Uno stremato Gall può festeggiare sul traguardo di Courchevel © A.S.O.
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Vingegaard banchetta sui resti di Pogacar

Jonas chiude i discorsi per la vittoria finale dopo la crisi di Tadej sull'interminabile Col de la Loze. La tappa va alla fuga, Gall colleziona un numero e trionfa nella 17° tappa del Tour de France

19.07.2023 18:52

Il Tour de France si è chiuso quest'oggi, almeno per quel che riguarda la vittoria finale. Probabilmente già la giornata di ieri era stata sufficiente nel decretare il bis di Jonas Vingegaard, ma solamente oggi, lungo le pendici dell'infinito Col de la Loze Tadej Pogacar ha definitivamente alzato bandiera bianca. Una scoppola, quella dello sloveno, che rimanda subito al Granon dell'anno scorso, ma con differenze tangibili. In quel caso fu la tattica della Jumbo a metterlo in crisi dopo che lui aveva comunque staccato tutti meno Vingegaard lungo il Galibier; stavolta, invece, l'unica causa della défaillance sono state le sue gambe, venutegli a mancare a otto chilometri dalla cima della salita più lunga della Grande Boucle.

I motivi di questo crollo si possono ricercare in almeno tre cause potenzialmente scatenanti: la prima e più ovvia è la caduta in cui è rimasto coinvolto pochi chilometri dopo la partenza. Tadej ha battuto il ginocchio e ha proseguito con una vistosa ferita sul lato sinistro della gamba e senz'altro questo ha influito nella sua giornata; in secondo luogo, allargandoci almeno all'ultima settimana, la somma delle tante fatiche dei giorni scorsi, unita all'aggressiva tattica di gara della Jumbo, alle cinque tappe di montagna una dietro l'altra, al terribile caldo che sta asfissiando i corridori e agli impressionanti sforzi delle prime sedici frazioni possono aver avuto un ruolo in questa sua débâcle; infine, tornando ancor più indietro, la preparazione senza giorni di corsa o quasi ha almeno parzialmente presentato il conto nella mancanza di fondo che è diventata sempre più tangibile mano a mano che ci avviciniamo a Parigi. 

Starà allo sloveno chiarire, se vorrà davanti ai microfoni della stampa, altrimenti in privato con i suoi tecnici, il perché della giornata odierna. Intanto però c'è da augurarsi che tra domani e venerdì possa riprendersi perché sabato lo attende una tappa dura e c'è pur sempre un secondo posto da difendere.

Da non ignorare, infine, il fatto che anche Vingegaard non abbia brillato particolarmente dopo lo scatto. Certo, la solidità del danese è indiscussa, ma anche a lui nel finale di oggi sono mancate le forze per replicare le clamorose prestazioni dei giorni scorsi. Segno che in fondo, nonostante sia un Fuoriclasse dei grandi giri, è pur sempre umano. E tanti complimenti a Felix Gall, che sta crescendo a vista d'occhio dopo una partenza spagnola decisamente al di sotto delle aspettative.

La cronaca della diciassettesima tappa del Tour de France 2023

Eccoci arrivati alla tappa regina di questo Tour de France 2023: il chilometraggio non è elevato, "appena" 165.7 km da Saint Gervais a Courchevel, ma si può parlare comunque di una frazione a cinque stelle. Il Col des Saisies (13.4 km al 5.1%) in avvio è piazzato per delineare la fuga di giornata, Cormet de Roselend (19.9 km al 6%) e Côte de Longefoy (6.6 km al 7.5%) metteranno fatica nelle gambe in vista dello spauracchio dell'intera Grande Boucle, il Souvenir Henri Desgrange della centodecima edizione: il Col de la Loze (28.1 km al 6%), un mostro che è chiamato a dare le ultime (penultime?) sentenze del Tour.

Nei primi dieci chilometri in pianura si susseguono diversi attacchi e alla fine prendono il largo in cinque: Jonas Gregaard (Uno-X Pro Cycling Team), Luka Mezgec (Team Jayco-Alula), Giulio Ciccone e Mads Pedersen (Lidl-Trek) e Neilson Powless (EF Education-EasyPost). Questo tentativo però ha vita breve perché da dietro, appena iniziato il Col des Saisies Julian Alaphilippe (Soudal Quick-Step) si lancia all'attacco seguito da un'altra ventina di corridori. La situazione è fluida e difficilmente si riesce a tenere chiusa la corsa. Una caduta di Tadej Pogacar (UAE Emirates) spezza il gruppo in due tronconi, ma fortunatamente per lo spettacolo lo sloveno sembra essere rimasto integro e rientra velocemente aiutato dai compagni. 

