La Vuelta 2025 non è arrivata a Madrid per le dure contestazioni dei manifestanti filopalestinesi, che hanno invaso in più punti il circuito finale © Profilo X Iñaki Lòpez
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L'UCI condanna le proteste alla Vuelta: «Lo sport sia veicolo di pace»

Il governo del ciclismo mondiale contesta al primo ministro spagnolo Sanchez la strumentalizzazione delle manifestazioni filopalestinesi

15.09.2025 22:19

All'indomani delle proteste che hanno segnato l'epilogo della Vuelta di Spagna, l'Unione ciclistica internazionale ha condannato apertamente le intemperanze e le manifestazioni che hanno accompagnato gran parte della corsa, puntando il dito contro il primo ministro Pedro Sanchez, che ha appoggiato senza mezzi termini le iniziative a sostegno della causa palestinese.

L'UCI irritata per le manifestazioni di protesta alla Vuelta

«L'UCI esprime il suo totale disappunto e la sua ferma condanna per gli episodi che si sono verificati durante l'ultima edizione della Vuelta di Spagna, con particolare riguardo alla brusca interruzione dell'ultima tappa a Madrid, diretta conseguenza degli incidenti correlati alle manifestazioni dei dimostranti filopalestinesi», si legge in una nota pubblicata sul sito Internet della principale istituzione del ciclismo internazionale. «Fin da quando la corsa è arrivata in territorio spagnolo, la Vuelta è stata disturbata quasi ogni giorno dalle azioni dei manifestanti: singole persone si sono introdotte in gruppo, gettando urina, mettendo in pericolo la sicurezza dei corridori e causando danni a livello fisico. Alcuni di essi sono caduti, hanno patito infortuni e sono stati costretti ad abbandonare la corsa. Di fronte a questi incidenti, gli organizzatori hanno reagito prontamente e con calma, adottando misure di emergenza per garantire la regolare prosecuzione dell'evento. Hanno agito con professionalità esemplare, rispettando l'indipendenza e l'autonomia dello sport. I ripetuti episodi che hanno caratterizzato buona parte delle tappe costituiscono una grave violazione dei principi della Carta olimpica e dei principi fondamentali dello sport».

Successivamente, l'Unione ciclistica internazionale ha indirizzato i suoi strali contro il primo ministro spagnolo, il socialista Pedro Sanchez, che ha apertamente sostenuto le manifestazioni di protesta contro il massacro dei civili a Gaza: «Condanniamo anche il fatto che Sanchez e il suo governo abbiano sostenuto manifestazioni che potevano ostacolare il normale svolgimento di un evento sportivo e, in alcuni casi, abbiano anche mostrato la loro ammirazione verso i contestatori. Questa posizione contraddice i valori olimpici di unità, reciproco rispetto e pace». L'irritazione raggiunge però il suo apice poco dopo, quando l'UCI lascia intendere che la Spagna potrebbe non essere più sede di grandi appuntamenti: «Tutto questo mette in discussione anche la possibilità che questo paese ospiti i principali eventi sportivi internazionali, garantendo che si possano svolgere in piena sicurezza e nel rispetto dei principi della Carta olimpica». A questo punto, il governo dello sport mondiale ribadisce la sua contrarietà allo «sfruttamento degli eventi sportivi per scopi politici, specie se tutto questo arriva da un governo. Lo sport deve rimanere indipendente per raggiungere l'obiettivo di essere uno strumento di pace. È inaccettabile e controproducente per il nostro sport essere affrancato dalla sua missione universale. Oltretutto, ci sono piattaforme dedicate in cui i paesi possono discutere le loro divergenze».

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I manifestanti filopalestinesi sulla Gran Vía, una delle strade principali di Madrid © Profilo X Marc Vidal

Dopo aver precisato che il prossimo congresso dell'UCI a Kigali (Ruanda) ospiterà le delegazioni di paesi attualmente in conflitto, a conferma che «lo sport deve unire, non dividere», la nota si conclude con un ringraziamento alle forze dell'ordine, «che hanno agito con grande professionalità in una situazione di estrema tensione», agli organizzatori («per il loro impegno e la loro resilienza in una situazione senza precedenti») e al vincitore della corsa, Jonas Vingegaard, «che ha dimostrato la sua rimarchevole forza e la sua consistenza per tutta la corsa».

Nessun cenno al dramma di Gaza

Il legittimo e doveroso richiamo alla sicurezza dei corridori - seriamente minacciata da una parte del pubblico che ha trasceso le ragioni di una protesta altrimenti giusta e necessaria - è l'unico argomento davvero credibile di un comunicato che, per il resto, somiglia tanto a un saggio di contorsionismi retorici e linguistici. Benché l'UCI rivendichi l'autonomia dello sport dalla politica - richiamando in maniera poco opportuna i principi della Carta olimpica - il silenzio assoluto sullo sterminio dei civili a Gaza perpetrato da Israele non è forse un gesto eminentemente politico tanto quanto il sostegno (neppure troppo velato) a una squadra direttamente sovvenzionata dal governo israeliano? Ancora: al netto del giudizio sulle parole di Sanchez e dei suoi ministri, da quando in qua l'Unione ciclistica internazionale può arrogarsi il diritto di imporre il silenzio ai governi, oltretutto su una questione di stringente e drammatica attualità per interi settori dell'opinione pubblica internazionale? Infine, la considerazione più semplice e - al tempo stesso - più importante: piaccia non piaccia, lo sport è (anche) un atto politico. È sufficiente sfogliare un libro di storia del Novecento per rendersene conto. 

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Carmine Marino

Nato a Battipaglia (Salerno) nel 1986, ha collaborato con giornali, tv e siti web della Campania e della Basilicata. Caporedattore del quotidiano online SalernoSport24, è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti della Campania dal 4 dicembre '23.