Tadej Pogacar vince il Giro delle Fiandre 2023
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È il ciclismo degli dei, è il ciclismo di Tadej!

In un pazzo Giro delle Fiandre, il più veloce di sempre, Pogacar sigla un successo strepitoso rimontando da lontano e staccando di forza Van der Poel (2°) e Van Aert (4°). Pedersen sul podio, Trentin decimo è il miglior italiano

02.04.2023 16:52

Louison Bobet ed Eddy Merckx. Questi i nomi a cui è accostabile dopo l'impresa odierna Tadej Pogacar; i due, un francese e un belga, erano stati gli unici nella storia - prima della corsa odierna - ad aver vinto sia il Giro delle Fiandre che il Tour de France, due delle gare più importanti in assoluto del panorama ciclistico, una regina delle classiche (insieme alla Roubaix), l'altra padrona dei grandi giri. Tadej le ha domate entrambe e oggi ha ottenuto la più bella vittoria della sua carriera proprio sulle strade fiamminghe, persino superiore a certe imprese come quella della Planche o della Strade Bianche. Lo strapotere che ha messo in mostra è qualcosa che in anni recenti e non si è visto davvero raramente e mai a questi livelli. Un uomo da grandi giri che fa bene nelle classiche è animale poco comune, uno che domina il Tour e le classiche delle pietre è destinato ad essere ricordato nella storia del ciclismo come uno dei più grandi sempre, al fianco dello stesso Merckx, di Coppi, di Hinault e di pochi altri. 

Il suo dominio è ancor più impressionante e rimarrà scolpito per sempre anche grazie alla dimensione dei suoi avversari odierni, a partire da quel Van der Poel che prima o poi diventerà il recordman del Fiandre, gara con cui ha un feeling unico e uno score invidiabile: quarto all'esordio, poi solamente podi, vale a dire due primi posti e due secondi. Oggi ha corso male, facendosi sorprendere troppo spesso indietro nei momenti tesi delle prime battute di corsa e insieme alla squadra ha commesso un vero e proprio disastro tattico, arrivando giocarsi il successo solo ed esclusivamente per merito delle sue gambe e della sua classe cristallina. Il guaio meccanico occorsogli alle pendici del Taaienberg si è rivelato l'ennesimo colpo di scena in negativo di una gara che ha regalato solamente delusioni a Mathieu, già di suo leggermente inferiore al rivale diretto.

Insieme a loro sul podio è salito quel Mads Pedersen che dal Mondiale di Harrogate in avanti, ma forse potremmo dire pure dal Fiandre 2018 (quando giunse secondo alle spalle di Terpstra), si è rivelato al mondo come uno dei migliori fondisti in circolazione, nonché un corridore tatticamente sublime, anche oggi capace in ben tre battute di cogliere il momento buono per avvantaggiarsi sui favoriti (sul Wolvenberg, dopo il Molenberg e prima del Kruisberg, tre mosse azzeccatissime) e poi ancora di tirar fuori quello spunto in volata che gli ha permesso e gli permetterà in futuro di ottenere grandi successi.

Qualche parola però la merita anche lo sconfitto principale di giornata e cioè Wout van Aert, ancora una volta delusione nel giorno più importante dopo aver rinunciato una settimana fa alla vittoria della Gand-Wevelgem. La caduta intorno a metà gara potrebbe avergli tolto qualcosina, la squadra si è dimostrata molto meno forte del solito (non è la prima volta che succede in questa corsa dove sono le gambe e il fondo a far la differenza) e soprattutto tatticamente disastrosa (oltre a Van Hooydonck dovevano metterne un altro davanti oppure inseguire con Affini e Benoot prima di entrare nel “circuito finale”). Wout però ha perso perché sui muri è inferiore agli altri due, lo è sempre stato, e se l'anno scorso il gap pareva essersi chiuso in questo si è invece riaperto. Da febbraio in poi per il belga ci sono stati molti più dolori che soddisfazioni e rimane solamente la Roubaix per cambiare la sua primavera. Il giudizio finale non può che essere oltremodo negativo.

