
"La storia dietro al mio silenzio" - Robin Orins rompe il tabù della salute mentale
Dopo mesi di silenzio trascorsi lontano dalle corse, il promettente belga della Lotto ha condiviso una lettera personale sulla sua salute mentale
Tra i principali talenti che il ciclismo belga ha sfornato negli ultimi anni, il nome di Robin Orins è uno dei più promettenti. Le ultime due stagioni trascorse nel team di sviluppo della Lotto hanno fatto emergere tutte le sue qualità, garantendogli un contratto da professionista con la squadra belga a partire da questa stagione.
In questa stagione, però, il classe 2002 non ha ancora attaccato il numero alla schiena ed è completamente sparito dai riflettori. Un'assenza poco comprensibile dall'esterno, alla quale la Lotto non aveva ancora dato una spiegazione. Il motivo della sua assenza prolungata è stato raccontato nella giornata di ieri da un breve comunicato della squadra, da cui è emerso come il belga abbia attraversato un periodo molto difficile legato alla sua salute mentale.
La storia di Robin Orins sul suo sito web: “Avevo perso la voglia di vivere”
Poco dopo la pubblicazione del comunicato, lo stesso Orins ha reso pubblica una pagina web in cui, con una lunga lettera, racconta le sue difficoltà degli ultimi mesi.
“Negli ultimi mesi sono stato assente dai social media e dal gruppo ciclistico. Oggi vorrei condividere con voi qualcosa di più.
Senza entrare troppo nei dettagli: sto ancora cercando di trovare me stesso, ma non avrei mai immaginato di essere già dove sono ora.”
“Il 2024 è stato un anno di successo per me in termini di prestazioni. Sono diventato più forte, ho vinto, ho gareggiato ad alto livello e ho coronato il tutto con un contratto da professionista. Naturalmente, quando tutto va bene, spesso le cose sembrano senza sforzo, finché non si raggiunge il proprio limite.
Dopo i Campionati del Mondo di Zurigo, mi sentivo completamente svuotato, sia fisicamente che mentalmente. Ero stanca di tutto: dei media, della pressione... avevo solo bisogno di riposo, di una pausa, di non andare in bicicletta, di non concentrarmi per un po'. Avevo bisogno di tempo per me stessa, ma quel tempo non è arrivato. Non riuscivo a trovare riposo e continuavo ad ammalarmi. Il mio corpo era esausto, fisicamente e mentalmente: tutto era troppo.”

Le condizioni fisiche e mentali di Orins non sono migliorate neanche con il primo ritiro in Spagna a dicembre. La situazione si è aggravata al suo rientro in Belgio, quando la diagnosi di un problema respiratorio ha fatto traboccare il vaso.
“Sono entrato in una spirale negativa. Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico sempre più frequenti, ho perso l'appetito e ho smesso di uscire di casa. Le vacanze sono state un inferno: mentre gli altri festeggiavano insieme, io passavo ore a piangere, cercando di ritrovare me stesso tra un attacco di panico e l'altro. Ho avuto paura, paura di tutto, ma soprattutto paura di me stesso. Continuavo a sprofondare. Non ho perso solo l'appetito, ma anche la voglia di vivere. La vita sembrava non avere più senso. Mi sentivo inutile e avevo pensieri inquietanti.”
La luce in fondo al tunnel:“Sto imparando a godermi ogni momento, in bici e non”
A quel punto, Orins ha compreso la gravità della situazione e ha deciso di chiedere aiuto.
“Ho iniziato un'intensa terapia per risalire alla causa di questo problema. Ho avuto un'infanzia difficile segnata da un disturbo d'ansia, che però era sotto controllo da 7-8 anni. Quello che stavo sperimentando è stata una recrudescenza di quel disturbo, innescata dall'ignorare i segnali d'allarme e da un trauma irrisolto. Ho passato ore a lavorare sulla mia guarigione e mi è costato molte lacrime, ma giorno dopo giorno ho cominciato a sentirmi meglio. Ho imparato molto su di me, cose che non sapevo e che posso ancora migliorare.”
La situazione ha preso una piega migliore in primavera, quando Orins ha ritrovato la serenità necessaria per riprendere a pedalare senza pressione.
“Ad aprile ho ricominciato ad andare in bicicletta, soprattutto per riscoprire la gioia di pedalare e non vederla più come un obbligo. Le prime uscite sono state estremamente dure. Mi prendeva il panico quando sentivo il battito cardiaco aumentare o quando un'auto passava troppo vicino. Ma dopo un po' le cose hanno cominciato a sembrarmi familiari e ho ritrovato la gioia."
“È strano come le persone possano cambiare. A gennaio non riuscivo a vedere una via d'uscita. Ma ora sono qui, a divertirmi in bicicletta e a prepararmi per la prossima tappa del mio percorso. Quando mi sentirò pronto a ricominciare a correre, lo comunicherò sui miei social. Questa per me è una cicatrice, una lezione di vita. D'ora in poi, cercherò di godermi un po' di più ogni momento della mia vita.”
La volontà di Robin Orins di parlare apertamente della sua salute mentale è un segnale positivo per il movimento ciclistico che si aggiunge alle numerose aperture sul tema già proposte da altre personalità, tra cui la campionessa olimpica Kristen Faulkner, l'ex ciclocrossista Jens Dekker e il giovane birtannico Leo Hayter.
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