Tadej Pogačar dopo l'arrivo a la Plagne ©A.S.O. / @billy_lebelge
Professionisti

Tadej Pogacar senza parole dopo il successo al Tour. Il futuro? “Non mi pongo obiettivi”

Dopo l'ennesimo successo, incoronato per la quarta volta vincitore del Tour de France, lo sloveno ha parlato dei suoi obiettivi futuri

28.07.2025 11:00

Dopo il quarto trionfo al Tour de France Tadej Pogacar ha definito la vittoria “speciale” e parla dei suoi obiettivi a lungo termine, tra cui il Tour 2026, la Vuelta e la Lombardia.

Pogacar non si pone limiti sul futuro: “Qualsiasi cosa è possibile”

Tadej Pogačar sul podio finale con Vingegaard e Lipowitz ©UAE Team Emirates
Tadej Pogačar sul podio finale con Vingegaard e Lipowitz ©UAE Team Emirates

Verrebbe naturale pensare che, con la striscia apparentemente inarrestabile di vittorie di Tadej Pogacar, che ha conquistato il Tour de France per la quarta volta in 6 anni, lo sloveno abbia degli obiettivi futuri ben precisi.

Eppure, il campione originario di Klanec non vuole mettersi pressione né troppe aspettative. “Qualsiasi cosa è possibile”, ha dichiarato alla stampa Tadej Pogacar nella serata di domenica, in tono vago, ma ben consapevole. "In questo momento non penso ad altre gare, voglio solo tornare al bus della squadra e godermi questo momento. Non voglio pensare ad altre corse. Possiamo parlare del Giro [del 2026] o della Vuelta un’altra volta in futuro. Al momento non ho obiettivi chiari, forse punterò ai Mondiali quest’anno, e al Lombardia. Ma non ho altri obiettivi precisi. Voglio solo godermi questo momento, e poi penserò al resto abbastanza presto”.

Poi lo sloveno ha condiviso a caldo le sue sensazioni sulla vittoria al Tour: "Vincere quattro Tour, essere sul podio sei anni di fila... sono senza parole” , ha commentato Pogacar, emozionato. “Questo successo ha un sapore speciale. Sono molto orgoglioso di poter indossare la maglia gialla qui oggi. Tutto è cominciato da come abbiamo deciso di correre come squadra: c’era una grande atmosfera e spirito di gruppo. Dopo la cronometro e il Mur de Bretagne alla tappa 5, ho capito di avere le gambe giuste per puntare alla vittoria. La seconda settimana è stata decisiva, lì ho preso il vantaggio più grande. Poi nella terza settimana mi sentivo più tranquillo”.

A proposito del via libera per tentare la vittoria sugli Champs-Élysées, lo sloveno ha detto che "i tempi di classifica erano già presi, tutti correvano a viso aperto. Era ciclismo puro. Avevo in mente che fosse la fine del Tour, quindi era più facile lasciare tutto sulla strada, sapendo che domani posso riposare. È stata una bella giornata per correre”.

Tadej Pogacar ha anche sottolineato quanto la rivalità con Vingegaard lo abbia aiutato, spingendolo a voler fare sempre di più. “È incredibile, ci spingiamo sempre a un altro livello. Siamo fortunati ad avere questa rivalità, perché ci fa crescere”, ha spiegato.

“Il burnout nello sport è reale, soprattutto nel ciclismo”. Lo sloveno ha parlato apertamente del problema

Quando vinci tanto come Pogacar, il rischio che la pressione e le aspettative ti schiaccino è costante. E questo lo sloveno lo sa bene.

Sono in un momento della carriera in cui potrei anche smettere domani e sarei felice”, ha sottolineato, anche se ha scherzato sul fatto che era solo una battuta (sarà sotto contratto fino al 2030). Un obiettivo, come rilevato all'Équipe, c'è: le Olimpiadi di Los Angeles 2028: "È ciò che mi motiva per i prossimi tre anni. Da quel momento in poi, inizierò probabilmente a pensare al mio ritiro”. 

Pogačar ha poi parlato dello stress sempre crescente nel mondo del ciclismo: “Il burnout nello sport è reale, specialmente nel ciclismo, dove l’allenamento fisico e mentale è costante. Succede spesso. Alcuni corridori diventano ossessionati dall’allenamento, fanno sempre di più e poi si vede la fatica già all’inizio della stagione. La squadra vuole che corri, entri in un circolo vizioso e non recuperi mai davvero. Poi ti prendi una pausa a ottobre, ma a dicembre sei di nuovo lì. Così arriva il burnout”.

Tadej Pogacar ha però aggiunto che avere una squadra forte come la UAE lo aiuta a superare anche i momenti difficili: “Quando hai avversari forti, non solo Jonas, ma tutti, non sai mai cosa può succedere. Quindi qualche dubbio lo hai sempre. Ma l’atmosfera nella squadra ti aiuta, e se vai alle corse motivato, se dai tutto sulla strada, non hai nulla da rimpiangere. O forse sempre un po’, perché – non si sa mai”.

110 km al giorno per andare al lavoro: la vita di Martino Caliaro, frontaliere su due ruote
La 6 Giorni di Pordenone ad Havik e Eefting su Galli e Boscaro: bene azzurri e azzurre