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Tutto questo è pura meraviglia!

03.04.2022 18:01

Mathieu Van der Poel vince un Giro delle Fiandre memorabile, infiammato dalla magia ciclistica di Tadej Pogacar. Che però resta giù dal podio, su cui salgono Dylan Van Baarle e Valentin Madouas dopo un finale incredibile


Venti giorni fa non sapevamo nemmeno più che mestiere facesse Mathieu Van der Poel. Stroncato - dicevano le cronache più allarmate - da un mal di schiena che ne metteva in dubbio la partecipazione alle classiche, alla stagione ciclistica nella sua interezza, al futuro dello sport e pure alla costruzione di un mondo migliore. Poi, come un lampo a squarciare le nebulose, eccolo sul podio della Sanremo, prima gara del suo 2022, alla quale fino a poche ore prima non doveva manco partecipare.

A metà di questa settimana alla Dwars door Vlaanderen, vinta in maniera sublime, la conferma che WonderPoel era tornato non solo per l'onore dei database ciclistici e delle startlist, ma per lasciare segni simili a solchi. Davanti a lui due cose: il Giro delle Fiandre. Tadej Pogacar.

Quando in futuro qualcuno cercherà su Wikipedia l'albo d'oro della Ronde, alla riga 2022 non troverà il nome di Tadej, rimasto inopinatamente giù dal podio nella maniera che spiegheremo più avanti. Eppure se mai si fosse potuto replicare l'ordine d'arrivo di Serse Coppi e André Mahé alla Roubaix del '49, forse mai come oggi saremmo stati felici di assegnare un ex-aequo, perché fino a un chilometro dal traguardo di Oudenaarde davvero non avremmo potuto, saputo, voluto scegliere tra loro due, tra Van der Poel e Pogacar, cioè tra i due astri più fantastici del ciclismo contemporaneo, luogo dell'anima su cui proveremo a fatica a non sdilinquirci troppo nel corso di queste righe, ma che volete, siamo innamorati completamente di quello a cui assistiamo in quest'età dell'oro e quindi... niente, ricomponiamoci, c'è un Fiandre da raccontare, non divergiamo troppo...

C'è un Van der Poel da glorificare, seconda vittoria in tre anni, battuto da Asgreen nel 2021 dopo aver scorticato l'amor proprio di Van Aert nella strana, autunnale edizione 2020. Dicemmo che vincerà dieci monumento in carriera ma non sapevamo che saremmo andati incontro all'era dei piccoli Merckx, e allora magari poi non ci arriverà a quel sensazionale traguardo, ma l'importante per lui è essersi rimesso sulla giusta strada. L'ha vinto sul Paterberg, questo Fiandre, nel momento in cui stava per mollare sull'ennesimo fendente di Pogacar ma ha trovato, chissà dove, le forze per resistere un'ultima volta e guadagnarsi così una nuova volata a due (sarebbe stata la terza di fila) su quell'infinito rettilineo, ma poi le cose hanno preso una piega diversa e lo sprint è diventato di quattro; quel che non sarebbe comunque cambiato (vista la dinamica della volata lo possiamo dire) è il nome in cima al podio: il suo.

Pogacar, poi. Che tornerà da queste parti e la corsa la vincerà, c'è da giurarci. Sublime per 272 km su 272.5, il vero incendiario della gara, all'attacco sul secondo Kwaremont ai -55 (autore di una rimonta esaltante, pareva una Lamborghini sulla corsia di sorpasso su un'autostrada di ApeCar), poi sempre pronto a colpire, a offendere (agonisticamente parlando), a incidere in profondità su una prova che non poteva tecnicamente appartenergli dato che era la prima volta che vi si cimentava... eppure gli apparteneva lo stesso, intimamente, in maniera ancestrale, come tutto del ciclismo per lui che il ciclismo, semplicemente, lo è. Sì, Tadej è il ciclismo, oggi. Anche se poi non ti vince la Sanremo (solo quinto, che scarso), anche se poi non ti vince il Fiandre (solo quarto, che fallito), anche se poi negli ultimi 500 metri odierni fa di tutto per imbrattare il precedente capolavoro, sbagliando lo sbagliabile sul rettilineo infido. (Infinito, infido. Come vogliamo ancora definirlo?).

