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Hirschi, supergigante non solo in discesa

10.09.2020 17:22

Dopo i piazzamenti di Nizza e Laruns il giovane svizzero riesce a vincere la sospirata tappa: primo in solitaria a Sarran-Corrèze, vani gli sforzi di Alaphilippe. Rolland secondo, domani tutti all'assalto di Roglic a Puy Mary


Conquistare gli appassionati, era stata attività domenicale. L'aveva espletata nella seconda tappa del Tour de France, quando aveva risposto ai fendenti di Julian Alaphilippe andando a prendersi un prezioso secondo posto a Nizza; e poi ancor meglio nella domenica successiva, nella nona tappa a Laruns, sui titoli di coda del passaggio pirenaico dell'edizione 2020 del TDF: in fuga da solo per 90 km o giù di lì, ripreso a 2 km dal traguardo da un quartetto di favoriti della Grande Boucle, e poi lì a sprintare a denti stretti per provare comunque a vincerla, quella tappa. Rien a faire, terzo posto e pregasi riprovare.

Ci ha riprovato sì, oggi, e al trofeo del cuore dei tifosi ha aggiunto anche un alloro ciclisticamente tangibile: il successo di tappa, il primo per lui in un GT, a soli 22 anni (compiuti peraltro da pochi giorni). Tutto questo è un settembre da ricordare, da mai più dimenticare, per Marc Hirschi. È un po' il suo mese, se vogliamo: vi si laureò Campione del Mondo Under 23 nel 2018, ma questa è un'altra cosa, decisamente. È un'altra corsa. Ci sono tutti i più forti, e metterli nel sacco tutti insieme non è impresa che possa essere poco considerata. Soprattutto perché, come scritto più su, non è la trovata geniale di un giorno speciale, ma si inscrive in un Tour da boato per il ragazzo nato a Berna. E con lui, che così si consacra, l'elenco dei giovanissimi nuovi leoni del ciclismo mondiale si allunga di un altro nome, ad arricchire questa lunga stagione (partita nel 2019) di rinnovamento, di riforma, di rivoluzione di questo nostro sport.

 

La prima fuga, il gruppo vicino, il ritiro di Zakarin
Dopo qualche schermaglia iniziale, passati 10 minuti di corsa si sono messi in viaggio Imanol Erviti (Movistar), Luis León Sánchez (Astana), Nils Politt (Israel Start-Up Nation) e Max Walscheid (NTT). Per loro il progetto di fuga nella tappa più lunga del Tour de France 2020, la 12esima, da Chauvigny a Sarran-Corrèze: 218 km, unica frazione delle 21 sopra la fatidica soglia dei 200. Il traguardo volante posto al km 51 però metteva in discussione gli intenti del quartetto: facilmente prevedibile che i contendenti per la maglia verde avrebbero provato a tenere a tiro gli attaccanti, per andare a disputarsi i punti bonus dello sprint intermedio; invece, nonostante un ritmo alto in gruppo, i battistrada hanno tenuto duro, conservando poche decine di secondi di margine e resistendo anche a un pugnace tentativo di contrattacco di Peter Sagan (Bora-Hansgrohe), sempre francobollato da Sam Bennett (Deceuninck-Quick Step), che al momento - e soprattutto dopo il declassamento+penalizzazione dello slovacco ieri a Poitiers - era ampiamente al comando della classifica a punti.

Rientrata la tentata evasione del gruppetto Sagan, si è mosso al km 25 Mathieu Burgaudeau (Total Direct Énergie), e su di lui si è portato Kasper Asgreen (Deceuninck) il quale si è accollato la gran parte del lavoro per ricucire sui quattro al comando: impresa non facile, visto che si trattava di chiudere al più presto un minutino di gap, col gruppo che in ogni caso continuava a scalpitare poco dietro. Asgreen in questo caso è stato fantastico ed è riuscito a completare l'inseguimento al km 63. Nel frattempo al traguardo volante Bennett ha preceduto Sagan (e non è stato il solo), aumentando ulteriormente il vantaggio su Peter: 252-182.

Chi si aspettava che a questo punto della contesa il gruppo si sedesse e lasciasse andare i sei a un quarto d'ora si sbagliava di grosso: la Bora ha infatti continuato a menare a tutta, tenendo il distacco dai primi sempre abbondantemente sotto ai due minuti. Solo sulla Côte de Saint-Martin-Terressus, primo Gpm di giornata (giusto un quarta categoria) al km 104, il plotone ha visibilmente rallentato: casa Bora voleva evitare che si staccassero i gregari che sarebbero tornati ancora utilissimi per proseguire nell'inseguimento, del resto mancavano ancora oltre 110 km alla conclusione. Assumeva contorni sempre più chiari l'idea di portare Maximilian Schachmann a giocarsi le proprie chance di vittoria in un finale a lui particolarmente adatto.

Nel frattempo Ilnur Zakarin (CCC), partito con una costola fratturata, non ha retto allo sforzo e si è mestamente ritirato.

Sulle salitelle del finale sboccia il volo astrale di Hirschi
Sul rallentamento del gruppo il sestetto in testa (qualche difficoltà per Politt sulla salitella) ha allungato fino a 3' di vantaggio, ma poi da dietro è ripartito il trenare e il distacco è stato nuovamente riportato sotto i due minuti, con la CCC di Matteo Trentin e Greg Van Avermaet che a un ceerto punto con Simon Geschke ha deciso di dare una mano ai Bora. Intanto Burgaudeau, dopo il Saint-Martin-Terressus, si è preso anche il Gpm della Côte d'Eybouleuf (km 121).

