Vittoria Bussi dopo il record nell'inseguimento individuale ©Vittoria Bussi via IG
Pista

Intervista a Bussi: "Il ciclismo ignora il merito. Villa? Chiedete a lui perché non mi chiama"

La recordwoman della pista mondiale Vittoria Bussi racconta i record, la lotta contro la depressione e critica un sistema che ignora meritocrazia e accessibilità

Vittoria Bussi, la donna che per tre volte ha fatto segnare il Record dell'Ora e che da maggio detiene anche il primato dell'inseguimento individuale sui 4 chilometri, ci ha concesso un lunga intervista sulla sua straordinaria vicenda sportiva e personale. Dopo un’iniziale delusione nel tentativo di settembre per il primato sull’inseguimento individuale, la ciclista romana, che ha anche un dottorato in matematica a Oxford, è riuscita in una settimana prima a migliorare il proprio record dell’ora, e successivamente a stabilire anche il record mondiale dell’inseguimento individuale, allargando l'egemonia azzurra sui principali primati e il ciclismo su pista anche al settore femminile: già a settembre c'era stato un primo tentativo, ma era finito con l'ottenimento del solo record italiano. Così, a dicembre era arrivato l'annuncio di un nuovo tentativo, questa volta su entrambi i fronti, che si è concretizzato a maggio.

Ma al centro del suo racconto c’è molto di più: la battaglia con le spese proibitive imposte dall’UCI, un viaggio profondo attraverso la depressione e una critica al sistema sportivo che spesso privilegia visibilità e sponsor anziché merito e innovazione tecnica.

Sullo store di Cicloweb è disponibile la sua autobiografia, scritta con Simone Siviero, “Non conosco altro modo di vivere”

Non conosco altro modo di vivere, autobiografia di Vittoria Bussi
Non conosco altro modo di vivere, autobiografia di Vittoria Bussi

Cosa l'ha spinta a riprovare l'inseguimento

"La prima motivazione per cui ho deciso di tentare di nuovo il record dell'inseguimento a  è sicuramente l’ossessione di non aver fatto i conti giusti con l’aerodinamico. Ho avuto poco tempo poco tempo per prepararmi sui 3 km. Ho dato tanto spazio ai test materiali, posizione, e quant’altro, ma il gain che mi aspettavo non è arrivato, e questo mi ha fatto stare indietro di quei 3 secondi nel tentativo di settembre".

La lotta contro il regolamento costoso ed elitario

«Quando ho voluto tentare di nuovo il record dell'Ora è venuto fuori  che nel regolamento dell’Unione Ciclistica Internazionale per ufficializzare il record dell’ora ci vuole Tissot, che costa €40.000 lì a me si è chiusa la vena… cinque minuti dopo stavo scrivendo un’email dicendo ‘farò un record del mondo con cronometraggio elettronico sacrosanto, ma locale, invece il ciclismo deve essere uno sport accessibile a tutti. Adesso per fare il record dell’ora non serve più Tissot, ma poi prendere una compagnia locale e il record è ufficiale UCI… questo lo dico con molto orgoglio: se grazie a me domani costerà di meno a chi vorrà provarci, per me è motivo di orgoglio"

"La bicicletta mi ha salvato ancora dalla depressione"

"La bici mi aveva già aiutato a superare il dolore della morte di mio padre, stavolta di nuovo la bicicletta mi ha salvato da un momento buio della mia vita: ho perso i miei gatti  dopo 17 anni, sono andata in una forte depressione e la bicicletta mi ha fatto alzare dal letto ogni mattina. Giorno per giorno sono riuscita ad andare avanti. I miei animali erano anziani… e quando loro sono andati via io dicevo: ‘Ma se io non mi alzo stamattina, nessuno se ne accorge'. Ero all’estero, ma il dovermi allenare presupponeva che potessi mangiare, avere una routine sana, l’importante è trovare un senso giorno per giorno. Ero all’estero perché c’è sempre il problema del velodromo, in Italia non ci sono velodromi chiusi dove potermi allenare: quello di Montichiari è solo per la nazionale. All’estero, da sola, riuscivo a alzarmi la mattina perché avevo un velodromo prenotato e dovevo allenarmi.

La scelta di Aguascalientes

“Però c'è una cosa che io continuo a ripetere, ed è una cosa molto tecnica, e io la ripeterò fino alla fine dei tempi: il fatto di andare in Messico è esattamente per un motivo specifico. Non è né per la quota né per niente, ma è perché il meteo è molto prevedibile in Messico. Tu immagina di dover dare 4 mesi di preavviso all'UCI, su orario esatto e data esatta: loro vogliono il 16 maggio alle ore 10, e c'è un commissario che, se tu chiedi di posticipare un quarto d'ora, non ti fa posticipare un quarto d'ora.

