
Il Giro d'Italia in tv tiene ancora (anche grazie allo streaming)
Un'analisi ragionata degli ascolti e del prodotto televisivo
La bellezza incommensurabile di Roma ha sigillato un Giro d'Italia incerto e combattuto, che ha raggiunto il suo zenit sul Colle delle Finestre, dove Simon Yates ha ribaltato le sorti della corsa rosa proprio quando la sfida per il successo finale sembrava ormai ristretta alla diarchia Isaac Del Toro-Richard Carapaz. Se le vicende della strada sono state ampiamente discusse e analizzate, non si è parlato più di tanto del Giro visto e seguito in tv. Nei prossimi paragrafi, cercheremo di esprimere il nostro punto di vista non solo sulla proposta editoriale della RAI, ma anche sugli ascolti.
Il Giro d'Italia in tv: un bilancio
Com'era ampiamente prevedibile, il nuovo direttore di Rai Sport, Paolo Petrecca, non ha ridisegnato la composizione del gruppo di lavoro che - da alcuni anni a questa parte - segue la «festa di maggio»: Auro Bulbarelli nel ruolo di supervisore, Alessandro Fabretti a capo del progetto editoriale (oltre che alla conduzione del Processo alla tappa), Franco Bortuzzo coordinatore giornalistico e volto del primo collegamento in diretta su Raidue. La principale novità ha riguardato la batteria degli opinionisti e delle seconde voci: al posto di Alessandro Petacchi - colpito da un gravissimo lutto familiare - Rai Sport ha schierato Stefano Garzelli accanto al riconfermato Francesco Pancani. A fine corsa, poi, spazio alle opinioni di Daniele Bennati, tornato in video dopo la fine della sua esperienza sull'ammiraglia della Nazionale italiana.
Nel suo insieme, la RAI ha scelto di restare fedele a un commento istituzionale, cui è tuttavia mancato il guizzo che avrebbe aiutato a leggere meglio le fasi decisive della corsa, in testa l'attacco di Yates e il dualismo esasperato tra Del Toro e Carapaz che ha spostato gli equilibri del Giro in favore del britannico. Questione di punti di vista, certo, ma attribuire all'ecuadoriano la responsabilità di non aver condotto in prima persona l'inseguimento al capitano della Visma-Lease a Bike - come se la maglia rosa non fosse sulle spalle del messicano - non depone a favore della coppia di telecronisti.
Più in generale, Pancani e Garzelli non hanno sempre colto tutti gli spunti offerti dalla corsa, anche perché poco aiutati dalla regia internazionale, che ha talvolta scelto di seguire la lotta per il successo di tappa anziché alternare le immagini della testa della corsa con ciò che accadeva tra i favoriti. Le pur meritorie parentesi sul tema della sicurezza stradale sono state in parte sconfessate dal sostanziale silenzio sulla pericolosità di alcuni circuiti finali (Lecce e Cesano Maderno), fino all'infelice osservazione di Garzelli sulla libertà di rischiare lasciata ai corridori dopo la neutralizzazione della tappa di Napoli. Intendiamoci: non è per niente semplice restare al microfono per tante ore senza cadere mai in errore. Tuttavia, la seconda voce ha il dovere di analizzare il dato di cronaca con quella lucidità che si richiede a un ex professionista. Purtroppo, in molte occasioni, il vincitore del Giro d'Italia 2000 ha privilegiato il tifo e le simpatie personali (come nel giorno della vittoria di Carlos Verona ad Asiago) in luogo di una lettura obiettiva dei fatti della strada. In parole più semplici: è giusto e doveroso avere un occhio di riguardo per gli italiani, a maggior ragione perché il Giro è seguito anche da un pubblico di spettatori occasionali. D'altra parte, però, non ha senso alimentare aspettative esagerate, soprattutto quando la situazione di corsa non è favorevole, se non altro per una questione di forze in campo.
Anche per questo, chi scrive ha trovato più puntuali e interessanti le annotazioni dalle motocronaca di Stefano Rizzato e Giada Borgato. Il canale aperto con la corsa è indubbiamente un valore aggiunto che - soprattutto se gestito con la necessaria tempestività - può offrire ai telespettatori ulteriori spunti di analisi e di lettura. Un'opportunità non sempre sfruttata appieno, eppure il lavoro degli inviati in corsa è stato utile per registrare fatti ed episodi sfuggiti alle telecamere. Una nota di merito supplementare per il giornalista padovano, l'unico della squadra RAI a parlare delle manifestazioni di protesta a bordo strada contro il massacro dei civili a Gaza.
Un discorso a parte, invece, per Fabio Genovesi: lo scrittore lucchese - alla sua settima partecipazione consecutiva alla corsa rosa - contribuisce alla telecronaca con una serie di aneddoti e di spigolature sui luoghi attraversati dalla corsa. Come osservato da più parti, il suo contributo sarebbe davvero interessante se solo rispettasse i tempi televisivi e - dal nostro punto di vista - il canovaccio della corsa. Peccato che le sue annotazioni si siano spesso sovrapposte ai momenti-chiave delle tappe, con il rischio di compromettere la stessa omogeneità del racconto. Dunque, le divagazioni di Genovesi - pensate per intercettare il favore dei non appassionati - non sono di per sé ridondanti o superflue. Tuttavia, se la sua partecipazione al Giro sarà riconfermata anche nei prossimi anni, i suoi interventi dovranno essere del tutto funzionali all'andamento della corsa: non è opportuno parlare di luoghi già attraversati dalla carovana, a maggior ragione quando ci si avvicina al traguardo. E poi, ci sia consentita un'ulteriore osservazione: quando Genovesi ha momentaneamente lasciato il posto al caporedattore della versione italiana di Radio Vaticana, Luca Collodi - al quale è stato affidato il compito di accompagnare i telespettatori durante la visita del Giro alla Santa Sede - la differenza di tono e di stile è stata evidente. Anche per questo, è lecito chiedersi se non sia il caso di rivisitare questo spazio culturale. O di puntare su un'altra voce, in grado di interagire meglio con i telecronisti.