Pazienza, gli sfugge il podio ma non l'epica di questa prestazione memorabile. Gli resta la rabbia perché s'è visto chiuso da Dylan Van Baarle, appena rientrato ai 250 metri, ma la verità è che non l'avrebbe comunque vinta, con le prime due pedalate della volata Mathieu gli aveva dato già un metro, e non avrebbe certo smesso di dargliene, se giudichiamo dalla sua (di MVDP) reattività al ritorno di Valentin Madouas e dello stesso Van Baarle.

Ecco, Madouas e Van Baarle. Merito soprattutto del primo il clamoroso epilogo, il rientro degli inseguitori ai 250 metri, laddove i primi si erano proprio fermati; e il 25enne francese ha continuato a spingere alla ricerca del sogno impossibile (Mathieu lo rendeva tale), ma comunque pure il podio a quanto era mai quotato alla vigilia? Terzo Valentin, secondo Dylan, che sta diventando l'uomo delle belle piazze d'onore, argento al Mondiale di Lovanio e oggi questa magnifica conferma. Ha un po' chiuso Pogacar, come detto, ma non in maniera scorretta, e ha avuto l'onore di essere il primo a complimentarsi con Van der Poel, un metro dopo la linea d'arrivo. Anche lui se la dimenticherà difficilmente questa giornata. Ma onestamente bisogna chiedersi: chi se la scorderà, tra i presenti in corsa, tra i tifosi tornati lungo il percorso e tra il folto pubblico da casa?

Van Aert non c'è, Boaro e Mozzato sì (nella fuga)
Da Anversa a Oudenaarde, 272.5 km in una giornata soleggiata ma fredda (o fredda ma soleggiata, a seconda dell'aspetto che vogliamo sottolineare...), questo il contesto del 106esimo Giro delle Fiandre, 18 muri più 5 tratti del facile pavé fiammingo da affrontare, una serie di defezioni (alcune anche dell'ultim'ora, tipo Søren Kragh Andersen) che continuano a caratterizzare questo scorcio di stagione e che in questo caso ci hanno privati - oltre che di un periclitante Peter Sagan - anche di un sicuro protagonista come Wout Van Aert, positivo al covid dopo aver manifestato nei giorni scorsi problematiche varie. Gli inconsolabili tifosi di casa si sono rifatti con la possibilità di assistere dal vivo, dopo due anni, alla corsa a bordo strada: priceless.

Il più attivo in avvio è stato Manuele Boaro (Astana Qazaqstan), e non è un caso che dopo una decina di chilometri di gara gli si sia coagulata intorno la fuga del giorno, composta da nove uomini lui compreso: Sébastien Grignard (Lotto Soudal), Taco Van der Hoorn (Intermarché-Wanty), Stan Dewulf (AG2R Citroën), Tom Bohli (Cofidis), Max Kanter (Movistar), Luca Mozzato (B&B Hotels-KTM), Mathijs Paasschens (Bingoal Pauwels Sauces WB) e Lindsay De Vylder (Sport Vlaanderen-Baloise) con l'esperto bassanese. Il gruppo ha lasciato giochicchiare, il vantaggio degli attaccanti è delicatamente salito chilometro dopo chilometro fino a superare i 4'30" a metà corsa, prima che l'approccio ai primi muri facesse salire la tensione e quindi l'andatura in gruppo. In tutto ciò, va segnalato anche il coinvolgimento di Tadej Pogacar (UAE Emirates) in una mezza caduta nei primi chilometri: non l'avvio che lo sloveno sognava per il suo esordio nella Ronde.

