Professionisti

Se dovete asfaltare una strada, chiamate Remco

30.07.2022 17:33

Evenepoel mette in piedi un show fenomenale nella Classica di San Sebastian che lo aveva consacrato 3 anni fa; alle sue spalle non restano che pochi superstiti alla spicciolata con distacchi siderali; 10° Lorenzo Rota


C'è poco da fare, la classica di San Sebastian è la sua corsa: già aveva consegnato Evenepoel al grande ciclismo nel 2019 e oggi è stata il teatro di un numero dei suoi, confermando di aver trovato una sua dimensione nelle classiche più impegnative. Quasi 45 km in solitaria hanno segnato il ritorno alle corse del campioncino belga, fermo dalla partecipazione ai campionati nazionali a fine giugno. Come diretta conseguenza ne è uscita una corsa durissima con distacchi geologici e corridori sparsi qua e là per tutto il percorso.

In programma era un intreccio di 224.8 km su e giù dai rilievi che circondano Donostia, con 6 salite formalmente contrassegnate (Azkarate, Urraki, Alkiza, Jaizkibel, Erlaitz e Murgil Tontorra) in mezzo ad una marea di saliscendi.

La fuga della prima ora si è sganciata dopo pochi km; era formata da 8 uomini a cui fin da subito è stato lasciato pochissimo spazio: dopo aver racimolato in una ventina di km un vantaggio massimo di poco superiore ai 3', il gruppo li ha subito tenuti sotto controllo. Si trattava di Théo Delacroix (Intermarché - Wanty - Gobert Matériaux), Manuele Boaro (Astana Qazaqstan Team), Casper Pedersen (Team DSM), Martijn Tusveld (Team DSM), Ibai Azurmendi (Euskaltel - Euskadi), Óscar Cabedo (Burgos-BH), Fabien Grellier (TotalEnergies), Eugenio Sánchez (Equipo Kern Pharma). Secondo questo schema - davanti i fuggitivi e dietro il gruppo a distanza di sicurezza - si è proceduto per oltre 150 km, superando senza sconquassi (come era preventivabile) le prime tre salite.

Sulle prime rampe della storica salita simbolo di questa corsa, lo Jaizkibel (7.9 km al 5.6%), la Quick-Step di Remco Evenepoel e ha subito cambiato passo, avvicinando i fuggitivi che nel frattempo si sgranavano: gli ultimi ad arrendersi al forcing di Pieter Serry, a circa 2.5 km dalla vetta, sono stati Boaro e Azurmendi. Il ritmo alto ha subito fatto la prima illustrissima vittima, Tadej Pogačar (UAE Team Emirates), forse succube delle tantissime energie spese durante l'ultimo Tour de France. In discesa Matej Mohorič (Bahrain - Victorious), quasi come un topo che fiuta l'odore del formaggio, si è portato davanti ed ha allungato la fila del gruppo, mettendo tutti sotto stress, a partire da Joao Almeida, l'altra punta dell'UAE, che è finito a terra.

Un breve tratto di pianura, che ha permesso ad Almeida di rientrare, portava ai piedi della successiva ascesa, Erlaitz (3.8 km al 10.6%), la salita più dura e senza dubbio primo fondamentale spartiacque. La musica è immediatamente cambiata con la EF Education-EasyPost che ha rilevato la Quick-Step creando subito qualche buco. Non è tardata la risposta di Evenepoel che ha alzato in prima persona l'andatura, mentre nelle retrovie perdevano contatto Mohorič, Jai Hindley (BORA - hansgrohe) e Alejandro Valverde (Movistar Team). In testa se ne vanno Evenepoel e Simon Yates (Team BikeExchange - Jayco), con poco più distante Pavel Sivakov (INEOS Grenadiers) che cercava di agguantarli tutto solo. A poco meno di 2 km dal traguardo Simon Yates ha capito di non poter tenere quel ritmo e si è lasciato sfilare per tenere il suo passo. Intanto Sivakov è stato raggiunto dal compagno di squadra Carlos Rodriguez, Tiesj Benoot (Jumbo-Visma) e Rigoberto Urán (EF), con quest'ultimo che però si è staccato nuovamente quasi subito. In vetta alla salita il belga aveva quasi 20" su Simon Yates ed oltre 40" sugli altri inseguitori, adesso nuovamente in 4 dopo il rientro di Bauke Mollema (Trek - Segafredo).

A favorire la cavalcata di Evenepoel, almeno nei primi km, ci ha pensato il successivo tratto ondulato in quota, perfetto per rilanciare ed ampliare i distacchi, soprattutto per un cronoman del suo calibro. Simon Yates a questo punto a scelto con lungimiranza di calare l'andatura e farsi riassorbire dal quartetto alle spalle, il cui ritardo ormai superava il minuto, quando mancavano circa 33 km dal traguardo. Il resto del gruppo, formato da poche decine di unità, era addirittura ad oltre 2'.

A questo punto era il momento del tratto pressoché pianeggiante di quasi 20 km che riportava il gruppo verso Donostia e, dopo essere transitati una prima volta dal traguardo, l'ascesa finale di Murgil Tontorra (2.1 km al 10.1%). Essendo l'ultimo tratto "morto" che poteva favorire il rientro degli inseguitori, la coppia INEOS ha deciso di rompere gli indugi in modo da trasformare l'inseguimento in una questione interna ed assicurarsi cambi continui ed andatura costante. La suddetta mossa ha dato inizialmente i suoi primi frutti, con il distacco che è sceso per un po' sotto il minuto, ma la tendenza iniziale è stata velocemente smentita dal belga che al passaggio dalla zona di arrivo riportava il distacco a 1'10". Intanto dal gruppo, già a 3' di ritardo, sono usciti gli azzurri Simone Velasco (Astana) e Lorenzo Rota (Intermarché), in caccia di un piazzamento, poi riassorbiti in un momento non precisato.

La corsa a questo punto si è stabilizzata ed è proseguita per inerzia con Evenepoel che aveva ulteriormente dilatato il vantaggio in salita, mentre la coppia INEOS difendeva l'ampio margine (circa 40") sugli altri inseguitori: per i due l'obiettivo era conservare il 2° e il 3° posto, tant'è che Sivakov ha provato ad attendere un Rodriguez in grande crisi. Il tratto più duro della salita ha ribaltato le posizioni di rincalzo, con Sivakov rimasto solo nel tentativo di resistere al ritorno di Benoot; più dietro Mollema cercava di ricucire con a ruota Rodriguez, letteralmente rimbalzato, mentre Yates era da solo ancora più dietro.

Tutto resta congelato fin sul traguardo con Remco Evenepoel che arriva in parata precedendo Pavel Sivakov (+1'58"), Tiesj Benoot (+2'31"), Bauke Mollema e Carlos Rodriguez (+3'11"), Simon Yates (+3'28"), quindi il gruppo (o quel che ne rimaneva) a 4'09" regolato da Toms Skujiņš davanti a Mattias Skjelmose Jensen, Rigoberto Urán e Lorenzo Rota, decimo e primo italiano al traguardo.
Notizia di esempio
Van Vleuten e il Tour, un incontro di numeri uno
Francesco Dani
Volevo fare lo scalatore ma non mi è riuscito; adesso oscillo tra il volante di un'ammiraglia, la redazione di questa testata, e le aule del Dipartimento di Beni Culturali a Siena, tenendo nel cuore sogni di anarchia.