Editoriale

La pasión vi unisce, ma la fantasia proprio non vi tange

Diamo un'occhiata con sarcasmo al percorso della Vuelta e tracciamo un bilancio sui GT del 2024, che consacrano il Tour come corsa dell'anno fin dalla cartina

20.12.2023 11:39

La presentazione dei Grandi Giri è tutto sommato un evento dall'aura sacrale, che quantomeno una parte degli appassionati attende con ansia. D'altronde il ciclismo si corre sulle strade e la geografia è già di per sé uno dei suoi elementi fondamentali e di conseguenza oggetto di culto degli appassionati; così al momento del disvelamento si crea subito un processo di immedesimazione con cui ci immaginiamo le strade del percorso appena presentato e già prefiguriamo lo svolgimento della corsa accatastando montagne di aspettative. 

Questo sarebbe vero se ognuno dei grandi giri fosse in grado di palesare la medesima nobiltà, costruendosi un mito di anno in anno, fatto di salite evocative o altri punti imprescindibili che diventano santuari di questa sorta di culto laico. Invece La Vuelta ha sempre qualcosa di grottesco: pur essendo a tutti gli effetti uno dei tre Grandi Giri e - soprattutto negli ultimi decenni - un appuntamento che attira il meglio del ciclismo, si richiude su sé stessa fomentando il suo stesso stereotipo, proponendo solo saltuariamente qualche tracciato un po' più intrigante e senza mai riuscire a proporre il meglio che offre il territorio. Gli organizzatori sono ormai ontologicamente rassegnati all'idea di dover tracciare tre settimane in un paese geograficamente non adatto (cosa vera solo in parte), nonché troppo grande per essere attraversato tutto. E così i percorsi sono sovente ricchi buffet di arrivi in salita più o meno improbabili (vi ricordate il Monumento alla Vaca Pasiega?) pescati sempre dalle stesse zone della nazione che finiscono per comporre planimetrie illogiche che si attorcigliano a creare labirinti nei quali nemmeno il filo di Arianna sarebbe sufficiente a tirar fuori Teseo senza perdersi in qualche rampa da garage in cemento.

 

La Vuelta 2024: razzismo ciclistico e toponomastica alternativa

A onor del vero se proprio le rampe ripidissime stavano diventando l'elemento caratterizzante della Vuelta, adesso gli organizzatori hanno smesso di inserire pure quelle, forse perché stanchi delle battute degli appassionati - in primis iberici - senza aver però mai colto fino in fondo il significato delle critiche rivolte. Il risultato è quindi, nel 2024, un percorso che in una settimana liquida la Grande Partenza portoghese e il sud della Spagna, per poi stare 11 giorni sulle inflazionatissime montagne galiziane/asturiane/cantabriche e sfruttando malissimo pure quelle. Ma siccome non bisogna prendersi troppo sul serio, non perderemo troppo tempo a dire che in (quasi) tutte le tappe più importante la salita più dura è l'ultima ed è impossibile muoversi prima - fa eccezione la tappa di Granada, che però è appena la nona, dunque non la più adatta ad imprese degne di questa parola - bensì vale la pena di spendere giusto poche righe per sottolineare le perle da teatro dell'assurdo che la Vuelta propone quest'anno. 

Intanto vale la pena di spendere due parole sul fatto che l'unica tappa letteralmente per velocisti è la quinta, mentre la seconda e la terza che potrebbero esserlo in teoria, terminano entrambe sensibilmente in pendenza. Nell'improbabile caso che qualche velocista sia al via dovrà sperare di tenere la corsa chiusa in tappe assurde come quella di Santander con rampe al 15% poste a 90 km dal traguardo. Praticamente è una Vuelta in cui Roglic potrebbe tranquillamente essere il favorito principale di tutte le tappe. Primoz sarebbe anche il favorito della 6a tappa, frazione di media montagna abbastanza insignificante, che però salirà agli annali della storia per partire da un Carrefour. E no, non siamo impazziti scrivendo la parola incrocio in francese: intendiamo proprio la catena di supermercati. Non ci sarebbe niente di male a partire dalla sede di un azienda o arrivarci, cosa avvenuta fin dagli albori delle prime sponsorizzazioni, ma il Carrefour Jerez Sur è semplicemente un centro commerciale qualunque dotato di supermercato e gli organizzatori in preda ad una visione mistica hanno optato per la follia comunicativa di scrivere nero su bianco che la tappa parte da Carrefour Sur. Ve la immaginate una tappa del Giro che parte da Esselunga?

 

Un bilancio per il 2024

L'anno che ci attende sarà abbastanza insolito e per certi versi segna un epoca. Il Tour sarà infatti la corsa più dura, variegata, nonché quella con le tappe più lunghe. Il Giro tiene botta, perché dopotutto alla Corsa Rosa anche un percorso deprecabile risulta decente in valore assoluto, mentre la Vuelta ha probabilmente dato il peggio di sé. Una buona notizia è che tutti e tre i Grandi Giri abbiano in programma 2 cronometro individuali, anche se i 34 km della Vuelta non sono certo paragonabili ai 59 del Tour o i 68 del Giro. Già abbiamo parlato nel dettaglio dei tanti pregi del Tour de France (Le Tour de la Révolution: allongé, varieté, spectacolarité) che propone un tracciato completo, con frazioni di ogni tipo ed una ricca tappa su sterrato. Una scelta radicale apparentemente controintuitiva se si pensa che pochi giorni dopo si correrà la prova olimpica. Una dimostrazione di forza del Tour che non si preoccupa di questa incombente presenza e punta solo su sé stesso, non certo come corsa di preparazione in vista delle Olimpiadi. RCS ha fatto la scelta di cercare di attirare grandi nomi con un percorso più blando (Ma a chi l'avete venduta l'anima? Al diavolo o a Pogačar?) e alla fine ha raggiunto l'obiettivo di portare Van Aert e Pogacar al Giro. La Vuelta invece non palesa alcun obiettivo esplicito, se non quello di raffazzonare le candidature a disposizione senza un disegno ragionato.

Alla fine abbiamo un Tour tosto che esalta le doti di fondo con una lunghezza media delle tappe in linea di addirittura 180.7 km, tanti passaggi sopra i 2000 metri e sequenze di salite adatte ad attaccare; un Giro ammorbidito con 171.2 km in media per tappa in linea, tappe di montagna mediamente non esaltanti e trabocchetti addolciti che non sembrano spaventare più di tanto. La Vuelta alza la quota del 2023 a 170.1 km medi, ma in compenso sceglie di non superare mai quota 200, risultando fondamentalmente una corsa per dilettanti. 

 

 

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Volevo fare lo scalatore ma non mi è riuscito; adesso oscillo tra il volante di un'ammiraglia, la redazione di questa testata, e le aule del Dipartimento di Beni Culturali a Siena, tenendo nel cuore sogni di anarchia.