Oltre a Tadej non sono mancati gli incidenti di percorso, qualche caduta senza grosse conseguenze, qualche noia meccanica (Dylan Van Baarle della INEOS Grenadiers, poi rientrato prima del Kortekeer ai -128), qualche intoppo più bizzarro tipo la mantellina che si infila tra ruota e cambio di Gianni Moscon (Astana) ai -108, una foratura per Alexander Kristoff (Intermarché) ancora più avanti, ma intanto il Fiandre 2022 entrava nel vivo. Prima un allungo di Jonas Koch (Bora-Hansgrohe), poi sul Moleberg ai -99 la Jumbo-Visma orfana di Van Aert ha mosso il primo alfiere, Nathan Van Hooydonck (Jumbo-Visma), e questa mossa non poteva passare inosservata, tant'è vero che prima ha reagito la Groupama-FDJ di Stefan Küng (uno molto accreditato), poi ha fatto capolino la Quick-Step Alpha Vinyl che in questa fase ha già iniziato a spendere un calibro medio-alto come Yves Lampaert per tirare il plotone.

Il volo sognato di Bettiol
Van Hooydonck ha presto raggiunto Koch, i battistrada a questo punto avevano ancora 3'45" di vantaggio, e i due contrattaccanti son rimasti per un po' a metà strada. Intanto dietro non si dormiva certo: ai -91 Iván García Cortina (Movistar) ha ispirato un contrattacco sul Berendries a cui hanno risposto Zdenek Stybar e Jannik Steimle (Quick-Step), Mick Van Dijke (Jumbo), Mads Pedersen e Alex Kirsch (Trek-Segafredo), Gianni Vermeersch (Alpecin-Fenix), Ben Turner (INEOS), Marco Haller (Bora), Olivier Le Gac (Groupama) e un già vincitore di Ronde come Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost). Subito il drappello ha raggiunto Koch e Van Hooydonck, dietro toccava alle squadre escluse lavorare: la TotalEnergies (per Anthony Turgis, ottimo outsider); la Bahrain-Victorious (hai visto mai che Matej Mohoric...); la UAE (nel senso: Pogacar ci credeva eccome).

Ai -81 una caduta di una decina di corridori a fondo gruppo ha coinvolto tra gli altri il secondo dell'ultima Roubaix, Florian Vermeersch (Lotto) e uno molto atteso come Christophe Laporte (Jumbo), comunque quest'ultimo è riuscito a rientrare, anche se appena si è rifatto sotto si era già sul Berg Ten Houte ai -76, e qui un'iniziativa di Matteo Trentin (UAE) stava per rompere il gruppo: era un'azione importante, tanto da chiamare la reazione di un Kasper Asgreen (Quick-Step), nient'altro che il campione uscente; un'azione finalizzata al riavvicinare il gruppo Bettiol che iniziava a incutere un certo timore.

Un attimo di incertezza dopo l'azione del trentino, poi lui stesso ha dovuto prendersi sulle spalle l'onere di tirare quel che restava del plotone. Ai -70 i fuggitivi avevano sul gruppo un minuto e gli intercalati mezzo, e una sortita di Connor Swift (Arkéa Samsic) sul Kanarieberg ha rotto nuovamente gli equilibri: alle sue spalle sono arrivati Kévin Geniets (Groupama) e Tim Wellens (Lotto), mentre non è riuscito ad accodarsi Nils Politt (Bora), rimasto sospeso insieme a Johan Jacobs (Movistar). La questione rilevante era che il margine del gruppetto Bettiol ha preso a dilatarsi in maniera insperata (insperata per quelli che ci stavano dentro, nel senso), si è toccato il minuto prima che Bahrain e UAE reagissero dietro; ai -62 Wellens e gli altri due son rientrati su detto gruppetto. Ma l'azione stava vedendo all'orizzonte il proprio tramonto, coincidente con l'approccio al secondo Oude-Kwaremont.

Tadej, una luce si accende sulle Fiandre
Ai -55, sulle primissime rampe del muro simbolo di questo Fiandre, Taco è rimasto solo davanti, ma il botto veniva dietro: Pogacar ha piazzato la progressione più attesa della giornata. Solo Asgreen gli ha tenuto la ruota mentre in un delirio di spettacolo lo sloveno recuperava tutti-ma-proprio-tutti quelli che aveva davanti, uno alla volta, un secondo alla volta. Il colpo, sulle prime, il deuteragonista l'ha accusato: Mathieu Van der Poel (Alpecin) è rimasto accucciato nel cuore del gruppo (ormai sfilacciatissimo), salvo ritrovare ossigeno in cima all'O-K, allorquando è avanzato, lui da un lato della strada, Tom Pidcock (INEOS) dall'altro.