Con il vantaggio sceso poi sotto il minuto, a 48 dalla fine Asgreen ha deciso di dare una sterzata netta e ha accelerato disperdendo il sestetto. Erviti e Walscheid hanno risposto, poi anche il tedesco ha mollato la presa e son rimasti in due al comando, ma il gruppo era ormai a 20" e il ricongiungimento si è consumato sulle rampe della Côte de la Croix du Pey, con un'avanscoperta Sunweb che ha dato la stura alla gran battaglia: Tiesj Benoot e Søren Kragh Andersen hanno preso e superato Asgreen ed Erviti ai -43, quindi su di loro si è portato Marc Soler (Movistar), e da dietro si sono susseguiti gli scatti dal gruppo. Al Gpm ai -40 Soler ha piantato i due Sunweb sui quali si è portato il compagno Marc Hirschi con Maximilian Schachmann (eccolo) e Quentin Pacher (B&B Hotels-Vital Concept). I cinque hanno ripreso Soler in discesa, e alle loro spalle si è formato un gruppetto di 13 corridori, col plotone a oltre mezzo minuto.

I 13 li possiamo pure elencare: Pierre Rolland (B&B), Pello Bilbao (Bahrain-McLaren), Alexey Lutsenko e Hugo Houle (Astana), Bob Jungels e Dries Devenyns (Deceuninck-Quick Step), Alessandro De Marchi (CCC), Kenny Elissonde e Jasper Stuyven (Trek-Segafredo), Sébastien Reichenbach (Groupama-FDJ), Jesús Herrada (Cofidis, Solutions Crédits), Nicolas Roche (Sunweb) e Lennard Kämna (Bora). Il gruppo era tirato in questo frangente dalla CCC, al lavoro per Greg Van Avermaet (De Marchi se ne stava passivo nel gruppetto intercalato).

In rapida sequenza dopo la Croix du Pey c'era il Suc au May, la salita più dura della giornata, e qui ai -28 Marc Hirschi ha tentato ancora una volta la carta dell'azione personale: ha staccato gli altri del drappello di testa e si è involato, mentre da un gran rimescolio alle spalle dello svizzero emergeva dal gruppo Julian Alaphilippe (Deceuninck), che aveva messo un circoletto rosso sull'arrivo di Corrèze. Al Gpm ai -26 Hirschi è passato con 17" su Soler e Schachmann e 40" sul drappello di Alaphilippe; il gruppo è passato a 1'20" e praticamente ha tirato i remi in barca.

In discesa Hirschi ha pennellato da maestro ogni traiettoria, insomma abbiamo trovato un nuovo candidato al podio dei migliori "picchiatori" (nel senso della picchiata), e così facendo ha allungato decisamente sugli avversari. Alaphilippe sentiva che la situazione gli sfuggiva via e in più di un'occasione ha tentato l'allungo personale, ma il massimo che ha potuto fare è stato riportarsi con gli altri su Soler e Schachmann, ma nel momento in cui tale ricongiungimento è avvenuto ai -10 il ritardo dal battistrada era già superiore ai 40". Come lo prendi più, lo svizzerotto?

 

Dietro a Hirschi la piazza d'onore è di Rolland. Roglic sempre in giallo
I 10 chilometri conclusivi sono stati un piccolo capolavoro di gestione da parte di Marc Hirschi, che ha proceduto come un trenino fino al traguardo di Sarran-Corrèze, incurante di quanto avveniva alle sue spalle. "Quanto avveniva" era la certificazione della totale assenza di accordo tra gli inseguitori, i quali andavano a scatti, tra un allungo di Herrada e un colpo di coda di Alaphilippe, azioni buone solo per destabilizzare il ritmo dell'inseguimento. Ai 4 km l'ultima stoccatina di Julian, che però ha subito capito che non avrebbe cavato ragni dal buco oggi; e anzi, poco dopo gli è partito pure il cambio, fatto che l'ha messo fuori gioco pure per la piazza d'onore.

Piazza d'onore che è stata appannaggio di Pierre Rolland, autore dello scatto giusto (tra gli sconfitti) e transitato a 47" dal vincitore; a 52" ecco nell'ordine Kragh Andersen, Pacher, Herrada, Schachmann, Houle, Reichenbach; a 56" Elissonde e Roche a completare la top ten; a 1'48", un po' malinconico, Alaphilippe; a 2'05" Soler; a 2'30" il gruppo con Peter Sagan a sprintare su Van Avermaet per i punticini del 13esimo posto (magra consolazione). Media di tutto riguardo: 42.4 km/h sui 218 km totali.

Classifica generale invariata, Primoz Roglic (Jumbo-Visma) è sempre in giallo con 21" su Egan Bernal (Ineos Grenadiers), 28" su Guillaume Martin (Cofidis), 30" su Romain Bardet (AG2R La Mondiale), 32" su Nairo Quintana (Arkéa-Samsic) e Rigoberto Urán (EF), 44" su Tadej Pogacar (UAE Emirates), 1'02" su Adam Yates (Mitchelton-Scott), 1'15" su Miguel Ángel López (Astana) e 1'42" su Mikel Landa (Bahrain). Domani tutti questi giovanotti se le daranno di santa ragione sulla rampa del Pas de Peyrol a Le Puy Mary, sede d'arrivo della 13esima tappa con partenza da Chatel-Guyon e uno sviluppo di 192 km che saranno tutti un saliscendi continuo. Quote non altissime, ma battaglia assicurata.
Notizia di esempio
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!