La cronaca del Giro delle Fiandre 2023

C'è chi la chiama Domenica delle Palme e chi invece si riferisce ad essa solamente in ottica ciclistica: la Vlaanderens Mooiste, come si intuisce dal nome, è la gara più sentita e amata dell'anno e si corre nella terra della bicicletta, le Fiandre. 273.4 chilometri da Bruges a Oudenaarde, nel mezzo 6 tratti in pavé (non complicati quanto quelli che troveranno tra sette giorni nel Nord della Francia) e ben 19 muri. I punti focali della Ronde van Vlaanderen sono sempre gli stessi: Oude Kwaremont, Paterberg, Koppenberg, Taaienberg, Kruisberg/Hotond e poi ancora l'accoppiata micidiale Kwaremont-Paterberg. Tempo ventoso e nuvoloso ma il pericolo di pioggia è molto basso. 

Pronti via e subito tentativi per centrare la fuga, ma nei primi trenta chilometri nessuno riesce ad evadere dal plotone. La presenza di tre grandi favoriti, cioè Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck), Wout van Aert (Jumbo-Visma) e Tadej Pogacar (UAE-Team Emirates), impone a tutte le altre squadre di variare sullo spartito classico (fuga di comprimari, inseguimento e poi big a giocarsela) e quindi sono oltre venti le compagini che tentano fortuna da lontano, facendo muovere le proprie pedine meno importanti. Naturalmente la velocità media nei primi minuti è elevatissima (nella prima ora cinquanta chilometri orari) e la partenza della fuga continua ad essere rimandata, a differenza di quanto accade normalmente al Giro delle Fiandre.

Sempre con l'obiettivo di far uscire dalla zona comfort i tre favoriti, tranquilli nella coda del gruppo, la Bahrain-Victorious scatena un'azione in pianura ai -236 km da Oudenaarde, sfruttando un tratto aperto in cui il vento soffia lateralmente sulla carreggiata; Pogi, Wout e Mathieu sono soli e impreparati in fondo al plotone e vengono chiamati a spendere già importanti energie per chiudere il gap. Lo sloveno e il belga rientrano per un soffio grazie a un paio di accelerate impressionanti, mentre il neerlandese rimane passivo sulle ruote dei compagni e aspetta il momento buono per tornare sotto. 

Ai -232 la situazione è la seguente: in testa alla corsa un gruppo foltissimo con la maggior parte dei corridori presenti e a tirare soprattutto Bahrain, Trek-Segafredo e vari singoli che sperano di infilarsi nel tentativo giusto, a circa 30" un drappello assai meno cospicuo in termini numerici dove il peso dell'inseguimento è sulle spalle di Alpecin in primis, data la presenza di Van der Poel, Silvan Dillier e Søren Kragh Andersen dietro, e poi di Lotto Dstny (Caleb Ewan, Frederik Frison), Team Jayco-AIUIa (Michael Matthews, Zdenek Stybar i due più quotati per la gara odierna), Intermarché-Circus-Wanty (Biniam Girmay) e della Israel Premier-Tech (Dylan Teuns, Sep Vanmarcke). Rimasti attardati tra i tanti uomini interessanti anche Peter Sagan (Total Energies) e Neilson Powless (EF Education-EasyPost). La situazione è già scottante, chi insegue è costretto a dar tutto per non restare fuori dai giochi già dopo quaranta chilometri. 

Il lavoro di Kragh Andersen e Dillier è imperfetto: soprattutto il danese quando va in testa a tirare dà accelerazioni troppo forti staccando di ruota i compagni di inseguimento e in tal modo, oltre a rallentare l'inseguimento stesso, si stanca più del giusto. L'ammiraglia Alpecin chiama i rinforzi ben presto poiché il margine continua ad aumentare (tuttavia UAE e Jumbo non danno seguito all'azione scegliendo di rimanere passive in vista del finale) e unendo le forze soprattutto con Israel e Jayco riesce a chiudere il buco ai -213, dopo aver preso tanta paura e soprattutto tanto vento. L'errore grossolano rimane ed è ancor più grave se si pensa che l'anno scorso sempre la Alpecin rimase impigliata nella rete INEOS alla Parigi-Roubaix in un'azione praticamente identica; alcuni uomini chiave per MVDP, inoltre, come Kragh Andersen e Dillier, si ritrovano già senza energie dopo nemmeno cento chilometri. Un inizio tutt'altro che promettente per il favorito numero uno.

