
Elogio del landismo, la filosofia di vita di «chi ha cercato la maniera e non l'ha trovata mai»
Il nostro omaggio allo sfortunato corridore basco, caduto nella prima tappa del Giro
Lo abbiamo aspettato mille volte nella sua lunga carriera, in cui l'eco dei dispiaceri ha sovrastato il fragore delle vittorie. Eppure, Mikel Landa è diventato un personaggio di culto del ciclismo contemporaneo. Di più: il Godot della bicicletta che - per un motivo o per un altro - suscita attese quasi mai ripagate dai fatti. Intorno al corridore basco è nata una vera e propria filosofia di vita, il landismo, praticata da chi vive nell'attesa (spesso vana) di uno scampolo di gloria.
Appunti sparsi sul landismo
Non c'è risentimento né livore nei landisti, che hanno ormai fatto pace con le sue frequenti disavventure, l'ultima delle quali gli è costata la frattura di una vertebra per una caduta alle porte di Tirana. Sarebbe ingiusto sostenere che Landa sia il feticcio di coloro che, dopo tante delusioni e altrettante cadute, sono scesi a patti con il destino pur di sottrarsi alla morsa dei rimpianti. Tuttavia, è innegabile che il ragazzo abbia sviluppato un'attitudine zen per lenire i dispiaceri accumulati nel corso degli anni e continuare a correre ad alto livello. Pensateci: un campione di primissima grandezza come Vincenzo Nibali aveva un grosso punto debole, lo spunto veloce. L'unica volta o quasi in cui vinse uno sprint a due - era la quintultima tappa del Giro 2017 con arrivo a Bormio - riuscì a battere Mikel Landa. Che, da quel giorno, ha sempre oscillato tra mestizia e impotenza.
La storia si ripete due mesi dopo al Tour de France: il Velodrome di Marsiglia ospita l'ultima crono della Grande Boucle ormai in pugno al suo compagno di squadra Christopher Froome. Dopo aver scalato la classifica nell'ultima settimana di corsa, Landa ha l'occasione di salire sul podio. Certo: le sfide contro il tempo non lo hanno mai esaltato, ma la rincorsa al suo rivale Romain Bardet - a cui deve recuperare 1'13" - non è affatto impossibile. Ancora una volta, la sorte ha deciso di scherzare sulla sua pelle, inchiodandolo al 4° posto per un solo secondo. Un segundo de más: il dramma sportivo che sfocia nel surreale.

Le sue incompiute di culto
Questi due episodi spiegano perfettamente il senso più profondo del landismo: metà beffa, metà rassegnazione. I frequenti capricci del fato - che gli erano già costati un altro, precoce ritiro dal Gir d'Italia nel 2021 - e le speranze quasi sempre frustrate dopo uno scatto all'apparenza promettente hanno forgiato la personalità di Landa e dei suoi sostenitori. Che avrebbero potuto consacrarsi a un campione di razza e, invece, hanno imparato ad amare un atleta e un uomo che, da vero artista della fatica, non ha trovato la sua soddisfazione nelle (non poche) vittorie, bensì nell'incompiutezza. Anche quando non sarà più in gruppo, Mikel Landa sarà esattamente questo: un uomo che, parafrasando Ivano Fossati, «ha cercato la maniera/e non l'ha trovata mai». Ma poco importa: i landisti continueranno ad aspettare il loro Godot, con il cuore in pace.