
Sergio Chumil: sarà quel che sarà!
Dal Centro America alla vecchia Europa, la prima vittoria da professionista e la storia del corridore guatemalteco
...Che sarà, che sarà, che sarà
Che sarà della mia vita chi lo sa?
So far tutto o forse niente
Da domani si vedrà
E sarà, sarà quel che sarà!
(Che sarà - Ricchi e poveri)
Il passo di Derek Gee si fa sempre più incalzante, lungo la salita che deciderà le sorti del Gran Camiño. Si giunge sul Cebreiro, snodo cruciale tra le regioni della Galizia e della Castiglia e Leon, nonché per i pellegrini che percorrono il celebre Cammino di Santiago. A ben pensarci può essere un nuovo snodo importante anche per la carriera del corridore canadese, già conosciuto per la sua tigna da fuggitivo impavido al Giro d'Italia e come apprendista capitano da gare a tappe nell'ultimo Tour de France. Non si accontenta più di fare la differenza a cronometro, il buon Derek, ma vuol dire la sua anche in salita. Accelera con una progressione notevole e in pochi istanti, quando ancora mancano quattordici chilometri alla vetta, toglie tutti di ruota. Tutti meno uno. Meno che quella maglia insolita, caratterizzata dai colori bianco e celeste che potrebbe portare i più romantici a rivivere i mitici tempi della Bianchi.
Quel bianco e quel celeste variamente disposti rivelano però un orgoglio nuovo. Una volontà di mostrare all'intero mondo ciclistico che quei colori non debbano restare un qualcosa d'insolito ma divenire sempre più familiari nel corso del tempo. Quel bianco e quel celeste sono i colori della maglia di campione nazionale del Guatemala e fanno bella mostra sul petto di Sergio Chumil, l'unico a non mollare la ruota di Gee in salita. Una condotta tenace e per nulla intimorita nei confronti del collega, già decisamente più affermato di lui ma ancora annoverabile nella categoria "emergenti". Sergio non si schioda, resiste con quell'atteggiamento che a vederlo dall'altra prospettiva potrebbe apparire perfino irritante ma che rientra perfettamente nei canoni delle lecite tattiche di gara. Oramai Derek non lo stacca più, può solo sperare di batterlo in volata. Sergio però resiste ancora, anzi si lancia in una progressione esplosiva, si affianca a Gee e lo passa di quel tanto che basta per precederlo di pochi centimetri sul traguardo. Una vittoria che fa rumore, che porta una ventata d'aria nuova e che, a ben vedere, molto dice della personalità di quel ragazzo che il ciclismo europeo aveva cominciato ad immaginarlo, senza però saperne poi così tanto. I suoi idoli, quelli come Manuel Rodas (tredici volte campione nazionale, per lo più a cronometro), erano coloro abituati a dare spettacolo sulle strade della Vuelta a Guatemala, fungendo da punto di riferimento per i ragazzi che si avvicinavano a quello che, nello stato centramericano, era uno sport ancora alla ricerca della popolarità.
Dal Centro America all'Europa: la storia di Sergio Chumil
La storia ciclistica di Sergio, nato e cresciuto nel piccolo villaggio di Aldea Chuachali, a poca distanza dalla città di Tecpán, del resto era nata un po' per caso: a lui piaceva semplicemente uscire in bicicletta con suo padre e con un amico per il gusto di pedalare, dal momento che era ben concentrato sullo studio. La passione ha finito col prendere il sopravvento e così, arrivato ai 15 anni, decise di iscriversi ad un club ciclistico del proprio paese per provare a trasformare una bella passione in qualcosa di più serio. Nonostante alcune difficoltà iniziali per via delle risorse economiche non così ampie, Sergio venne comunque incoraggiato dal padre a continuare e nel breve volgere di pochi anni cominciò a rivelare le proprie qualità, soprattutto nelle corse più impegnative: a soli 19 anni fece il suo debutto alla Vuelta a Guatemala (conquistando anche un buon terzo posto di tappa) e mettendosi in evidenza in alcune gare a tappe per lo più nel Centro-America. In una di queste, la Vuelta a Panama del 2021, venne notato da uno dei tecnici del Club Cortizo, formazione spagnola impegnata in quella gara, che gli propose di andare a correre in Europa. Per Chumil è stata l'occasione della svolta: finalmente avrebbe potuto cominciare a competere in quel ciclismo nel Vecchio Continente di cui aveva sentito parlare soltanto sommariamente, la ghiotta opportunità per provare a diventare realmente un corridore di un certo livello. Le sue doti in salita nelle gare dilettantistiche spagnole non sono passate inosservate, tanto che nel 2024 un nuovo momento di svolta è stato rappresentato dalla chiamata della Burgos, formazione in grado di ben comportarsi anche alla Vuelta di Spagna, in cui spesso ha finito per rivelare nuovi e interessanti talenti. 
Per Sergio, riuscito già ad eguagliare le gesta di José Rolando Ovando (unico altro corridore guatemalteco a correre da professionista in Europa tra gli anni Ottanta e Novanta, vestendo anche le casacche di Reynolds e Once) si è trattato di un ulteriore salto di qualità che ha richiesto un nuovo adattamento ma le sue qualità di scalatore sono venute fuori già dopo pochi mesi: alla Volta Portugal si è aggiudicato infatti l'arrivo in quota di Torre e questo ha contribuito a concentrare su di lui nuove attenzioni anche in patria, tanto che per la prima volta è stato selezionato per vestire i colori della sua nazionale ai campionati mondiali: a Zurigo ha potuto prendere parte sia alla prova iridata a cronometro (conclusa in quarantunesima posizione) che a quella in linea (non portata a termine), a dimostrazione di quanto le cose stiano iniziando a cambiare per il piccolo paese in cui, in tempi remoti, dimoravano i Maya.

Una Vuelta di Spagna storica, ma complicata
Dopo un inizio di stagione anticipato alla "mitica" Vuelta a Costa Rica per iniziare a scaldare la gamba, le prime prestazioni di Sergio Chumil sono state molto confortanti e la vittoria di prestigio ottenuta in un contesto come quello del Gran Camiño è stata utile anche per convincere la sua formazione a schierarlo al via della Vuelta di Spagna in questo finale di stagione. Purtroppo per Sergio, le cose non sono andate esattamente come avrebbe voluto: colpito da un virus gastrointestinale al pari di altri suoi compagni, è stato molto vicino al ritiro, concludendo all'ultimo posto tappe molto dure come quella che terminava sul mitico Angliru o quella in cima alla Farrapona, dove ha evitato di finire fuori tempo massimo per poco più di un minuto. Nell'ultima settimana di corsa è tornato ad avere sensazioni migliori e lo si è visto anche protagonista in qualche fuga e a portare al termine il suo primo grande giro in carriera. Ripensando ai mesi scorsi, in un'intervista Sergio dichiarò di sentirsi più corridore da gare a tappe di una settimana che atleta da gare di un giorno ma molti limiti dovrà ancora scoprirli. La cosa certa è che il suo terreno ideale è la salita. Quel terreno da cui spesso iniziano i sogni più belli.