Gli imprevisti e le sorprese non sono certo finite qui: dato che la fuga deve ancora nascere in molti ci tengono a restare davanti e a causa di queste tensioni si verifica una caduta ai -211 che spezza il gruppo e in cui vengono coinvolti Danny van Poppel (Bora-Hansgrohe) e Mads Pedersen (Trek). Rimangono indietro a causa del rallentamento gli UAE (Tim Wellens e Pogacar i due big della squadra emiratina), i quali però rispetto alla Alpecin sono molto più rapidi nel fare quadrato attorno al capitano che grazie al lavoro dei passistoni rientra dopo pochi chilometri. I primi settanta chilometri sono stati resi durissimi e peseranno nel finale sulle gambe dei corridori.

Finalmente va la fuga
Dopo oltre 100 chilometri di tira e molla continui, cadute e ritiri eccellenti, tra cui quello del febbricitante Valentin Madouas (Groupama-FDJ) e di Taco van der Hoorn (Intermarché), la fuga riesce finalmente a prendere metri di vantaggio; i cinque fortunati sono Jasper De Buyst (Lotto), Daan Hoole (Trek), Elmar Reinders (Jayco), Filippo Colombo (Q36.5 Pro Cycling Team) e Guillame Van Keirsbulck (Bingoal WB), tutti attivissimi già dalle primissime fasi di corsa. Nel primo segmento in pavé, l'Huisepontweg, dal gruppo evadono altri tre corridori:  Tim Merlier (Soudal Quick-Step), Jonas Rutsch (EF) e Hugo Houle (Israel). I tre rientrano presto sui battistrada e così, ai -156, si forma in testa alla corsa un drappello di otto corridori, mentre il plotone si concede una pausa per bisogni fisiologici e quant'altro. Da segnalare in questo frangente la caduta senza conseguenze per Tosh Van Der Sande (Jumbo) sotto gli occhi del capitano Van Aert, intento a togliersi i gambali. 

Il plotone concede 4'30" alla fuga prima che inizi la bagarre in vista del primo passaggio sull'Oude Kwaremont. Tutte le compagini si portano davanti, aumenta la tensione ed ecco ai -140 l'ennesima caduta: Filip Maciejuk (Bahrain) prova a rimontare sull'esterno della carreggiata ma finisce sull'erba e sbanda in mezzo alla strada buttando a terra oltre metà del gruppo, tra cui Edoardo Affini e Van Aert (Jumbo), Wellens (UAE, rimasto pesantemente colpito e ritirato), Jasper Stuyven (Trek), Julian Alaphilippe (Soudal), Ben Turner (INEOS Grenadiers), Marco Haller (Bora) e Sagan. Ne consegue un ovvio rallentamento e così il margine della fuga diviene superiore ai cinque primi. 

Il plotone va via via ricompattandosi e alle pendici del Kortekeer il vantaggio della fuga sfiora i sei minuti. Team DSM e INEOS si portano davanti e affrontano il muro ad andatura bassissima, quasi fermandosi. La squadra olandese, in prossimità dello scollinamento, dà la frustata cercando di sorprendere tutti coloro che sono più indietro della trentesima posizione, riuscendo a spezzare il gruppo intorno alla centesima posizione. Ancora una volta indietro Van der Poel, ma anche Christophe Laporte (Jumbo), Stuyven e Yves Lampaert (Soudal), tra i più pericolosi. Altro grosso sforzo per chiudere il gap da parte di Kragh Andersen, il quale una volta concluso il lavoro si sfila lasciandosi staccare. Problema meccanico prima dell'Eikenberg per Davide Ballerini (Soudal), che perde metri dalla coda del plotone, rimasto compatto durante questa scalata. Tutto da rifare ma la fuga è a oltre 5' ai -115 e la stanchezza in gruppo è sensibile.

Parte al contrattacco un gruppetto temibilissimo
Ennesima caduta sul pavé di Holleweg, coinvolti Dries Van Gestel (Total), Tim van Dijke (Jumbo) e Magnus Sheffield (INEOS), tutti ripartiti nonostante le difficoltà del belga a rialzarsi. Pedersen attacca violentemente sul Wolvenberg con Kevin Geniets (Groupama), Matteo Trentin (UAE) e Gianni Vermeersch (Alpecin). La Jumbo deve rispondere alle due compagini rivali e lo fa con Nathan Van Hooydonck; il belga riporta sul quartetto anche Max Walscheid (Cofidis), Matteo Jorgenson (Movistar), Connor Swift e Jhonathan Narváez (INEOS), Lampaert, Krists Neilands (Israel), Alex Edmondson (DSM) e soprattutto Pogacar, bravissimo nel muoversi in questi frangenti. Da dietro riconoscono il pericolo e in un paio di chilometri chiudono il buco spendendo altre energie preziose.

