
Il campionato italiano: una lezione umana e scientifica
La vittoria di Filippo Conca segna un punto di svolta per il ciclismo italiano: cosa ci lascia (e dove ci porta?) la vittoria dell'atleta dello Swatt Club
Le lacrime di Filippo Conca, subito dopo aver tagliato il traguardo, non sono soltanto la rabbia accumulata per mesi, che finalmente trova una via d’uscita per lasciare spazio alla gioia. Quei singhiozzi sono, senza retorica, l’essenza stessa dello sport.
Perché niente, come lo sport, sa offrirti una nuova occasione dopo una sconfitta, un infortunio, un fallimento: un’altra corsa, un’altra partita, un’altra volta. Certo, arriva sempre il momento in cui le porte si chiudono definitivamente – è la natura a ricordarcelo – ma quella lezione rimane, e con essa rimani anche tu.
Vale anche da semplice tifoso, che conosce quella dolce sensazione di rinascita della prima di campionato, qualunque sia stato l’esito della precedente. Uno sport dove ogni carriera vuole essere una linea tracciata verso l’immortalità, l’eugenetica di un superuomo che supera se stesso; questo senso ciclico, fatto di stagioni, sconfitte e trionfi, riporta l’atleta nella sua dimensione più ancestrale, atavica, naturale, semplicemente umana.

Un risveglio traumatico per il ciclismo italiano
Il campionato italiano a Gorizia non lascia soltanto questo insegnamento, per quanto bello ed emozionante, vivaddio!, ma forse ci regala qualcosa di ancora più concreto, un messaggio prezioso per tutto il ciclismo italiano.
Molto si è parlato dello Swatt Club in questi mesi e, prima di loro, di chi con caparbietà e l’aiuto della scienza sta provando a entrare nel mondo del ciclismo professionistico. Piattaforme come Zwift, che offrono un contratto da professionista al vincitore della loro Academy, sono state criticate e derise, viste come un capriccio tecnologico; ma nei fatti hanno confermato che la strada per il professionismo, per l’alta prestazione, non è unica.
È un risveglio traumatico per una larga parte del ciclismo italiano, che in questi anni ha pagato un gap di risultati rispetto ad altre federazioni. È un messaggio da ricevere e fare tesoro, quello avuto a Gorizia, articolato in almeno tre ambiti: preparazione, reclutamento atleti, narrazione.
La ricetta vincente dello Swatt Club
Per quanto riguarda la scientifica preparazione atletica, sappiamo che lo Swatt Club ne fa un punto d’orgoglio. Rappresenta la vera democratizzazione della conoscenza, la dimostrazione che la letteratura scientifica è a disposizione di tutti coloro che hanno testa e volontà di studiare, lavorare e sperimentare. Si parla spesso di misteriose “ricette segrete” che trasformerebbero alcuni corridori in super-atleti. In realtà, la vera differenza la fanno le risorse economiche e umane, che permettono a certi percorsi di essere più rapidi ed efficaci. È così in ogni ambito scientifico: il mito dello scienziato solitario, chiuso in un laboratorio polveroso, che scopre il segreto dell’universo, appartiene più ai romanzi che alla realtà. Il progresso nasce dallo studio, dagli investimenti, dalla capacità di collaborare, e – soprattutto – dal coraggio di rimettere in discussione vecchie convinzioni. I ragazzi dello Swatt Club stanno facendo proprio questo: hanno infranto l’idea dell’atleta come semplice esecutore, hanno dimostrato che anche un singolo, studiando e allenandosi con metodo, può migliorare le proprie prestazioni fino a sfidare i migliori. È una lezione che va oltre il ciclismo: democratizzare la conoscenza, soprattutto quella scientifica, ci rende tutti più liberi, più consapevoli, più padroni del nostro destino. Lo studio rimane, oggi come ieri, l’antidoto migliore contro l’alienazione.

Sul reclutamento, non mi sento qualificato a scrivere, ma la vittoria di Conca costringe a farsi delle domande. Com’è possibile che nessuna squadra abbia voluto dargli un’altra chance? Quali parametri guidano davvero la scelta di confermare o lasciar andare un atleta? Non ho risposte, ma penso che serva ripensare la base stessa del sistema: come viene proposto lo sport a tutti, fin da piccoli, come si costruisce il percorso d’élite, che significato politico e culturale diamo alla pratica atletica. Ho il timore che la distanza tra il vertice e la base (quando e quanto c’è) sia ancora troppo ampia. E questa distanza, nell’epoca dell’allenamento scientifico già nell’adolescenza, non si traduce solo in risultati modesti, ma – cosa ancora più grave – in un peggioramento della salute e della cultura sportiva dell’intera popolazione.
In ultimo, la narrazione. Lo Swatt Club vince su tutta la linea: meglio di chiunque altro ha utilizzato social, podcast, ha saputo creare dal nulla una fan zone capace di seguirli, sostenerli, raccontarli. Sono forme narrative non più così nuove, ma ancora fresche e potentissime, che stanno surclassando i canali tradizionali. Anche il mondo del giornalismo dovrebbe approfittare di questa vittoria di Conca per aprirsi a nuove letture; magari si capisce che in Friuli non ha perso il ciclismo italiano, “il peggior campionato italiano della storia”, come qualcuno ha scritto: al contrario, per tutto il movimento si apre una grande opportunità di cambiamento. Il ciclismo perderebbe davvero solo se non sapesse ascoltare il messaggio uscito assieme alle lacrime sincere e bellissime del campione italiano 2025, Filippo Conca dello Swatt Club.