A proposito di cambiamenti: ha ancora senso questo Processo alla tappa? L'appendice alla cronaca delle corse - oltretutto ridimensionata dalla concomitanza con le tribune referendarie - ha esaurito da tempo la sua missione. L'assenza dei giornalisti della carta stampata (una scelta deliberata per scoraggiare le voci fuori dal coro?) e degli stessi protagonisti del Giro è il principale punto debole di un programma che non riesce quasi mai a sfruttare il traino della diretta appena terminata. Non il solo, però: la conduzione di Alessandro Fabretti oscilla fin troppo tra il gusto per la polemica - in testa l'accusa agli italiani di non essere vincenti - e la manzoniana tendenza a «sopire e troncare» il focolaio che si sta nel frattempo propagando. E la presenza a fine puntata di Genovesi sembra quasi sconfessare l'idea stessa di dibattito che dovrebbe essere il principale ingrediente del programma. Anche il ripescaggio in medias res di Beppe Conti non è riuscito a vivacizzare il ritmo del Processo. Che avrebbe una sola possibilità per rilanciarsi: ricalcare la formula del dopocorsa di Eurosport che, pur non avendo gli stessi mezzi della tv pubblica, ha il merito di offrire un'ampia rassegna di voci e commenti a tappa finita. Una trasmissione più snella e più tempestiva, insomma.
Alcune osservazioni, infine, sul resto della squadra: se gli inviati sul campo (Ettore Giovannelli, Umberto Martini e Silvano Ploner) hanno avuto il merito di cogliere lo specifico del Giro come grande evento popolare, Tommaso Mecarozzi - al timone di Giro mattina, in onda su Rai Sport HD - ha interpretato il ruolo con la consueta leggerezza, senza per questo essere banale o superficiale nell'analisi delle vicende della strada. Se dovessimo fare un nome per il Processo alla tappa che verrà, punteremmo di sicuro sul giornalista toscano, da tanti anni inconfondibile voce del nuoto tra le corsie e in acque libere.
Gli ascolti in linea con l'edizione 2024
In occasione dell'ultima tappa del Giro, Petrecca si è presentato nello studio mobile di Rai Sport per rivendicare gli ottimi ascolti delle dirette del Giro. Dal canto suo, Bortuzzo ha aggiunto che la 108ª edizione è stata la migliore dal 2016. A questo punto, ci sarebbe piaciuto verificare la bontà di queste dichiarazioni. Nostro malgrado, però, non sono disponibili i dati completi del Giro d'Italia 2016, trasmesso in simultanea su Raitre e Rai Sport 1 (e, proprio per questo, incomparabili con le edizioni successive, trasmesse soltanto sulla Seconda rete).

Nonostante la frammentazione dell'ascolto - e l'assenza di un corridore italiano in grado di lottare per il podio o la vittoria - le dirette RAI continuano ad avere un discreto gradimento tra gli appassionati. Se prendiamo in esame soltanto l'ultima parte della diretta (Giro all'arrivo, peraltro circoscritta alla mezz'ora finale della gara), l'ascolto medio delle 21 tappe è stato pari a 1.708.000 spettatori, con un picco di 2.477.000 spettatori per la Verrès-Sestriere, la tappa che ha deciso l'edizione 2025. Come riferisce il portale specializzato Sport in Media, la media generale è in lievissima flessione rispetto al 2024 (il saldo negativo è di 10.000 unità), ma questo calo è compensato dalla crescita del pubblico che segue la corsa su RaiPlay, stimato in circa 20-25.000 utenti al giorno.
Finché non sarà disponibile un riscontro preciso sulla media complessiva degli ascoltatori sintonizzati su Raidue per tutta la durata della diretta (circa 3 ore giornaliere), non sarà possibile confrontare i risultati del 2025 con quelli registrati negli anni precedenti. I dati aggregati delle prime 10 tappe dicono comunque che l'ascolto medio ha superato di poco il milione di telespettatori, pari al 10,7% di share. Cifre in calo rispetto all'edizione 2024, in cui si contavano circa 1.200.000 spettatori per uno share che sfiorava il 12%. C'è da credere, però, che la media complessiva del Giro 2025 sia comunque salita grazie agli ascolti dell'ultima settimana, in cui è stata superata in tre occasioni la soglia dei 2 milioni.
Comunque sia, emergono due tendenze sempre più chiare: il declino costante degli ascoltatori in termini assoluti e di share - circa 700.000 in meno dal 2019 al 2024 - e l'aumento vertiginoso dell'età media degli spettatori che, come riferisce il quotidiano «Italia Oggi», è salita a 68 anni. Tutto questo, naturalmente, non vuol dire che la corsa non susciti interesse tra i più giovani. Tuttavia, i fattori contingenti elencati poc'anzi - sommati alla parziale sovrapposizione del Giro con gli Internazionali d'Italia di tennis, mai come quest'anno capaci di arrivare a un pubblico trasversale per le ottime prestazioni degli azzurri - hanno ulteriormente indebolito la capacità di attrazione del Giro sulle generazioni più giovani. Che - è bene ricordarlo - sono sempre meno numerose. E che, almeno in questa fase storica, hanno eletto Jannik Sinner e soci a loro idoli assoluti.