Grande lotta quindi per approcciare davanti il Molenberg ai -101, accelerazione sul muro di Kasper Asgreen (Soudal) a cui rispondono bene tutti i big ma concluso il muro se ne vanno Trentin, Van Hooydonck, Fred Wright (Bahrain), Stefan Küng (Groupama), Powless e Narváez, con gli altri a guardarsi tranne Pedersen e Florian Vermeersch (Lotto) che rientrano in un secondo momento. La Alpecin è rimasta fuori dal tentativo ed è costretta ad inseguire quasi senza aiuti, dopo esser già stata costretta a tirare tantissime volte nel corso della gara. Il gap tra inseguitori (1'40" di ritardo dalla fuga ai -95) e il plotone è di soli 15" e quindi lo spazio per ricucire c'è tutto, nonostante i nomi dei contrattaccanti siano davvero ottimi e molto temibili. Ai nove si aggiungono anche Jorgenson e Benoît Cosnefroy (AG2R Citroën Team), rendendo il drappello degli inseguitori sempre più pericoloso. 

Gli undici aumentano mano a mano il vantaggio che ai -90 risulta essere per il plotone ben 1'10", 2'00" dalla fuga. Pedersen, Asgreen e compagnia sono sempre più vicini al colpaccio. Fuga raggiunta dagli inseguitori sul Berg Ten Houte ai -77, il gruppo dista praticamente 2'00", un gap pesantissimo visti i nomi presenti tra i battistrada. Occorre mettere i gregari a tirare al massimo nel lungo segmento pianeggiante che porta al secondo passaggio sul vecchio Kwaremont per poi far partire i capitani. Prima del Kanarieberg si portano in testa gli Jumbo, mentre dietro di loro finiscono a terra Girmay, Matej Mohoric (Bahrain) e Alexander Kristoff (UNO-X Pro Cycling Team). La tattica dei gialloneri, lenti in testa al plotone, è incomprensibile data la situazione (ritardo di due minuti e mezzo, tantissimo). Gli UAE vogliono restare compatti fino ai -68 e poi dare tutto nei quattordici chilometri che portano all'Oude Kwaremont. Il ritardo però è consistente e il ritmo dell'inseguimento bassissimo, tanto che dal gruppo escono anche Nils Politt (Bora), Axel Zingle (Cofidis), Matis Louvel (Arkéa-Samsic) e Sandy Dujardin (Total). 

Si muovono i tre Grandi
Giunti nel tratto in pianura ecco che i compagni di Pogacar si portano in testa e iniziano a menare al massimo per riprendere ai battistrada il più alto numero di secondi possibile. Alle pendici del Kwaremont quelli davanti hanno 2'15" sul gruppo dove Pogi parte secco sorprendendo Van Aert e Van der Poel, rimasti indietro prima dell'ingresso sul muro. Tadej lascia tutti sul posto, riprende Zingle e Politt e si lancia in solitaria all'inseguimento dei battistrada, rimasti solamente in dodici (i contrattaccanti più Rutsch). Wout e Mathieu rispondono meno brillantemente insieme a Laporte e Tom Pidcock (INEOS) ma in cima al muro non sono troppo distanti dallo sloveno. Il vantaggio dei primi è però comunque di 1'45". 

Pogi non attende gli altri e fa in solitaria anche il Paterberg, scollinando con 1'35" di ritardo e con poco più di 15" su MVDP, WVA, Laporte e Pidcock, i quali gestiscono il muro pensando anche a ciò che li attende negli ultimi cinquanta chilometri. Tadej comprende che per rientrare in testa è necessario girare con gli altri e si ferma ad aspettarli, ma un po' a sorpresa Laporte parte da solo costringendo Pidcock e Van der Poel a tirare per riprendere il francese e Pogacar, il quale nel frattempo si è agganciato alla ruota del portacolori della Jumbo.