Non ti danno la possibilità di provare un altro giorno, a meno che non ci sia un ‘mash-up’—cioè un problema grave per cui tu hai diritto a ripetere. Ma i regolamenti sono strettissimi.

Quando sono andata, ad esempio, in Norvegia—ed era una pista eccezionale—lì un giorno giri a 49 (Km/h), un giorno giri a 50 e passa, perché non è prevedibile l’umidità. Sei vicino al mare: anche se controlli l’aria, è troppo variabile.

Io continuo a dire all'Uci che il regolamento andrebbe rivisto da capo a piedi: non si può chiedere 4 mesi di preavviso con un giorno esatto e una data esatta. Secondo me, limita tantissimo le possibilità di fare questo record."

Questioni tecniche sull'altura

“In altura cambia il coefficiente aerodinamico. Se tu hai un coefficiente aerodinamico di 0.15 a livello del mare, potrebbe essere che in altura ce l’hai di non dico 0.16, ma 15.5.

Per quelli che si chiamano i numeri di Reynolds, è come se il nostro corpo dovesse adeguarsi in qualche modo all’aria più rarefatta, a una densità più bassa. Quindi è come se i abbiamo un ingombro dell’aria più grosso.

Questo significa che tutti i test aerodinamici sono sfalsati. E significa anche che se tu fai una previsione perché dici ‘lì la densità dell’aria è tot’, devi però anche considerare lo svantaggio di un coefficiente aerodinamico più grande.”

Il primo tentativo fallito di maggio

“Io avevo lì mio marito che mi dava i tempi a bordo pista, eravamo solo io e lui. Intorno ai 30 minuti ho cominciato a dire: ‘Non mi sento bene, non mi sento bene’, e a un certo punto ho visto nero. Non riuscivo più a guidare la bici e mi sono dovuta fermare. È stato un colpo di calore importante. Quel giorno lì la temperatura è salita di 6 gradi in 30 minuti: siamo passati da 28°, che erano già troppi, a 34°. Quando cambia così tanto e sei a tutta, è molto complicato. Ho pensato: ‘Mi fermo oppure rischio di farmi male’, perché comunque sei a 50 all’ora e devi stare su una linea nera... Sei lì a testa bassa, non sei lucido. E io ho deciso di fermarmi.”

Come è arrivato il record dell'Ora

“Il 16 mi sono svegliata con un focus mentale che capita raramente nella vita di un atleta. Sono quei famosi giorni in cui sei nel flusso. Mi era capitato il 13 ottobre del 2023, quando ho battuto i 50 km, e pochissime altre volte. È difficile da spiegare, ma hai una capacità mentale per cui sei profondamente convinta che ce la puoi fare. E così è stato. Ho gestito bene, ho guidato bene. Rocco mi ha detto: ‘Quel giorno eri quasi sotto la linea nera, non l’hai mai guidata così bene. Finalmente, dopo tanto riso e pollo, siamo andati a mangiare messicano e ci hanno portato i grilli tostati. Rocco, ovviamente, ha avuto la bellissima idea di farsene mettere quattro etti sottovuoto per portarli in Italia e farli assaggiare a parenti e amici. Dove li ha messi? Nella mia valigia, quella con dentro tutto il materiale tecnico della bici! È nato tutto da una lite, perché gli ho detto: ‘Se si apre la busta, mi ritrovo 200 grilli nella valigia’. E da lì, dal mio essere arrabbiata, è nato il post più virale della mia vita: non è stato nemmeno riletto, ed è quello che ha avuto più successo di tutti.’

Il rapporto con la stampa

“Quel post lì, quello famoso sui giornalisti, è nato perché avevo ricevuto un messaggio vero di scuse: un trafiletto era stato tagliato da 15 righe a 9, e non c’era nemmeno lo spazio per la foto. Non ho mai avuto grandissimi numeri sui social, non sono mai stata una da post virali. Però quel giorno ero arrabbiata, e l’ho scritto. Non c'è l'ho con dei giornalisti in particolare, è chi dirige il giornale che decide a chi dare spazio. Ho ricevuto quattro messaggi così, di scuse per il poco spazio da dare alla notizia dei miei record. Se devo far proprio le cose esatte, è più rivolto a chi decide se una notizia è vendibile o meno, in termini di quanto poi ci guadagna, cioè monetizzare sulle notizie che oggettivamente devono essere date. Non perché l’ho fatta io, ma penso che è una cosa storica — sono la prima donna nella storia ad aver detenuto entrambi i record. Tante persone si sentono messe da parte, noi donne soffriamo la mancanza di parità di genere, ma anche per gli uomini vale che il prestigio di una cosa ha come filtro il quanto tu sei famoso."

Vittoria Bussi dopo il record nell'inseguimento individuale
Vittoria Bussi dopo il record nell'inseguimento individuale  ©Vittoria Bussi via IG

Essere atleta indipendente

Vittoria Bussi è un'atleta indipendente, ovvero che ha scelto di non tesserarsi per nessuna squadra, se non per a propria, la BJ Bike Club, per una sua scelta radicale.

