Davide Bais in maglia verde alla Tirreno-Adriatico © Eolo-Kometa
Sogni in Bicicletta

Sentirsi liberi

Davide Bais, una carriera per le fughe culminata con l'attacco dalla distanza insieme al fratello Mattia all'ultima Tirreno-Adriatico: perché rinunciare a provarci proprio non si può

27.03.2023 19:36

«Us, we're coming and we go away,
Always try to find the right way,
We're trying as we're passing by,
Day and night.

And we try, try to make the right decisions,
Yes we do,
And we try, try to find the right way,
For me and you...».

(cit. da I try - Frameless)

Il Passo del Lume Spento è particolarmente evocativo se lo si cita all'interno di una gara ciclistica. Può far pensare ad esiti sinistri, a quelle energie che, ridotte ai minimi termini, possono improvvisamente azzerarsi e annullare così qualsiasi buon proposito coltivato fin dalla partenza. Non è detto però che debba essere così, se la si vede sotto altre prospettive. Come quella di una strada che dalle terre della Maremma grossetana conduce verso il senese e le sue meravigliose colline, popolate anche di noti e pregiati vitigni. Immaginarla in questo modo la strada può offrire immagini meno tetre e distogliere anche momentaneamente l'attenzione dal fatto che, da lì a Foligno, manca ancora un'enormità di chilometri al traguardo. Quando però decidi di scattare poco dopo il chilometro zero e decidi di farlo addirittura assieme a tuo fratello, senti che nulla può davvero spaventarti. Se poi andare in fuga sostanzialmente ti piace parecchio non desideri di meglio.

Davide Bais è così: uno di quei ragazzi che non hanno alcuna remora a vivere letteralmente alla giornata con l'avanscoperta perché, come dice lui stesso, «è un sentirsi liberi, godersi la bicicletta, fare un qualcosa che far star bene e che aiuta non poco in termini di visibilità». Un senso di benessere e di leggerezza che, a ben pensarci, si sposa alla grandissima con quell'Eolo che, oltre ad essere noto dio dei venti nella mitologia, riveste anche il ruolo di sponsor principale della propria squadra e che quindi non può che andare a braccetto con delle velleità da fuggitivo. Essere fuggitivi è anche un po' attitudine e se in famiglia hai già un fratello cha adora vivere l'avanscoperta lontano dalla monotonia del plotone, non è così strano sviluppare una certa passione. Anche perché, a furia di provare e riprovare, si può benissimo riuscire ad imbroccare la giornata perfetta.

Ecco perché, al di là delle tattiche di squadra ben studiate per l'occasione, vedere in fuga Davide Bais assieme a suo fratello Mattia è stato un susseguirsi d'immagini rinfrancanti, degno coronamento di quella volontà ludica che li aveva portati fin da ragazzini ad appassionarsi al ciclismo e a voler provare, prendendolo inizialmente come un gioco. L'importante è attaccare, evadere, sognare intensamente quella vittoria che un giorno potrebbe arrivare anche nel professionismo, dopo che per entrambi qualche saltuaria soddisfazione era giunta di tanto in tanto. 

Condividere uno sforzo intenso come quello di una fuga a lunghissima gittata col proprio fratello è inoltre una di quelle cose che ti offrono la giusta dose di coraggio per mettere nel mirino qualche ambizioso obiettivo ed è così che per Davide è arrivata una maglia verde di migliore scalatore della Tirreno-Adriatico, difesa strenuamente per qualche giornata prima d'inchinarsi allo strapotere di un Roglic deciso a non fare affatto prigionieri. A Davide Bais però questo è bastato, anche perché di fughe assieme a Mattia non era riuscito a farne poi tante: tra i professionisti è stata la prima volta, per intenderci. Ci sarà occasione per riprovarci, magari al Giro d'Italia in cui corridori dotati di una siffatta indole possono far presto a far breccia nei cuori della gente.

Ne ha certamente fatta di strada quel ragazzino che iniziava a muovere le prime pedalate nella S.C. Mori, formazione trentina posta a due passi da casa, per poi affinarsi sempre di più e approdare al professionismo dopo qualche buona stagione nel Cycling Team Friuli. Quelli come lui (e come Mattia, of course) paiono destinati, nell'immaginario collettivo, ad essere sempre tra quelli che le proprie vittorie le contano sulle dita di una mano, senza per questo rinunciare a provarci. Perché andare in fuga vuol dire sentirsi liberi, quasi venendo dolcemente trasportati da un capo all'altro della strada. Basta provarci per non vivere di rimpianti. Basta provarci per capire davvero di potercela fare. Basta provarci perché in fuga ci si può anche divertire e dimenticare, almeno per qualche istante, tutta la fatica accumulata. Una regola semplice fatta di gambe, di voglia e di cuore. Anche quando al traguardo manca ancora una vita. Simpatiche "Odissee" moderne, che solo la strada sa mirabilmente raccontare.

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