Il Lombardia 2022, ultima gara in carriera per Vincenzo Nibali © RCS Sport
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Grazie, Vincenzo!

Il Lombardia ha segnato l'addio al ciclismo di Vincenzo Nibali. Riavvolgiamo il nastro e ripercorriamo le emozioni della straordinaria carriera dello Squalo

08.10.2022 17:55

8 Ottobre 2022. Una data che gli appassionati di ciclismo si ricorderanno a lungo. Ieri, in occasione del Lombardia vinto da Tadej Pogacar hanno dato il proprio addio alle corse due grandi campioni della nostra era, destinati ad entrare tra i grandi della storia del nostro sport: Vincenzo Nibali ed Alejandro Valverde. I due veterani, corridori dalle caratteristiche ben differenti, hanno in comune il fatto di essere stati assoluti protagonisti di svariate stagioni del ciclismo moderno, vincendo praticamente tutto ciò che era possibile, dai grandi giri alle classiche monumento. Senza nulla togliere al fuoriclasse spagnolo, che rientra appieno tra i ciclisti più longevi, forti e vincenti di sempre, concentriamo il nostro focus su Vincenzo Nibali, uomo capace di farsi portabandiera del movimento ciclistico azzurro per tutto l'arco dell'ultimo decennio e soprattutto un campione che ci ha fatto tanto emozionare.

Snocciolare ora le vittorie ed i risultati di spicco di Vincenzo sarebbe semplicemente superfluo, vista la carriera scintillante del siciliano che l'ha visto più volte dominare il panorama ciclistico internazionale. Ma come per tutti i grandi campioni, però, valutare la carriera di Nibali dai soli risultati potrebbe risultare addirittura riduttivo. Per ripercorrere le gesta dello Squalo abbiamo quindi scelto alcune immagini simboliche ed evocative, che siano esse dolci o amare, ma che indubbiamente restano impresse nella memoria e generano ricordi indelebili, andando a costellare una carriera straordinaria.

C'è infatti qualcosa di più, qualcosa di innato ed inimitabile. C'è quel fiuto per l'azione giusta al momento giusto che, ad esempio, l'ha portato a vestire la prima maglia gialla al Tour 2014, la straordinaria abilità nella guida della bicicletta, con cui si è destreggiato alla grande sulle pietre fangose del nord nella medesima occasione, la capacità di correre sempre nelle prime posizioni del gruppo, anche in corse non adatte a lui e anche senza il supporto dei compagni di squadra. Pensiamo a quante volte, scorredo gli ordini di arrivo delle tappe riservate ai velocisti, abbiamo trovato il suo nome appena fuori dalla top10 e ben lontano dai guai, e quante corse ha onorato anche se non al meglio della condizione o non adatte alle sue caratteristiche. Quando Nibali attaccava il numero sulla schiena (e usare il passato ora sembra davvero strano) potevamo essere certi che l'avremmo visto in azione.

I primi anni della carriera di Vincenzo sono passati un po' sottotraccia, sia per il tempo che ormai ci separa dal lontano 2005, anno in cui passò professionista con il team Fassa Bortolo, che per il florido movimento italiano di allora, che poteva contare su svariati ottimi corridori in grado di ottenere risultati di spicco. Eppure la crescita di Vincenzo c'è sempre stata, costante ma inesorabile, e vittorie e piazzamenti di lusso non hanno tardato ad arrivare. Quando nel 2010 Nibali ha conquistato la Vuelta a España erano già arrivati un sesto posto al Tour ed un terzo al Giro, primo degli 11 (undici!) podi nei grandi giri in carriera. Ma è con il Giro 2013, dominato dall'inizio alla fine, di cui resta impressa la maglia rosa nella bufera di neve delle Tre Cime di Lavaredo, che abbiamo tutti capito di trovarci di fronte ad uno dei grandi del nostro tempo.

Il Tour de France 2014 è stata la consacrazione. Un crescendo di emozioni partito sin dalla seconda tappa, passando per il terribile spettacolo del pavè affrontato con la pioggia, per terminare con le montagne, tutte le possibili montagne. Il tricolore che spunta dal basso nella suggestiva inquadratura televisiva della Plache des Belles Filles segna il momento esatto in cui si è capito che il padrone della corsa sarebbe stato il siciliano. Le vittorie di tappa alla fine saranno 4, con nessun rivale in grado di procurargli il minimo pensiero dopo gli abbandoni in seguito alle cadute di Froome e Contador, che causarono l'insurrezione di pochi ma agguerriti detrattori, al grido di “Nibali vince quando cadono gli altri”, frase ovviamente maldigerita dal campione, di carattere tanto riservato quanto sensibile. Le chiacchiere, però, stanno a zero: un Tour ampiamente dominato era già in bacheca.

