Filippo Ganna © INEOS Grenadiers
L'Artiglio di Gaviglio

Altro che #FreeGanna, Pippo tutta la vita in INEOS!

A dispetto del desiderio di molti di vederlo correre altrove, il Corazziere di Verbania deve molto al team inglese che, peraltro, sta cambiando pelle e in futuro avrà proprio nell’italiano uno dei cardini

07.09.2023 23:50

“Eeeeh, se non avesse dovuto lavorare per Kwiatkowski e Pidcock, poteva vincere la Sanremo!”… “Se non lo facessero tirare in tutte le tappe come un mulo, vincerebbe il Giro!”… “Ganna deve correre da capitano!!!!!” 

Quante ne abbiamo sentite di frasi come queste, negli ultimi anni, puntualmente accompagnate da accorati appelli alla liberazione di Filippo Ganna dal giogo INEOS, magari all’insegna dell’hashtag #FreeGanna? E in quanti sono convinti che i perfidi albionici, sottomettendo il Pippone nazionale alle loro ferree logiche di squadra, abbiano fin qui tarpato le ali di una luminosa carriera su strada vincente, almeno, quanto quella su pista? Perché certo, il Corazziere di Verbania ha comunque vinto molto anche lontano dai velodromi – su tutto, i due titoli mondiali a cronometro, le tappe al Giro e, giusto qualche giorno fa, alla Vuelta – ma, secondo la vox populi, quante altre corse avrebbe già potuto vincere, il Nostro, indossando un’altra maglia?

E per carità, sicuramente c’è stata qualche occasione in cui Ganna avrebbe meritato più spazio, ma sarebbe onesto mettere, sull’altro piatto della bilancia, il supporto che la INEOS gli ha dato – in termini di tecnologia, allenamento, programmazione e più in generale, come dicono appunto gli anglosassoni, in termini di know how – nel consacrarsi definitivamente come il più forte inseguitore della storia (nessuno, prima, si era anche solo avvicinato alla conquista di sei titoli mondiali della specialità, e tutto lascia pensare che la collezione sia destinata ad arricchirsi ulteriormente), nonché in uno dei cronomen più forti di sempre, e nel detentore del record dell’ora. E proprio il modo scientifico in cui quest’ultimo traguardo è stato raggiunto dovrebbe bastare, da solo, a fugare ogni dubbio su quanto sia stata importante, per la crescita del corridore piemontese, la sua militanza nel team britannico.

Ad ogni modo, il drastico ridimensionamento cui sembra andare incontro la squadra diretta da Dave Brailsford dovrebbe convincere anche gli scettici che, quella attuale, continuerà ad essere la migliore sistemazione possibile per il portabandiera del ciclismo italiano. Le annunciate partenze di Tao Geoghegan Hart, Daniel Martínez e Pavel Sivakov, unite all’incertezza sulla permanenza di Carlos Rodríguez, certificano, infatti, la definitiva abdicazione del fu Team Sky dal suo ruolo egemone nelle grandi gare a tappe, per la verità già pesantemente messo in discussione, negli ultimi anni, dalla UAE e soprattutto dalla Jumbo-Visma. Anzi, proprio il trasferimento al team olandese di un altro uomo INEOS, Ben Tulett, ha sancito in maniera plastica l’avvenuto passaggio di consegne: il giovane talento britannico, infatti, ha spiegato la sua firma per la Jumbo con la volontà – sue testuali parole – di «crescere come corridore da gare a tappe». E chi mai, anche solo fino alla scorsa stagione, si sarebbe sognato di lasciare la Sky o la INEOS avendo come proprio intento quello di “crescere nelle gare a tappe”?

Che, oltre ad un ridimensionamento, si stia assistendo ad un cambio di pelle di quella che fu la squadra di Bradley Wiggins e Chris Froome, infatti, è del tutto evidente: sorvolando sulla delicata situazione di Egan Bernal, che pure ha davanti a sé altri tre anni di contratto, e al quale tutti noi auguriamo di tornare sui livelli precedenti al pauroso incidente di inizio 2022, al momento i nomi spendibili per una corsa di tre settimane sono quelli dell’ottuagenario Geraint Thomas – il cui successo sfiorato al Giro di quest’anno ha somigliato tanto ad un canto del cigno – e dell’incostante Thymen Arensman, mai apparso al livello dei migliori e, peraltro, uscito letteralmente con le ossa rotte da questa Vuelta. Sul lungo termine si può sperare, tutt’al più, nella crescita di Leo Hayter, un anno fa dominatore assoluto del Giro Baby, mentre già la carriera di Tom Pidcock sembra avere imboccato un’altra parabola, decisamente più improntata ai successi di tappa e alle corse di un giorno.

Già, le classiche: in un ciclismo dei grandi giri oggi monopolizzato da Jonas Vingegaard, Tadej Pogačar e dai rispettivi blocchi, e nel quale tutt’al più spetta a Remco Evenepoel il compito di destabilizzarne il duopolio, per la INEOS è diventato necessario reinventarsi focalizzando l’attenzione, quindi, proprio sulle gare in linea. Ed ecco che, allora, un uomo come Filippo Ganna può davvero diventare centrale nel nuovo progetto, integrandosi alla perfezione, per caratteristiche e versatilità, in un gruppo che avrà in Ben Turner, Magnus Sheffield, Ethan Hayter e nello stesso Pidcock gli altri uomini di riferimento. Anzi, nell’epoca in cui la stessa Soudal-Quick Step a trazione Evenepoel pare destinata al percorso inverso – trasformandosi, da squadra di riferimento per le classiche, in un team chiamato a supportare il proprio giovane e fenomenale leader nelle grandi gare a tappe – ecco che lo spazio lasciato libero dal Wolfpack può essere colmato proprio dalla nuova INEOS: uno squadrone a più punte che, puntando sulla forza del collettivo e dunque sulla molteplicità di soluzioni tattiche a disposizione, si candidi a sfidare le grandi individualità rappresentate da Mathieu van der Poel e, ancora, da quel prezzemolino di Pogačar, uno con cui pare inevitabile avere sempre a che fare, corsa a tappe o di un giorno che sia.

Un contesto del genere sarebbe ideale per Ganna: non il capitano unico da portare allo scontro frontale con i mammasantissima di turno, in cui comunque rischierebbe di essere sempre soccombente e fare la fine, tanto per capirci, del povero Van Aert (a cui Geraint Thomas, peraltro, lo ha perfidamente accostato proprio in questi giorni, paragonando il gran lavoro di Pippo alla Vuelta a quello che è solito fare Wout al Tour de France), bensì uno dei co-capitani con licenza di attaccare da lontano, beneficiando quindi della protezione dei compagni e, magari, di quel pizzico di libertà in più da parte dei rivali. Un Ganna in modalità Terpstra, tanto per capirci, ma con un motore indubbiamente superiore a quello dell’onesto olandese che, pur non essendo un fenomeno assoluto, in carriera è riuscito a vincere sia il Fiandre che la Roubaix. Sarebbe da metterci la firma, non credete?

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