Davanti si forma un drappello di circa venti uomini, in cui è presente anche Simon Yates (Jayco), oltre a Felix Gall (AG2R Citroën Team), i quali tentano di rovesciare con un'azione da lontano la top ten, e guidato da Ciccone, che aiutato da Mattias Skjelmose Jensen (Lidl) va a caccia dei punti in cima al GPM. Nel plotone la Jumbo-Visma di Jonas Vingegaard tira alla morte con Dylan van Baarle, prima di lanciare un vero e proprio attacco di squadra a due chilometri dalla vetta con Tiesj Benoot, Wilco Kelderman, Sepp Kuss e la stessa maglia gialla. Seguono a ruota gli UAE, mentre la INEOS Grenadiers rimane compatta al fianco di Carlos Rodríguez. Lo spagnolo non segue l'accelerazione delle due squadre padrone di questa Grande Boucle e rientra solamente vicino allo scollinamento grazie ad un magnifico Egan Bernal. Nel frattempo, grazie al lavoro di Benoot, Pogacar, Vingegaard e rispettivi gregari riprendono la testa della corsa in prossimità del GPM, dove Ciccone fa il pieno di punti (dieci). 

A questo punto il G1 non comprende più di trentacinque corridori, gran parte dei quali uomini di classifica con a supporto le proprie squadre. Lungo la discesa allungano lo stesso Ciccone, Alaphilippe e Krists Neilands (Israel-Premier Tech), mentre gli Jumbo rallentano facendo rientrare in gruppo un'altra trentina di atleti tra cui un Wout van Aert (Jumbo) non brillantissimo sul primo colle di giornata. Approfittando del calo dell'andatura tra la fine della discesa e l'inizio della salita del Cormet de Roselend in tanti prendono il largo dal gruppo, tra cui anche alcuni alfieri di Jumbo e UAE. Dopo una manciata di chilometri di salita, intorno ai -115, la situazione finalmente si stabilizza un po'. 

Davanti a tutti troviamo trentaquattro fuggitivi: Benoot e Kelderman (Jumbo), Rafal Majka e Marc Soler (UAE), David Gaudu, Stefan Küng, Valentin Madouas e Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), Magnus Cort Nielsen e Rigoberto Urán (EF), Alaphilippe e Dries Devenyns (Soudal), Pello Bilbao, il più vicino in classifica a 13'06" dal leader, e Jack Haig (Bahrain-Victorious), Ciccone e Skjelmose (Lidl), Ben O'Connor, Gall e Nans Peters (AG2R), Rui Costa (Intermarché-Circus-Wanty), Guillame Martin (Cofidis), Gregor Mühlberger (Movistar), Matthew Dinham e Kevin Vermaerke (Team DSM-firmenich), Hugo Houle, Neilands e Nick Schultz (Israel), S. Yates, Lawson Craddock e Chris Harper (Jayco), Clément Champoussin e Simon Guglielmi (Arkéa-Samsic), Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), Tobias Halland Johannessen e Jonas Gregaard (Uno-X). A circa 1'00"-1'15" per tutta l'ascesa il gruppo maglia gialla guidato da Christophe Laporte e Nathan Van Hooydonck (Jumbo).

Anche in cima al Cormet de Roselend è Ciccone a fare bottino pieno: altri dieci punti messi in tasca per incrementare il proprio margine nella classifica della maglia a pois. Grazie al lieve aumento al ritmo dato dalla coppia Lidl in avvicinamento al GPM i fuggitivi transitano in cima alla salita con 1'45" sul gruppo maglia gialla. Nei trenta chilometri seguenti, tra discesa e falsopiano, il plotone perde un altro minutino, imboccando la Côte de Longefoy con 2'50" dai primi dove sono sempre più corridori a collaborare alimentando il tentativo nella speranza che la Jumbo non voglia cannibalizzare la tappa odierna. Anche in cima (ancora una volta nessuno contesta la volatina a Ciccone davanti) il distacco è pressoché lo stesso, anche se nel segmento immediatamente successivo incrementa di circa mezzo minuto. All'attacco del Col de la Loze mancano solo venti chilometri quasi interamente in discesa.

Vista la presenza davanti di Pello Bilbao e Yates, Nils Politt (BORA-hansgrohe) e Omar Fraile (INEOS) si mettono d'impegno nel segmento prima dell'approccio alla salita per difendere le posizioni in classifica, rispettivamente, di Jai Hindley e Carlos Rodríguez. Il lavoro paga i propri frutti: da quando il tedesco e lo spagnolo si mettono a tirare il peloton recupera una quarantina di secondi e così gli inseguitori iniziano la salita finale con meno di 2'40" dalla testa della corsa, dove si staccano in tantissimi, compresi Alaphilippe e Ciccone, sotto il ritmo della AG2R e della Bahrain.

Nei primi venti chilometri la sfida è tutta racchiusa in un due contro due: davanti Haig e O'Connor tentano di mantenere intatto il margine della fuga, dietro Fraile e Jonathan Castroviejo (INEOS) vogliono sia recuperare su quelli davanti che mettere fatica nelle gambe dei rivali del capitano spagnolo, chiamato a recuperare 5" tra oggi e sabato nei confronti di Adam Yates. Iniziato il tratto duro ai -8 cambia lo scenario, ma non il distacco, sempre costante a 2'30" tra i due gruppi (fuga e G2, quello della maglia gialla): davanti si porta in testa Chris Harper (Jayco) per Yates, dietro Michal Kwiatkowski (INEOS) per Rodríguez. Tempo poche centinaia di metri ed ecco uno dei colpi di scena più clamorosi di questo Tour de France: Tadej Pogacar (UAE) perde terreno e si stacca dal drappello di Vingegaard accusando forse la caduta, forse la preparazione insufficiente alla Grande Boucle, a otto chilometri dalla vetta. Con lui Soler, ad assisterlo durante questa sua inaspettata e inedita via crucis.