Il Giro 2016 doveva essere quello della rivincita, dopo un 2015 dove la bella vittoria del Lombardia e quella bandierina tricolore che si va ad appiccicare sul petto dello Squalo non erano riuscite a sovrastare il quarto posto al Tour, che aveva il sapore di un podio mancato, e la squalifica alla Vuelta per un traino irregolare. Ma il Giro 2016 non ne voleva proprio sapere di andare per il verso giusto. Vincenzo sembrava meno brillante del solito, e la bicicletta difettosa lanciata con stizza lungo cronoscalata dell'Alpe di Siusi è il triste simbolo di quell'annata che faticava a decollare. Nella terzultima tappa, con arrivo a Risoul, si scalano le rampe del Colle dell'Agnello, nel mezzo delle fredde e scure nubi alpine. Chaves e Kruijswijk accelerano, Nibali perde subito qualche metro. In quel momento furono in molti, compreso il sottoscritto, a spegnere il televisore a 60 km dal traguardo: avrebbe fatto troppo male assistere in diretta alla caduta annunciata del campione. Mai scelta fu più sbagliata, quello che successe poi lo sappiamo bene tutti. Il Giro 2016 resta semplicemente una delle rimonte più incredibili nella storia dei grandi giri.

Un rigagnolo d'acqua che attraversa la sede stradale del Passo dello Stelvio poco prima di un tornante diventa una delle immagini più belle del 2017 di Vincenzo che ci restituisce un Nibali pimpante e lucidissimo, capace di una grande costanza di risultati. Il salto della pozzanghera è diventato il simbolo di una tappa tra le più dure degli ultimi anni, con la discesa finale pennellata alla perfezione dal siciliano, che semina gli avversari cogliendo il successo di tappa tra la folla festante, con il secondo trionfo al Lombardia a coronare la stagione. La discesa era tornata ben presto ad essere una delle sue eccellenze, dopo solo un anno dalla cocente delusione dell'olimpiade di Rio, dove una scivolata gli aveva precluso la conquista certa di una medaglia.

Il 2018 ha portato poi l'incredibile vittoria della Milano-Sanremo, che testimonia ancora una volta il suo enorme eclettismo nell'era dell'ultra-specializzazione, e francamente trovare un'immagine migliore del traguardo di Via Roma è cosa ardua. Nel mese di luglio arrivava il Tour con l'Alpe d'Huez, una delle salite mitiche del ciclismo, e quell'anno, come sempre accade, una fossa oceanica di tifosi attendeva i corridori sulle rampe dell'ascesa alpina. L'immagine impressa nella memoria di tutti ancora oggi fa male: una smorfia di dolore sul volto del campione a terra, poi si scoprirà a causa di un laccio di un tifoso incastratosi nel manubrio. Pura e dannata sfortuna. Eppure Vincenzo rimonta in sella con una frattura vertebrale e riesce a perdere solo 13" dai migliori sul traguardo. Un vero e proprio capolavoro nella tragedia, visto il conseguente ritiro e la lunga riabilitazione, che gli ha impedito un finale di stagione regolare.

Arriviamo infine agli ultimi anni, al bel 2019, al Giro 2020 dove abbiamo messo da parte tutte le illusioni, constatando che i tempi d'oro erano andati. Ma una storia bellissima merita un lieto fine. L'ultima gioia è arrivata un anno fa, sulle rampe verso il suo Etna, nella sua Sicilia. L'ultimo squillo, condito dalla vittoria in classifica generale del Giro di Sicilia hanno portato le lacrime di commozione per Vincenzo, che dopo aver vinto tutto in giro per il mondo è riuscito ad emozionarsi ancora nella sua terra, un'ultima volta. E poi veniamo a quest'anno, all'annuncio che nessuno avrebbe mai voluto sentire, ma che prima o poi sarebbe dovuto arrivare. A Messina viene annunciato il ritiro a fine anno, portando a termine con un grande quarto posto l'ultimo Giro d'Italia, e salutando ieri il ciclismo pedalato, con le strade del Lombardia che erano un unico, lunghissimo tributo al nostro campione: tutti gli occhi erano per lui, tutti gli incitamenti erano per lui, tutti gli striscioni erano per lui. Tra loro, diversi recitavano proprio come il titolo di quest'articolo.

Dopo questa carrellata tirare le conclusioni è ancora più compicato di procedere tra i ricordi senza rimanere attanagliati dalla nostalgia, sapendo che non vedremo più la pinna dello Squalo aggirarasi nel gruppo, non vedremo più Vincenzo attaccare il numero ed onorare le corse come solo lui sapeva fare. Nibali è stato, nell'era dei trenini che spianavano le salite, l'unica variabile ad un canovaccio monotono e prevedibile, è stato una certezza quando i tanti appassionati italiani si attendevano uno squillo in anni complicati per il nostro movimento, è stato uno dei corridori con più classe e talento, è stato semplicemente un campione. Superare la tristezza per la fine di un'era è difficile, ma si sa, tutte le cose belle prima o poi finiscono, e oggi è arrivato quel giorno. Ora lo Squalo è sazio, ha terminato la sua caccia. 

Per tutti questi anni in cui ci hai tenuti incollati al teleschermo, o in attesa per ore lungo le strade del grande ciclismo, per tutte le vittorie e per tutte le emozioni che ci hai regalato: Grazie, Vincenzo!

Che parta la musica, qui si Poga alla grande!
Gloria a Tadej nel giorno degli addii di Nibali e Valverde