Greg Lemond e Laurent Fignon al leggendario Tour de France 1989
Lo Stendino di Gambino

Pogacar e Vingegaard come Fignon e Lemond 34 anni fa

Nessuno ha dimenticato il Tour de France del 1989, una sequela di colpi di scena e passaggi di maglia tra Laurent e Greg, con un epilogo (soli 8" in favore dell'americano) scolpito nella leggenda. La Boucle 2023 gli si avvicinerà?

11.07.2023 12:50

Vedendo Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard darsele di santa ragione fin dalla prima tappa di questo Tour de France mi sono domandato a quando risalisse l'ultimo caso in cui si fosse assistito, sulle strade d'oltralpe, a qualcosa di simile. La risposta, in realtà, non è difficile e ci riporta indietro alla edizione numero 76 corsa nel 1989.

Si partì, in quell'anno, sabato 1 luglio dal Granducato del Lussemburgo con un immediato colpo di scena. Lo spagnolo Pedro Delgado, campione in carica e grande favorito della vigilia, perse ben sette minuti nelle prime due frazioni contro il tempo, una individuale e una a squadre. Dopo quattro tappe interlocutorie, in cui la maglia gialla fu vestita prima dall'olandese Eric Breukink e poi dal portoghese Acacio Da Silva, la gara entrò nel vivo nella quinta frazione, una lunga cronometro in terra bretone, 73 chilometri da Dinard a Rennes. Tra la sorpresa generale, quel giorno si assistette alla resurrezione di Greg Lemond che fece il pieno vincendo la tappa e conquistando, per soli cinque secondi su Laurent Fignon, la maglia gialla.

Da quel momento iniziò una battaglia, durata fino alla conclusione sui Campi Elisi, in cui i due ex compagni di squadra, alla Renault-Gitane di Cyrile Guimard, si sottrassero reciprocamente a più riprese il simbolo del comando. Il francese, decisamente superiore in salita, riconquistò la maglia gialla due volte, sia sui Pirenei che sulle Alpi dove, con la vittoria di Villard de Lans alla 18esima tappa, sembrava aver messo al sicuro il successo finale, potendo vantare a quel punto 50" sul campione di Lakewood. Lo statunitense, però, fu implacabile contro il tempo, ribaltando tre volte la graduatoria a suo favore. Alla inattesa vittoria di Rennes seguirono la conferma a Orcières Merlette e, dulcis in fundo, il beffardo scippo nell'epilogo da Versailles a Parigi dove, per la miseria di otto secondi, conquistò il secondo dei suoi tre Tour de France.

Lemond veniva da due anni difficili, nella vita ancor più che in sella. Impallinato per sbaglio dal cognato durante una battuta di caccia in California nell'aprile 1987, Greg, volendo rientrare due anni dopo alle corse, si trovò senza squadra. A dargli fiducia fu Mario Beccia che allestì per lui una formazione oggettivamente modesta, l'ADR-Santini, grazie alla quale Lemond potè comunque prendere il via alla Grande Boucle. La squadra non fu in grado di sostenere più di tanto il californiano che fece di necessità virtù capitalizzando al massimo le uniche frazioni in cui ogni corridore è solo: le prove contro il tempo.

Fignon, al contrario, era reduce dalla vittoria al Giro d’Italia che aveva posto fine a un lungo periodo difficile, figlio dell'infortunio subito ai tendini nel 1985. Laddove era sempre rimasto competitivo nelle corse d'un giorno, vincendo una Freccia Vallone e due Milano-Sanremo, non era più riuscito a tenere le tre settimane richieste per far classifica in un grande giro. Il parigino, indubbiamente, passerà alla storia come la somma vittima delle nuove tecnologie ciclistiche. Le ruote lenticolari, montate da Francesco Moser nella leggendaria cronometro da Soave a Verona, gli costarono il Giro d’Italia 1984. Cinque anni dopo, a privarlo della doppietta Giro-Tour, furono le protesi da triathlon montate da Lemond sul manubrio della sua bicicletta nella crono conclusiva.

È assai improbabile che Tadej e Jonas, i due grandi protagonisti dell'attuale corsa gialla, arrivino a giocarsi sul filo dei secondi la vittoria finale all'atto conclusivo. Il disegno di questo Tour prevede una sola cronometro alla 16esima tappa, seguita il giorno dopo dal tappone alpino che terminerà a Courchevel. Sull'ultimo traguardo alpino la situazione dovrebbe essere ben definita. Tutt'al più, per sapere il nome del conquistatore della edizione 110 della Grande Boucle, dovremo attendere la penultima frazione al termine della cavalcata sui monti alsaziani che si concluderà su Le Markstein.

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