Non appena si accorgono delle difficoltà dello sloveno Kuss e Vingegaard si portano davanti aumentando il passo, seguiti da Yates, a cui viene data carta bianca per giocarsi il podio, Rodríguez, Hindley e Kwiato. Davanti, ai -7 dal GPM, Gall lascia sul posto Harper, S. Yates e Majka, mentre Gaudu e Pello Bilbao accusano maggiormente il cambio di ritmo in compagnia di Kelderman.

Ai -5 dal GPM Kuss riporta Vingegaard sulla ruota di Benoot che si era fermato ad aspettarlo, dopodiché si rialza e prosegue del proprio passo. Il ritmo del belga fa male sia agli INEOS che, dopo un attacco mostruoso, a Yates. Tiesj continua nel proprio forcing per altri duecento metri e poi si sposta, lasciando sola la maglia gialla con un gap di 2'20" da Gall. Il danese piano piano recupera tanti corridori e si avvicina all'austriaco senza però abbassare il distacco in maniera considerevole. Nonostante tutto anche a lui mancano un po' di forze dopo la strepitosa cronometro di ieri. 

Tra Vingegaard e Gall però ci sono ancora diversi altri atleti e il primo che trova sulla propria strada è Kelderman, che a propria volta contribuisce a rilanciare l'azione della maglia gialla, mentre un altro gregario, stavolta della UAE - Majka - dopo essersi staccato da S. Yates ai -3 dalla vetta aspetta A. Yates per dargli una mano nell'ipotecare il podio ai danni di un Rodríguez che si allontana sempre di più dal rivale diretto per il terzo posto. Mentre il duo della Jumbo Kelderman-Vingegaard sta dando il massimo in uno dei tratti più duri della salita si verifica, per l'ennesima volta in questo Tour, un episodio increscioso: una moto andata in panne prima di un tornante impedisce alla macchina dell'organizzazione di passare attraverso le due ali di folla, provocando un vero e proprio blocco stradale. I due gialloneri devono per un attimo fermarsi prima di trovare un piccolo varco e ripartire (non senza rischi: per colpa di una spinta la maglia gialla rischia di terminare a terra) verso gli ultimi duemila metri di salita.

Vingegaard li affronta in solitaria riprendendo prima del GPM anche Bilbao e Gaudu, unici altri fuggitivi rimasti in avanscoperta a eccezione di Gall e Yates. I passaggi in cima al Col de la Loze vedono l'austriaco davanti di 20" al britannico e 1'25" a Vingegaard, Pello Bilbao e Gaudu, a dimostrazione di come anche il danese abbia alla fine pagato la strepitosa prova contro il tempo di ieri, seppur conservando un buon margine sulla concorrenza. Gli altri uomini di classifica che erano rimasti in gruppo risultano dispersi, la regia non li segue adeguatamente (se non Pogacar che scollina con un passivo di 6'30" sempre in compagnia di Soler).

Gli ultimi chilometri in discesa e l'arrivo sulla rampa dell'eliporto di Courchevel non rivoluzionano la situazione: Gall vince la tappa con 34" su Yates e 1'38" su Pello Bilbao. Vingegaard si pianta nel finale e chiude quarto a 1'52", mentre l'altro Yates, Adam, è nono a 3'43". Hindley con un buon finale termina undicesimo a 4'25" dal vincitore, mezzo minuto prima rispetto a Rodríguez. La crisi cocente di Pogacar si concretizza con un passivo di quasi 8' da Gall e quasi 6' dall'ex sfidante Vingegaard.
Tadej rinuncia dunque a qualsiasi speranza di ribaltamento nella generale e sabato dovrà difendersi da Rodríguez, Simon Yates e Pello Bilbao. Lo sloveno è infatti secondo a 7'35" dalla maglia gialla, con il compagno A. Yates terzo a 10'45" da Vinge. I pretendenti al podio hanno un gap di circa 5'00" nei confronti del due volte vincitore del Tour, ma in una frazione come quella di sabato tutto può accadere e a Pogacar servirà riprendersi fisicamente e mentalmente per difendere o il secondo o almeno il terzo posto.

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Domani un giorno per rifiatare e dare un meritatissimo premio a tutti gli sprinter che sono riusciti ad oltrepassare questa durissima cinque giorni in alta montagna. Da Moûtiers a Bourg-en-Bresse le difficoltà altimetriche sono ben poche: non basteranno la Côte de Chambéry-le-Haut (1.6 km al 4.1%) e la Côte de Boissieu (2.4 km al 4.7%) per scongiurare un'altra volata a ranghi compatti. Sarà favorito chi, come probabilmente la maglia verde Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck), è riuscito a digerire meglio gli sforzi in salita in queste ultime giornate.

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