Fatto sta che superato il Kwaremont la situazione era completamente rigenerata. Non c'era più una testa della corsa, ma un gorgoglìo di buchi, buchetti, appallamenti in vista del Paterberg, e qui, sul brevissimo filo di coltello che spesso decide la corsa, a muoversi è stato Jan Tratnik (Bahrain), ma subito dopo riecco Mathieu con Pidcock a ruota, con Pogacar a ruota, con Pedersen a ruota e poi ancora Küng, Turner, e poi Fred Wright (Bahrain), Van Baarle, García Cortina, un notevole Laporte e Michael Matthews (BikeExchange-Jayco); un passo indietro Dylan Teuns (Bahrain) e Valentin Madouas (Groupama). Chi mancava? La Quick-Step, che infatti si è messa dietro a lavorare.

Van Baarle e Wright hanno giocato d'anticipo partendo ai -49. Ai -47 Asgreen, Stybar e non troppi altri (tra questi Bettiol), sono riusciti a chiudere il gap rispetto al drappello buono; di fatto i protagonisti più attesi erano tutti lì. DVB e Wright hanno approcciato il Koppenberg (ai -44) con venti secondi sul gruppetto buono, nel quale di nuovo Pogacar ha promosso un allungo a cui ha risposto MVDP. Non solo ha risposto, il Fenomeno, ma ha pure rilanciato in cima al muro, e con lui e Tadej si è ritrovato, un po' a sorpresa, Madouas. Non Asgreen, che lamentava un problema al cambio ed era obbligato a scendere di bici per riavviare la catena. La corsa andava verso il suo compimento senza il suo ultimo vincitore. In compenso qualcuno cominciava ad annusare seriamente la possibilità di un'evenienza verificatasi l'ultima volta con Jackie Durand 30 anni fa, ovvero la vittoria di un esordiente della Ronde.

Duello iperstellare sugli ultimi muri
Superato di slancio lo Steenbeekdries, il terzetto inseguitore ha riagganciato Wright e Van Baarle sul Taaienberg ai -37, ma Pogacar non si è accontentato e ha continuato a spingere in maniera ossessiva. Van der Poel, smadonnando tra sé e sé ha tenuto botta e tutto sommato pure gli altri tre. Mezzo minuto abbondante sul drappello dei Quick-Step (ovvero degli sconfitti, diciamolo pure) in cui Pidcock faceva comunque bella mostra di sé.

Il margine era destinato (ovviamente) a salire ancora, sicché ai -25 un allungo di Tiesj Benoot (Jumbo) con Küng e Teuns subito dopo il Kruisberg-Hotond ha dato il via alle grandi manovre per i piazzamenti in top ten (ma con vista podio, nel caso davanti fossero destinati a scoppiare i tre sparring partner dei due divini). Si attendeva l'Oude-Kwaremont - Volume III per assistere alla resa dei conti, e infatti proprio lì, ai -18, Pogacar ha aumentato e aumentato e aumentato, via Van Baarle, e aumenta e via Wright, e aumenta e via Madouas, e la coppia più attesa è rimasta sola al comando, Mathieu incollato alla ruota dell'iradiddìo slovena, manco morto gli avrebbe dato un cambio a quel punto ma il ragazzino si guardava bene dal chiedere alcunché, continuava a pestare andando a cercare l'anima dell'altro a forza di botte.

In cima al muro, ma più che altro nell'universo mondo, esistevano solo loro due, null'altro. Non gli ultimi staccati, non Küng e Teuns che piantavano Benoot, non quelli del ciclismo di un recente passato che certe scene se le sognava. Grazie mamma per averci fatti nascere in tempo per assistere a tutto ciò!

