Gianni Savio ancora in prima linea coi ragazzi della sua nuova squadra © GW Shimano-Sidermec
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«Questa mia maledetta passione non si spegnerà mai!»

Intervista esclusiva a Gianni Savio, storico team manager che a quasi 75 anni riparte dalla categoria Continental con un progetto giovane, colombiano, proiettato al futuro: «Torneremo tra le Professional». Tra gli obiettivi stagionali il Giro U23

Anche Gianni Savio è umano. Raggiunto telefonicamente in uno dei più rigidi pomeriggi dell'inverno in corso, il Principe del ciclismo italiano confessa di essere un po' stanco: «Sono da poco rientrato a Torino, dopo essere stato in Venezuela per seguire la Vuelta al Táchira e in Colombia per la presentazione della squadra», racconta, non nascondendo di doversi ancora riprendere appieno, dopo un inizio di anno più ricco del solito di appuntamenti.

Non per questo Savio si nega a una lunga chiacchierata, anzi; la voglia di parlare di ciclismo e della sua nuova avventura è sì, disumana, la stessa con cui, a quasi 75 anni, ha deciso di rimettersi in discussione, nonostante l'enorme delusione vissuta l'anno scorso. «Io e Marco Bellini siamo riusciti a far fronte al disastro del mancato pagamento di quanto dovuto da Drone Hopper, a partire dalla metà della passata stagione, grazie alla fideiussone da loro stessi depositata e all'aiuto di alcune realtà, prima fra tutte la Sidermec di Pino Buda, un gran signore innamorato di questo sport, pagando tutto quello che c'era da pagare. Con Drone Hopper avevamo un contratto di 4 anni, paradossalmente ancora valido. Era sì una start-up, ma che aveva ricevuto fondi europei per il suo progetto di realizzazione e vendita di droni. Qualcosa, in quel progetto, è andato storto, i dirigenti hanno sperperato i fondi a loro disposizione, e ne abbiamo pagato le conseguenze anche noi. Pensavamo di aver trovato il partner giusto per fare il salto di qualità, addirittura per guardare al World Tour; purtroppo il salto lo abbiamo fatto all'indietro».

Tanto da dover ripartire da una Continental colombiana.
«Nel momento in cui i soldi di Drone Hopper hanno smesso di arrivare, abbiamo iniziato la ricerca di uno sponsor alternativo, rendendoci però conto immediatamente che, tra pandemia, guerra e crisi energetica, sarebbe stato impossibile reperire il milione e mezzo di euro a stagione, pattuito con la start-up spagnola. Dal primo momento, ho detto che mi sarebbe stato bene partire da zero, a patto che alla base ci fosse un vero progetto: una squadra che partisse non da una base di corridori non confermati da altre squadre – con tutto il rispetto per loro – ma dai giovani».

Giovani colombiani che le hanno riservato tantissime soddisfazioni.
«Ho ricevuto diverse proposte dall'estero, dall'Australia come dal Sudafrica, ma in Colombia ho credibilità e popolarità, visti tutti i corridori di quel Paese che ho lanciato nel professionismo, su tutti Egan Bernal. Anche per questo, abbiamo scelto la GW Shimano. L'azienda è la più importante fabbrica di biciclette della Colombia, oltre a essere l'importatore in esclusiva per Shimano nel Paese. Una base solida, di fatto il contrario di quello che poteva essere una start-up come Drone Hopper».

Una scelta porta con sé delle rinunce. Con questa, tra le altre cose, ha perso il suo storico staff, a partire da Giovanni Ellena.
«Siamo stati insieme tanti anni [17, ndr], in cui ci siamo tolti grandissime soddisfazioni. Quando mi ha comunicato di aver ricevuto una proposta dalla Eolo, sono stato molto contento, come sono stato contento che Alessandro Spezialetti sia andato alla Bingoal, Leonardo Canciani abbia trovato posto al China Glory Team e Giampaolo Cheula, al fianco di un'attività privata, riesca a seguire l'Aries Cycling».

Non c'era proprio modo di proseguire insieme?
«Cerco sempre di guardare le cose razionalmente», spiega Savio, facendosi ancora più serio. «L'operazione che ha portato alla nascita della GW Shimano-Sidermec l'ho condotta con Luis Alfonso Celi, che era ed è il direttore sportivo della squadra. Essendo una Continental, non c'è stato posto per nessun altro. È stata la giusta soluzione per tutti».

Se a lei è andata male con Drone Hopper, non è andata meglio, almeno per ora, a Davide Cassani, il cui progetto di fondare una squadra World Tour è, al momento, in standby. Perché è così difficile reperire fondi in Italia, un Paese in cui enti pubblici hanno sborsato più di 6 milioni di euro per assicurarsi la partenza del Tour de France 2024, riconoscendo le enormi possibilità che questo sport garantisce in termini di visibilità?
«I soldi non ci sono», taglia corto Savio. «Anche Davide, persona intelligente e valida sotto il profilo mediatico, tecnico e gestionale era partito dicendo che stava costruendo la squadra per il WT; poi, accortosi della grande difficoltà di trovare sponsor, ha abbassato il profilo, puntando a un alto livello Professional, per poi adeguarsi alla situazione e partire anche lui con una Continental [la InEmiliaRomagna, che però, a detta dello stesso Cassani, è un progetto parallelo a quello di una nuova squadra di livello superiore, ndr]. La mia è una constatazione, ho davvero grande stima per Cassani, ma i grandi nomi che sarebbero dovuti entrare nel suo progetto, almeno per il momento, non l'hanno fatto. Come mai? La risposta non ce l'ho, credo non l'abbia nemmeno lo stesso Davide».