Sul Koppenberg si stacca anche Rutsch e rimangono in testa i soliti undici, guidati da Pedersen, Asgreen e Trentin su uno dei muri più duri di giornata. Dietro forza ancora Pogacar, il più forte in corsa, rispondono Van der Poel (rientrato su Laporte e lo sloveno prima del pavé grazie all'aiuto di Pidcock) e Van Aert, mentre Tom e Christophe si staccano perdendo oltre 30". Il belga è più brillante di Mathieu che però resiste fino alla cima scollinando con gli altri due. Ai -42 il loro distacco dalla testa è di un minuto. Tutto ancora aperto, i tre titani sono pienamente in gioco per la vittoria finale.

Lo Steenbeekdries scorre via senza sussulti, sul Taaienberg è Asgreen a forzare l'andatura mandando in difficoltà Cosnefroy e Narváez, mentre tutti gli altri resistono al cambio di ritmo del danese. Dietro invece è WVA che prova ad aumentare, tenuto agilmente da Pogacar e anche da Van der Poel, rientrato nonostante un problema al cambio gli abbia fatto perdere qualche secondo. In cima al Taaienberg, ai -37, il vantaggio dei leader è di 40" su Pogi, MVDP e Wout; Laporte e Pidcock sono invece a 1'25".

Le difficoltà di Van Aert
Il braccio di ferro tra i nove davanti e i tre dietro è molto equilibrato e il ritardo rimane stabile intorno ai 40". Prima del Kruisberg scappa via Pedersen, quelli dietro tentennano e nel G3 attacca violentemente Van der Poel, seguito da Pogacar ma non da Van Aert, il quale perde metri ed è costretto ad un nuovo sforzo per tentare di rientrare sui due avversari, mancando però l'aggancio e dimostrandosi ancora una volta un passo indietro rispetto due avversari sui muri. Dopo l'Hotond il margine di Mads è di 11" sugli inseguitori, 29" su Van der Poel e Pogacar (che raggiungono Vermeersch) e 37" su Van Aert. 

Ai -22 c'è l'aggancio di Pogi e Mathieu sugli inseguitori, mentre Van Hooydonck si ferma ad aspettare WVA, distante circa 15" dal drappello dei succitati. A due muri dal termine è chiaro che quelli con più possibilità di vittoria sono Pogacar e Van der Poel, mentre NVH dà tutto per riportare sotto un Van Aert visibilmente in difficoltà e con un taglio sul ginocchio sinistro dovuto alla caduta causata da Maciejuk.

Pogacar compie un numero clamoroso sul “suo” Oude Kwaremont
Tadej sferra l'attacco sulle prime rampe dell'Oude Kwaremont e stacca anche MVDP, andando a riprendere Pedersen intorno a metà del muro e staccandolo subito dopo. Van der Poel sale regolare cercando di limitare i danni e a sua volta salta via il danese prima della fine del Kwaremont. Più indietro invece Van Aert si riporta sugli inseguitori ma deve dire addio al sogno della vittoria finale. Pogi soffre sul Paterberg ma riesce a tenere un gran ritmo fino in cima scollinando con 15" su Van der Poel, 45" su Pedersen poco più su Powless e gli altri attardati tra cui Asgreen e Van Aert.

Si entra negli ultimi dieci chilometri con Pogacar in testa alla corsa, Van der Poel distante 20" al suo inseguimento e gli altri, compresi Pedersen e Powless, a circa 50". Teoricamente un ricongiungimento tra i primi due sarebbe ancora possibile, ma la gamba dello sloveno è debordante e così sia Mathieu che il gruppo di Wout continuano a perdere dal battistrada, fenomeno clamoroso capace di vincere qualsiasi corsa del mondo e con tutta l'inerzia dalla propria parte in questo finale di gara. Mathieu allora deve iniziare a difendere il secondo posto, mentre nel terzo drappello si pensa al podio. A giocarsi la terza piazza saranno Küng, Powless, Asgreen, Wright, Jorgenson e i due favoriti Pedersen e Van Aert

Gli ultimissimi chilometri sono una lunga passerella per Pogacar, vincitore clamoroso di uno dei Fiandre più dispendiosi della storia, nonché il più rapido per velocità media (44.1 km/h). Tadej può godersi il successo ed alzare le braccia al cielo al termine di una cavalcata memorabile che entra direttamente nella storia del ciclismo. Mathieu è secondo, ad affiancarli sul podio non c'è Van Aert bensì Pedersen, capace di battere il belga di un'incollatura grazie ad una volata lunghissima. Il miglior italiano all'arrivo è proprio Matteo Trentin, decimo dopo esser stato un uomo fondamentale per il capitano Pogacar.

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