Restava il Paterberg, muro 18/18 ai -13. Pogacar ha preso in testa pure questo, continuando a lavorare al corpo l'avversario a cui per un attimo la vista s'è annebbiata: l'olandese ha brucato l'erba per un secondo, in apnea totale, era facilissimo a quel punto abbandonarsi a se stessi, mandare a quel paese quell'ossesso e arrendersi, ma non era il caso, una battaglia simile non poteva finire con una resa in cima all'ultimo ostacolo, e allora Mathieu ha stretto i denti fino alle gengive e si è rimesso in carreggiata, in scia, in linea con l'obiettivo del Fiandre numero 2, quello inopinatamente sfuggitogli dodici mesi fa. Pericolo scampato, di volata fino alla volata.

Il colpo di scena finale e la vittoria di Mathieu
I battistrada hanno scollinato con mezzo minuto su Madouas e Van Baarle, ritrovatisi insieme strada facendo. MVDP ha ripreso a collaborare in maniera sostanziosa, ora che la vista era sullo sprint; gocce di pioggerella a bagnare il gran finale, che però - potenza romanzesca di queste corse - era ancora ben lungi dall'essere scritto. Infatti, come la storia ci insegna, non di rado accade che quando il tatticismo prende il sopravvento sull'istinto più selvaggio, finisce che da dietro ti rientrano. Avevano forse ancora mezzo minuto di ritardo, Dylan e Valentin, alla flamme rouge dell'ultimo chilometro. 750 metri più avanti erano lì nel pieno della lotta per la vittoria.

Era successo questo: Tadej non voleva in nessun modo prendere la volata in testa, e sul tema del traccheggiare aveva trovato in Mathieu un notevolissimo interlocutore. Ti fermi tu? Mi fermo anch'io. E così avanti di mezzi surplace, dieci centimetri alla volta, e intanto da dietro arrivavano, catapultati al centro del ring dalla gioiosa generosità di Madouas, che tanto stava spingendo dal ritrovarsi in pieno sprint nell'esatto istante del riaggancio, avvenuto ai 250 metri. Li hanno davvero ripresi, contro ogni pronostico, e sullo slancio il francese si è ritrovato direttamente ad affiancare MVDP, proiettato a superarlo (con ansia attendiamo video found footage del sicuro infarto di Marc Madiot sul bus Groupama...), se quello non avesse infine deciso di lanciarsi nella benedetta volata con la quale in un paio di secondi ha fatto giustizia di qualsiasi cosa.

Valentin ha infilato Pogacar da destra, Van Baarle da sinistra, e lo sloveno si è di colpo ritrovato in un imbuto senza uscita, diventato una camera di contenzione nel momento in cui Dylan ha stretto verso il centro; Mathieu a quel punto (eravamo ai 150) era già insuperabile, l'olandese della INEOS ha proseguito la propria traiettoria leggermente obliqua portando Madouas (in rinculo) alle transenne e obbligandolo al terzo posto. Dietro Pogacar non si capacitava di vedersi così chiusa la strada del podio (almeno quello!), provava a opporsi all'inesorabilità del momento spingendo verso il largo Van Baarle con una mano, ma arrendendosi all'ineluttabile e sfogandosi con una protesta velleitaria che rivolgeva all'avversario ma in realtà a se stesso, per essere stato così ingenuo da chiudere in quel modo una giornata che meritava tutt'altro esito per lui. Ma il ciclismo è anche questo, è anche cavarsi da questi impacci, è anche saper gestire col bilancino dare e avere, quel che oggi Van der Poel ha fatto alla perfezione, salvandosi per un millimetro sul Paterberg, poi osando far rientrare gli avversari nella volata, tanto il più veloce restava lui, gli bastava non sbagliare quel sudato sprint: non l'ha sbagliato.

Mathieu su Dylan e Valentin, al quarto posto lo sbracciante Tadej i cui diavoli per capello si vedevano sin dalle fessure del casco (si sa che i ciuffetti non li controlla). A nulla è valso lo sforzo del suo staff di placarlo e consolarlo, come ti consoli da una sconfitta così? