
Bussi contro il sistema chiuso e retrivo:“Grandi cose si possono fare comunque, chiedete scusa”
In un post infuocato, la primatista dell’Ora e dei 4 km attacca media e istituzioni: “Ignorata, ma ho vinto lo stesso. È ora che vi ricrediate”.
Dopo aver riscritto la storia del ciclismo su pista, Vittoria Bussi alza la voce. A meno di 48 ore dalla conquista del record del mondo dell'inseguimento individuale sui 4 km – che si somma al terzo primato sull’ora – l’atleta romana ha pubblicato sui propri canali social un messaggio duro e appassionato, rivolto al mondo del ciclismo, ai media, alle istituzioni.
“Chiedete scusa”
Nel post pubblicato ieri, domenica 18 maggio, Bussi ha rivendicato il suo successo a fronte di un mondo che da molti punti di vista l'ha ignorata. Non solo per quanto ha ottenuto – due record mondiali in sette giorni – ma per come lo ha ottenuto: da atleta indipendente, con un progetto autofinanziato, lontano dai circuiti tradizionali e dai riflettori.
"A tutti i giornalisti che mi stanno chiedendo scusa in questi giorni perché la mia impresa "non ha avuto il permesso ad avere più spazio", perché il pezzo è stato tagliato a 9 righe anziché 15, perché il Giro vi sta assorbendo tutte le energie e il vostro tempo. O altre cazzate simili.
Ebbene, chiedete scusa agli italiani, non a me. È a loro che state privando la gioia di avere tutti e 4 i record a casa, sia di ora che di inseguimento, sia maschile che femminile. Anche se di velodromi in Italia ce n'è uno solo.
Chiedete scusa ai tanti giovani atleti che hanno paura di non riuscire a far grandi cose perché non hanno una squadra dietro. Le grandi cose si possono fare comunque. O ai lavoratori in qualsiasi ambito. Le grandi cose si fanno anche da soli, o quasi.
Chiedete scusa a chi pensa di non aver abbastanza denaro per poter organizzare un grande evento. Si può organizzare, senza diretta televisiva magari, ma ce la si fa.
Chiedete scusa agli adolescenti che devono scegliere tra sport e istruzione perché la società ancora dice questo. Si possono fare entrambe le cose. E bene.
Chiedete scusa alle donne, perché proprio non ce lo meritiamo. Perché proprio non ha senso. Sa di Medioevo e inciviltà. E se vi racconto che avevo il ciclo nel 2023 quando ho battuto i 50km, non vergognatevi ma scrivetelo perché è proprio grazie al ciclo che diamo la vita.
Io non l'ho mai fatto per visibilità, quindi non chiedetemi proprio scusa. Anzi, magari leggete la mia storia prima di farmi le domande"
La ciclista, 38 anni, non fa nomi, ma il bersaglio è chiaro: un sistema che non ha creduto in lei, che l’ha spesso ignorata o marginalizzata, salvo poi celebrare a posteriori la portata dell’impresa.

Il sistema non è imprescindibile
Il suo progetto pluriennale, portato avanti come atleta indipendente, l'ha portata a ottenere per tre volte il record dell'ora, oltre che il primato mondiale sull'inseguimento individuale. La sua scelta radicale, insieme alla scelta di sponsor di nazionali rivali (Hope è il fornitore della nazionale britannica) però le è costata l'esclusione dalla selezione azzurra: aver ottenuto questo risultato è stata la dimostrazione che una donna, da sola, è in grado di arrivare oltre i risultati di chi è supportato o supportata dal sistema federale. Anche il suo approdo al professionismo era arrivato da autodidatta: il passaggio dall'atletica alla bicicletta, avvenuto mentre studiava a Oxford, l'aveva portata a raggiungere il livello delle migliori tanto da essere chiamata in nazionale, senza passare dal vivaio di nessuna squadra. Forte del suo dottorato di ricerca in matematica a Oxford, la sua storia dimostra anche che si può eccellere sia negli studi che nello sport, senza dover scegliere, come spesso chiedono le squadre.
Il post ha raccolto in poche ore molti commenti di sostegno e condivisione. Per molti, le parole di Bussi sono una denuncia necessaria contro la mancanza di meritocrazia e l’incapacità di riconoscere il talento al di fuori delle logiche di potere e appartenenza.