa tra gli altri è saltato Ben Healy, poi ai -19 Haig, Konrad, Paret-Peintre e Pronskiy si sono riportati sui due battistrada, e poco dopo lo stesso avrebbero fatto Swift e Ulissi. Ma ormai l'azione dei primi sembrava destinata a morire, tantopiù che il gruppo, col passaggio di Rohan Dennis (Jumbo) a trenare, ha ulteriormente aumentato l'andatura, riducendo nuovamente e di netto le unità presenti.

Ai -17, non più di una quindicina tra i big, Armirail ha mostrato i primi segni di cedimento, scivolando via via indietro; ai -15 Dennis ha finito il proprio turno e il ritardo a quel punto era di un minuto e mezzo, e quando l'australiano si è spostato sarebbe toccato al compagno Koen Bouwman che però si era staccato poco prima, per cui la patata bollente è passata nelle gambe degli UAE, che erano a quel punto in superiorità numerica e hanno messo Davide Formolo a tirare. Quando ai 10 km è passato Jay Vine (UAE), Armirail ha gettato la spugna.

Ai -9, con appena 20" rimasti ai primi, è scattato Jack Haig ma ormai il gruppo era lì, continuando a perdere pezzi: Thibaut Pinot (Groupama), tutti gli ex fuggitivi tranne Ulissi che ha rilevato Vine nel ruolo del tiratore (Brandon McNulty era invece saltato un attimo prima). Per ultimi sono stati raggiunti Haig, Zana e Verona ai -8.5, con Vine che ha dato un'altra passata con João Almeida a ruota, pronto ad accelerare quando l'australiano si è spostato. Dietro al portoghese resistevano solo Geraint Thomas (INEOS), Primoz Roglic (Jumbo) accompagnato da Sepp Kuss, Eddie Dunbar (Jayco AlUla) supportato da uno Zana che subito si è messo a tirare per il suo capitano. Fuori causa tutti gli altri, a partire da Damiano Caruso (Bahrain).

Il ragusano era col compagno Santiago Buitrago in un secondo gruppetto con Laurens de Plus e Thymen Arensman (INEOS), Lennard Kämna (Bora), Ilan van Wilder (Soudal) ed Einer Rubio (Movistar), a 30" dai primi. Ai 7 km Zana si è spostato e a trenare s'è rimesso Almeida, per un chilometrino dopo il quale il lusitano si è spostato un attimo: il tempo di riprendere fiato, e João è partito secco ai 5.9, prendendo margine su tutti. Kuss si è incaricato di guidare l'inseguimento per conto di un Roglic fin qui attendista. Nel secondo gruppetto emergeva intanto Rubio, seguito in prima istanza dai due INEOS.

Con la pioggia tornata a cadere, ai -5 Dunbar ha cominciato a cedere, e un attimo dopo anche Roglic ha visto nero, mentre Thomas, incoraggiato dal passaggio a vuoto dello sloveno, si è portato con un balzo su Almeida che comunque era sempre lì. Kuss, sempre utilissimo nei panni del gregario, ha accompagnato l'incedere incerto di Primoz, su cui è rientrato Dunbar. In quello che era diventato il terzo gruppetto, su Rubio, Arensman e De Plus sono risaliti Van Wilder e Caruso, insieme al rimontante Hugh Carthy (EF).

Il finale spianava, la tappa se la sono giocata Thomas e Almeida allo sprint anche se da dietro Roglic provava, con la classica sparata dell'ultimo chilometro, a limitare il più possibile i danni. João ha lasciato il gallese in prima posizione fino al momento in cui, appena passati i 200 metri, è partito per la sua volata che non ha lasciato scampo a Thomas, il quale però andava a riprendersi con merito la maglia rosa. Roglic e Dunbar sono transitati nell'ordine a 25", di sicuro poteva andare di gran peggio al capitano della Jumbo-Visma che alla fine ha perso sì ma in misura ragionevole.

A 1'16" è arrivato il gruppetto di Caruso, qualche secondo in più ci hanno rimesso Kämna e Carthy, 2'42" il ritardo di Leknessund, 4'24" quello di Armirail che - come detto - cede il simbolo del primato a Thomas che ora guida la classifica con 18" su Almeida, 29" su Roglic, 2'50" su Caruso e 3'03" su Dunbar.

Domani la 17esima tappa del Giro d'Italia 2023 è un superpiattone da Pergine Valsugana a Caorle, 197 km che per più di metà frazione sono addirittura in leggerissima discesa. Si direbbe volata certa, ma l'esperienza ci suggerisce che una frazione del genere, nell'ultima settimana e in mezzo alle montagne, spesso è amica di fughe disperate, anche perché diversi velocisti sono usciti di scena e quindi diminuisce il novero delle squadre che possono tenere la corsa chiusa. Proprio per sbilanciarci gratis, diciamo 70 volata e 30 fuga.

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La crisi infinita del ciclismo tedesco
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!