"Dico solo che per il mio percorso, io dovevo comunque essere indipendente, per come vivo io il ciclismo. Se faccio un test aerodinamico e scopro che un casco funziona meglio di un altro, devo avere la libertà di usare quel casco. Quindi sarei comunque dovuta essere indipendente.

Cosa sarebbe cambiato? Poco. Veramente poco. Quasi tutti i miei collaboratori sono stranieri. Lavoro moltissimo in Inghilterra, con Simon Smart, con la Hope, che è un marchio inglese. Corro con una loro bici e ci siamo sentiti praticamente ogni giorno per sistemarla al meglio. Loro hanno capito una cosa: che non capita spesso di avere un’atleta che non ti dice solo “questa bici è rigida' o “si sente così”, ma ti fornisce dati oggettivi. Ti dice: ‘Ok, proviamo questo prototipo e vediamo se è più veloce’. E lì, se sei un brand, ci devi investire. Hai la possibilità di innovare i tuoi materiali praticamente a costo zero.

Io non ho mai chiesto un centesimo agli sponsor tecnici, per principio. Perché se mi dai una bici, le ruote, mi fai testare cose, mi metti a disposizione un team con cui posso dialogare sul piano della ricerca… cosa vuoi darmi, anche i soldi? No. A me basta così."
 

La nazionale e marchi italiani

"Non ho mai chiesto a Marco Villa perché non sia stata più convocata. Solo lui può rispondere. Non è che io sto lì a chiedere: ‘convocami, per favore’. O la maglia azzurra ti arriva in un certo modo, oppure niente. E non lo dico per fare polemica o per diplomazia – perché chi mi conosce sa che io non sono diplomatica, dico le cose in faccia.

Però questa domanda può rispondere solo lui. Io non lo so perché non sono stata convocata. So solo che non ho corso il Record dell’Ora con una bici Pinarello non perché non volessi, ma perché mi è stato detto di no.

E questo è chiaro. Sono andata da Fausto Pinarello, l’ho incontrato a Londra nel 2021, gli ho presentato il progetto “50”. La bici non è arrivata. Pochi giorni dopo, ero in call con l’ingegnere della OP, che aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: “Per me è un sogno quello che stiamo facendo”.

Quindi, se ho corso con materiali non italiani, non è perché non volessi quelli italiani: è perché non me li hanno dati. È per questo motivo."

In nazionale non c’è nemmeno una selezione per le cronometro. Io ho smesso di farle. C’è solo il campionato italiano. Basta. Nessun raduno, nessun allenamento di squadra. Io neanche so chi sia il ct della crono, tanto per dire.

Eppure il Record dell’Ora è la regina delle cronometro. E lì mi arrabbio. Perché nel settore strada, in Italia, non c’è nulla che aiuti a farlo crescere. È allucinante. Abbiamo l’autodromo di Monza, si potrebbero fare allenamenti bellissimi, anche per la staffetta mista. Ma nessuno ha mai sentito parlare di un allenamento di squadra a cronometro. E allora, come fai a fare una selezione? Solo con il campionato italiano? È giusto?

È giusto non ricevere nemmeno una telefonata per chiedere: 'Oh Bussi, come stai? Ti va di venire a fare un allenamento a cronometro?”. Io neanche la bici da crono ce l’ho più."

La differenza tra lo sport e il mondo accademico

"Perché io non ho alcuna intenzione di adeguarmi a un sistema. Per me lo sponsor ha un ruolo, ma non ha alcun potere su di me. Per questo faccio fatica in un sistema così gerarchico.

Io rispetto chi sta un gradino sopra. Ma il merito deve venire prima. E se tu dici una sciocchezza, anche se sei 'più in alto', per me non cambia niente. Io vengo dall’università. Là, un professore ordinario e uno studente si danno del tu. E se lo studente ha una buona idea, pubblica un articolo insieme al professore. Funziona così. Perché è un ambiente meritocratico. Io sono uscita dal dottorato con articoli firmati insieme a una delle menti più brillanti della geometria algebrica. E non mi ha mai fatto sentire inferiore perché ero “solo” una studentessa.

Quando entri nello sport, invece, trovi un sistema rigido, gerarchico, dove spesso la meritocrazia e la scienza vengono messe da parte. Perché contano i vincoli degli sponsor, i finanziamenti, le amicizie.

C’è un grande giro di soldi. E quindi, per rispondere alla domanda su Villa: io non lo so perché non vengo convocata. Non c’è una polemica. Ma non ho la risposta. Va chiesto a lui.

E ormai, quello che è stato è stato. Ma se posso dare un consiglio: quando mi chiedono sempre della pista, io rispondo… ricordiamoci che esiste anche un settore crono. Che è completamente dimenticato.

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