Viviamo un momento storico in cui, alle difficoltà economiche, si aggiunge l'assenza di un nome italiano di grande richiamo.
«Un altro Nibali al momento non c'è. Dipende anche dai momenti storici, dai cicli. Ci sono generazioni di corridori speciali, oppure grandi campioni isolati, a cui non fanno subito seguito altri. Adesso in Italia ci sono tanti corridori validi, interessanti, ma il campione con la C maiuscola non esiste. A oggi, si fa fatica a trovarne uno anche per il futuro».

Per i team di medio livello, poi, le cose si sono fatte sempre più difficili, negli ultimi anni: le squadre del World Tour sono sempre più organizzate, in grado di scovare talenti ovunque e di farli crescere nelle loro Continental o in quelle a loro affiliate.
«Le squadre maggiori cannibalizzano tutto. Per sopravvivere e competere con le grandi, certe squadre devono fare i miracoli. Non si può pensare di garantire sempre un certo ricambio generazionale, di scoprire nuovi talenti uno dopo l'altro, tanto più ora che anche le squadre del World Tour fanno passare professionisti corridori giovanissimi. Io ne ho scoperti tanti», afferma orgoglioso Savio, «ma uno come Egan Bernal nasce ogni 20 anni. Trovare un equilibrio economico-sportivo per le medie squadre è una vera e propria impresa. Il premio di valorizzazione che abbiamo introdotto non risolve tutti i problemi, ma certamente aiuta».

Parliamo dei suoi giovani di oggi. Come è iniziata la nuova stagione?
«Bene! Siamo partiti con due vittorie alla Vuelta al Táchira, la prima con uno dei ragazzi più promettenti della squadra, Jonathan Guatibonza. È un colombiano atipico, forte in volata perché dotato di una potenza esplosiva notevole. Ha solo 18 anni ma, se non si monterà la testa, farà strada nel ciclismo. I numeri ci sono».

Altri ragazzi interessanti?
«C'è Germán Gómez, che lo scorso anno ha vinto il campionato colombiano sub23, la Vuelta del Porvenir [la Vuelta a Colombia under 23, ndr], e che quest'anno è partito aggiudicandosi la prova a cronometro under dei campionati nazionali di Bucaramanga. Un altro giovane interessante è Andres Mancipe, medaglia d'argento al campionato colombiano sub23».

E Santiago Umba?
«Santi è un corridore sfortunato. Due anni fa ha fatto una bellissima stagione, a mio avviso è un vero talento, ma l'anno scorso, dopo una caduta, ha iniziato ad avere problemi fisici, in particolare a un ginocchio, che non è tuttora riuscito a superare. Nelle nostre intenzioni, questo avrebbe dovuto essere l'anno del rilancio, ma è partito all'insegna dei soliti problemi. Non gli abbiamo fatto correre la Vuelta al Táchira per permettergli di ripartire dal Laigueglia, ma il ginocchio lo ha costretto a un nuovo stop. Ora è a Bogotà e, tramite il Ministero, sta facendo una serie di esami che permetteranno di definire un programma di riabilitazione. Santi è un ragazzo a posto, ha una famiglia che lo assiste e un grande amico in Nairo Quintana, con cui si allena. Spero riesca a mettersi alle spalle questo problema e a ripartire».

In Liguria, il prossimo primo marzo, non ci sarà nemmeno Alejandro Osorio.
«Anche lui si sta riprendendo da una stagione ai box ma, come Umba, non è stato fortunato: in occasione del Circuito Feria de Manizales, è stato pesantemente colpito da quello che in Colombia chiamano “virus estomacal”, da cui sta iniziando a riprendersi solo ora. Arriverà in Italia per affrontare il secondo blocco di corse, dopo Laigueglia, Per Sempre Alfredo, Coppi e Bartali».

Tra queste, ci sarà anche il Giro Under 23.
«Abbiamo fatto richiesta alla Federazione, ma non abbiamo ancora la certezza di partecipare. Speriamo davvero di poterlo fare, il Giro è uno dei grandi obiettivi della nostra stagione».

Gli altri?
«Il primo è quello di far crescere i giovani. Parlando di risultati, ci piacerebbe ottenere una decina di vittorie. L'anno scorso, con tutte le difficoltà del caso, siamo arrivati a 6, quest'anno siamo già a quota tre. Certo, il livello non è lo stesso, ma vincere non è mai facile».

E l'anno prossimo?
«L'obiettivo», afferma Savio senza indugi, «è tornare Professional, vedremo con che licenza. Dirlo ora è prematuro. Quel che è certo è che la mia maledetta passione per questo sport non si spegnerà mai. Anche questa stagione, in una realtà diversa da quelle a cui ero abituato, l'ho affrontata con lo stesso entusiasmo di quando ho iniziato quarant'anni fa».

Cosa rende così irrinunciabile la vita nelle corse?
«Il ritrovo di partenza, l'adrenalina della corsa, il momento magico dell'arrivo... Ma anche la grande soddisfazione di scoprire dei giovani, lanciarli nei professionisti e, in alcuni casi, riuscire a cambiare economicamente la vita di una persona. Sono soddisfazioni uniche».

L'augurio è che il Principe del ciclismo italiano riesca a togliersene tante altre. Continuare a vederlo passeggiare nervosamente dopo la linea del traguardo, in attesa dell'arrivo dei corridori, è un piacere di cui, almeno per quest'anno, potremo continuare a godere.

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Nonostante tutto, il ciclismo è la mia unica passione.