Una delle immagini che resterà fissata nella storia del Tour de France: il duello tra Pogacar e Vingegaard © Jumbo-Visma
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Jonas-Tadej, la disfida degli abbuoni assomiglia ad uno splendido 0-0

Nel giorno in cui si consuma l'ennesimo capitolo della rivalità più avvincente nella storia recente del Tour de France, Rodríguez conquista la 14° tappa sfruttando la melina tra i due e prendendosi il podio virtuale

15.07.2023 19:41

Era una delle tappe più attese di tutto il Tour de France 2023 e alla luce di come l'avevano presa di petto quelli della Jumbo-Visma pareva destinata a scavare distacchi da prendere con la clessidra, come si suol dire in queste occasioni. Ieri infatti avevamo sottolineato come la UAE si fosse consumata in uno sforzo pressoché inutile facendo risparmiare tante energie ai gialloneri, che oggi si sono presentati tutti rinvigoriti dal recupero attivo del venerdì e hanno messo sulla strada una prova di forza complessiva da far impallidire le migliori versioni del Team Sky anni ‘10. Tutto con l’obiettivo di rendere la corsa il più dura possibile e favorire dunque le caratteristiche di Vingegaard, meno esplosivo rispetto a Pogacar e maggiormente adatto alle salite interminabili, quelle che la Grande Boucle incontrerà soprattutto mercoledì prossimo, all'indomani della cronometro (stiamo pensando proprio al Col de la Loze). 

L'intento era bagnare le micce allo sloveno e al contempo esaltare le doti di fondo del danese, che infatti, a differenza delle ultime occasioni - Cauterets, Puy de Dôme e Grand Colombier - non ha perso secondi dall'avversario, pur cedendo inizialmente qualche metro al momento della sparata di Pogacar. Si può quindi parlare di parziale successo della Jumbo, che ha invertito seppur in modo quasi impercettibile l'inerzia dei giorni scorsi provando a variare sullo spartito ed è possibile che, visto come sono disegnate le tre rimanenti frazioni di alta montagna, gli olandesi decidano di ripetere il copione odierno. 

Se però in casa Jumbo si ritengono soddisfatti, tanto tristi non devono essere nemmeno gli UAE visto che Pogacar, ma anche Adam Yates in realtà, non si è fatto mettere in soggezione dall'armata giallonera e anzi, ha voluto chiarire di non aver sofferto il ritmo inferto dalla Jumbo durante la corsa e di avere nelle gambe un ulteriore cambio di ritmo. Cambio di ritmo che però non si è materializzato in un guadagno effettivo, dato che sullo sforzo prolungato di circa quattro chilometri e mezzo, partendo da quando Yates ha dato la prima vera botta, Vingegaard si è dimostrato almeno alla pari dello sloveno. 

Ecco, se c'è una cosa di cui alla lunga il danese potrebbe pentirsi è non aver insistito prima del GPM dopo aver ricucito su Tadej, in un momento in cui lo sloveno sembrava un po' sulle gambe e Vingegaard stava impegnandosi nel suo esercizio preferito, ovvero il lungo testa a testa in salita, che spesso in passato gli ha consentito di staccare Pogacar. Tuttavia non è certo che avrebbe guadagnato sulla maglia bianca insistendo con lo scatto ed è anche comprensibile che gli mancasse un po' di fiducia dopo le ultime batoste subite per mano di Tadej. Il fatto però che sia riuscito a spuntarla nella volatina per il GPM è indicativo di una maggiore, anche se forse minima, brillantezza di Vingegaard su Pogacar.  La chiave di questo Tour, al di là della cronometro che sicuramente indirizzerà la Grande Boucle più verso uno o più verso l'altro, è proprio la durata dello sforzo in salita: se la Jumbo dovesse riuscire a non limitarlo a pochi chilometri potrebbe impedire a Pogacar di mettere sui pedali quella devastante e accecante accelerazione con cui negli ultimi dieci giorni ha staccato tre volte consecutivamente il rivale danese. D'altro canto è altrettanto vero che Tadej è un eccellente fondista, anche in salita, per cui tutti questi discorsi sono soggetti ad una facile smentita, che potrebbe arrivare già domani.

Infine, oltre ad un obbligatorio elogio per Rodríguez, autore di un numero davvero notevole e tornato prepotentemente in corsa per il podio finale recuperando un paio di minuti a Hindley, una riflessione su quanto visto negli ultimi chilometri dello Joux Plane: tifosi sfegatati che mettono a rischio l'incolumità dei corridori in assenza delle transenne, una mancanza imperdonabile per una corsa come il Tour de France su una salita così importante, e motociclette che ostacolano la gara degli stessi atleti. Ma se Adam Hansen invece di perdere tempo dietro ad alcune proposte che difficilmente porteranno ad un miglioramento della sicurezza dei corridori si impegnasse invece a lavorare insieme agli organizzatori per impedire che queste scene - pericolosissime sia per la competizione che per l'incolumità dei protagonisti - si ripetano?

La cronaca della quattordicesima tappa del Tour de France 2023

La carovana più grande del gruppo si dirige verso le Alpi nella quattordicesima frazione che porta da Annemasse a Morzine les Portes du Soleil. Una giornata che si propone come decisiva vista la presenza di ben cinque salite in appena 151.8 chilometri. Pronti via si scalano il Col de Saxel (4.2 km al 4.6%), il Col de Cou (7 km al 7.4%) e il Col de Feu (5.8 km al .8%), decisivi probabilmente nel determinare la formazione della fuga di giornata. A cinquanta chilometri dal traguardo ecco lo scollinamento del Col de la Ramaz (13.9 km al 7.1%) a precedere il Col de Joux Plane (11.6 km al 8.5%) che termina a dodicimila metri dalla linea d'arrivo di Morzine ed è determinante nella lotta per la conquista della classifica generale finale.

La partenza è funestata da una caduta terribile che coinvolge oltre metà plotone e porta alla neutralizzazione della frazione e alla ripartenza dopo oltre venti minuti di stop. A terra numerosi corridori tra cui Jai Hindley (BORA-hansgrohe), Esteban Chaves (EF Education-EasyPost), il quale si fermerà successivamente lungo la prima salita, e soprattutto Adrien Petit (Intermarché-Circus-Wanty), finito a terra duramente ma ripartito. Il suo compagno Louis Meintjes, la vittima più illustre della caduta, è costretto a ritirarsi per le conseguenze della scivolata. Anche Antonio Pedrero (Movistar) deve abbandonare la corsa: a nulla servono i tentativi dei medici del Tour di rimetterlo in sesto. 

Grande bagarre una volta ripartiti per centrare la fuga. Né UAE Emirates né Jumbo-Visma tentano di infilare qualcuno dei propri in fuga, preferendo tenere tutti i gregari al fianco di Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. Nella discesa del Col de Saxel cadono e si fanno male Romain Bardet (Team DSM-firmenich) e James Shaw (EF), entrambi ritirati, mentre davanti scappa via un drappello di circa venti unità tra cui spiccano i pretendenti alla maglia a pois. Da dietro - lungo il Col de Cou - complice una Jumbo che con Christophe Laporte non lascia più di 20" alla fuga, in molti rientrano con degli scatti individuali, mentre dalla testa si staccano i meno dotati in salita. 

Prima del GPM in testa troviamo Michal Kwiatkowski e Dani Martínez (INEOS Grenadiers), Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), il più vicino in classifica a 9'08" dal leader, Neilson Powless (EF), Julian Alaphilippe (Soudal Quick-Step), Mikel Landa e Wout Poels (Bahrain-Victorious), Nils Politt (BORA), Giulio Ciccone e Juan Pedro López (Lidl-Trek), Guillame Martin e Simon Geschke (Cofidis), Alex Aranburu, Gorka Izagirre e Matteo Jorgenson (Movistar), Michael Woods, Hugo Houle e Krists Neilands (Israel-Premier Tech), Lawson Craddock (Team Jayco-Alula), Clément Champoussin (Arkéa-Samsic), Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan) e Tobias Halland Johannessen (Uno-X Pro Cycling Team), i ventidue che vanno a comporre il tentativo di giornata.

In cima al Col de Cou c'è la volata per i 10 punti in palio al transito e lo sprint è vinto da Ciccone davanti a Powless, che riesce dunque a limitare i danni. Terzo Alaphilippe, più indietro un Martínez che pur mettendoci molta grinta non sembra in grado di tenere il passo dei migliori. Il plotone paga 30" dalla testa della corsa e inizia il Col de Feu. imboccato dopo una breve discesa dalla precedente ascesa, con una cinquantina di secondi di ritardo. Visto il ritmo che tengono i gialloneri Ciccone decide di scattare per guadagnare ancora su di loro, aiutato da López e seguito da Pinot e Woods. Su di loro ritornano in seconda battuta Landa e Aranburu. Il canadese della Israel è scatenato e con una rasoiata fa fuori tutti i compagni di fuga meno Ciccone a un chilometro dal GPM del Col de Feu, dove a imporsi è nuovamente l'abruzzese della Lidl, che così riesce a riavvicinarsi alla testa nella classifica degli scalatori recuperando tanti punti su Powless. Il plotone, sempre guidato da un Laporte eccezionale, scollina con poco più di un minuto di ritardo da Ciccone.

Terminata la discesa Giulio viene raggiunto da Martínez, Pinot, Landa, Poels, Martin, Aranburu, Izagirre, Woods, Houle e Lutsenko, mentre la restante parte della fuga viene raggiunta dal gruppo, alla spicciolata, ai -89, dopo una discesa affrontata a tutta da parte di Laporte e Nathan Van Hooydonck (Jumbo). Per rendere l'idea del ritmo folle tenuto dai gialloneri, al traguardo volante del Col de Jambaz (-85 all'arrivo) il margine degli undici in avanscoperta è di soli 20"su quel che resta del gruppo maglia gialla, sempre guidato da Laporte e Van Hooydonck, ieri riposatisi completamente grazie al lavoro della UAE.

Alle pendici del Col de la Ramaz il gap del plotone è di 40" e allora Ciccone decide di scattare subito per cercare di difendere il vantaggio accumulato attraverso una cronoscalata e prendersi così il bottino di dieci punti del GPM. Con lui solo Woods, tutti gli altri proseguono regolarmente. Non appena tornati in salita la Jumbo ricomincia a menare e manda in difficoltà diversi corridori. Carlos Rodríguez (INEOS), forse fermatosi per qualche problema viene aiutato da Kwiato a rientrare sulla coda del gruppo. Un gruppo ormai sempre più ridotto e vicino alla coppia di testa dopo aver ripreso gli inseguitori di Woods e Ciccone, il quale a 9 km dalla vetta riparte e prova da solo a resistere al ritorno della Jumbo, lontana 15". Per l'abruzzese però non c'è nulla da fare: il cambio di ritmo di Tiesj Benoot (Jumbo) lo condanna un chilometro più tardi ad essere ripreso e successivamente staccato dal plotoncino di Jonas Vingegaard (Jumbo) e di Tadej Pogacar (UAE). A 58 dall'arrivo tutti i fuggitivi sono neutralizzati e i big possono dunque andarsi a giocare anche la vittoria di tappa in quel di Morzine.

Mano a mano che passano i chilometri si sfilano via via tanti corridori del gruppo tra cui Pinot, Egan Bernal (INEOS), Emanuel Buchmann (BORA) e in ultima battuta Tom Pidcock (INEOS, caduto nella scivolata di massa ad inizio tappa) a causa del cambio di ritmo di Dylan van Baarle (Jumbo) una volta terminata la fatica di Benoot. Wout van Aert (Jumbo) dà la botta decisiva a Pidcock, che transita al GPM con un ritardo superiore ai 30" in compagnia di Van Baarle e Buchmann. Ad una sola salita dalla fine il gruppo maglia gialla è ridottissimo. Il campione olimpico della MTB cerca di rientrare lungo la discesa e riaccodarsi al plotoncino sempre comandato dagli alfieri della Jumbo, ma il ritmo imposto da WVA lungo le curve scorrevoli rende impossibile l'impresa al piccolo britannico, costretto ad alzare bandiera bianca per ciò che concerne un piazzamento nei primi cinque. Anche Simon Yates (Jayco) perde metri in discesa ed è aiutato da Chris Harper, il quale però può poco nello scontro a distanza con Van Aert in un tratto scorrevole. 

Il gemello di Adam si vede costretto a intervenire in prima persona per ricucire il buco, riuscendoci solamente ai -30 nel segmento in pianura che precede lo Joux Plane. Tutto è pronto per una battaglia campale tra i primi della classifica. 

A sorpresa iniziata la salita è Rafal Majka (UAE) che si porta in testa ad aumentare il passo, staccando Wilco Kelderman e Van Aert (Jumbo) e soprattutto mandando in difficoltà tutti meno i due favoritissimi, Adam Yates (UAE), Sepp Kuss (Jumbo), Hindley, Rodríguez e Felix Gall (AG2R Citroën Team). Van Aert con un'azione strepitosa rimonta tutti e si riporta davanti aumentando notevolmente il ritmo e facendo staccare Majka; dopodiché si sposta e lascia strada a Kuss e Vingegaard. Un gioco psicologico tra i due squadroni che precede il testa a testa fra i due capitani. Tra i -6 e i -5 dalla cima si staccano anche Gall e Hindley, la tensione aumenta e la guerra di nervi si fa sempre più intensa.

A 5 dalla vetta Pogi ordina a Yates di andare a tirare, segnale di grande condizione e soprattutto di fiducia nelle proprie possibilità di mettere a nudo la maglia gialla. Kuss e Rodríguez proseguono del proprio passo perdendo vistosamente dai tre battistrada, dove Adam continua a dettare il passo fino ai -3.5 dalla cima dello Joux Plane. A quel punto parte secco Pogacar e Vingegaard dopo avergli tenuto testa per non più di cinque secondi molla la ruota dello sloveno e decide di andar su del proprio ritmo, cercando di mettere il duello sul piano dello sforzo prolungato terreno dov'è maggiormente a proprio agio rispetto ad una pura sfida di esplosività. Il danese perde al massimo 5/6" ma un po' alla volta li ricuce e rientra sullo sloveno a meno di due chilometri dal GPM dove sono in palio 8" al primo, 5" al secondo e 2" al terzo, che in quel momento è Rodríguez, distante più di un minuto dalla coppia di alieni. Lo spagnolo della INEOS in ottica podio sta guadagnando tantissimo su Hindley, distante oltre due primi dalla testa della corsa dove Vinge e Pogi si studiano a vicenda, affrontando gli ultimi 1500 metri di salita quasi in surplace, finché Pogacar non tenta l'attacco ai 500 metri dalla fine dell'ascesa. Tadej è però costretto a fermarsi a causa della presenza di una moto di un fotografo che, complice la vicinanza con la motoripresa e con il pubblico, blocca completamente la strada al campione nazionale della Slovenia. 

La volata per i secondi bonus è rimandata: Pogacar è in testa, Vingegaard sulla ruota. A poco meno di duecento metri dal GPM il danese scatta secco e lascia sul posto il capitano della UAE, al quale non basta una forte rimonta per transitare per primo. Tre quindi i secondi guadagnati da Vinge in questa circostanza, mentre ad appena 15" di distanza da loro transitano Rodríguez e Yates, che hanno approfittato del rallentamento tra i due per recuperare più di un minuto. A 1'30" il passaggio di Hindley e Gall, nel mezzo c'era stato quello di Kuss. Arrivati al GPM le difficoltà non sono finite: mezzo chilometro di pianura e un altro mezzo in leggera salita separano la maglia gialla e la maglia bianca dalla discesa verso il traguardo di Morzine. 

Sullo slancio dato dalla volata per il GPM Pogacar decide di tirar dritto ma Vingegaard non si fa sorprendere, chiudendo il buco e provocando l'ennesimo rallentamento. Grazie al quale rientrano su di loro, non senza difficoltà dovute all'eccessiva presenza di moto e all'inspiegabile assenza di transenne per mettere ordine tra il pubblico, Rodríguez e Yates. Il giovane alfiere della INEOS tira dritto nell'intento di rosicchiare quanto più tempo possibile a Hindley, mentre Pogi e Vinge non reagiscono subito e rimangono un po' colti di sorpresa dalla mossa dello spagnolo. Tadej però sembra puntare almeno alla vittoria di tappa e allora nella seconda metà della discesa si impegna al massimo per ricucire su Rodríguez che ha però un margine di circa 15". 

Lo sloveno recupera tanto, ma non sufficientemente da riprendere lo spagnolo o da staccare Vingegaard, il quale rimane attentissimo sulla sua ruota anche quando da dietro rientra Yates, staccatosi in discesa, che prova a dare tutto per riportare la maglia bianca sul battistrada. Per i tre inseguitori non c'è però nulla da fare, Rodríguez va a prendersi la quattordicesima tappa del Tour de France con grandissimo merito e anche un po' di fortuna, mentre Pogacar batte Vingegaard nello sprint per la seconda piazza, recuperando due di quei tre secondi che aveva perso al GPM. Nel complesso dunque la lotta tra i due partorisce un solo secondo di distacco in favore del capitano della Jumbo, che ora ne ha dieci di vantaggio su Pogacar, rimandando il verdetto ad un'altra frazione. Nella lotta per il podio Rodríguez scavalca di appena un secondo Hindley (4'44" di ritardo contro i 4'43" dello spagnolo), ma tutto è ancora aperto, considerando anche che l'australiano oggi ha pagato le botte della caduta.

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Domani altro giro altra corsa sulle Alpi: partenza a Les Gets e arrivo a Saint-Gervais  Mont-Blanc dopo 179 chilometri. La quindicesima tappa di questo spettacolare Tour de France 2023 è costellata di salite. La prima indicata da un GPM è il Col de la Forclaz de Montmin (7.2 km al 7.3%) dopo ottanta chilometri, ma anche nella primissima parte di corsa non mancano le asperità altimetriche. Negli ultimi sessantacinque chilometri della frazione poi è tutto un susseguirsi di su e giù: Col de la Croix Fry (11.3 km al 7%), brevissima discesa e Col des Aravis (4.4 km al 5.8%); di nuovo a capofitto all'ingiù, breve falsopiano e poi ancora si scende prima dell'accoppiata da togliere il fiato composta da Côte des Amerands (2.7 km al 10.9%) e la salita che porta al traguardo di Saint-Gervais (7 km al 7.7%).

 

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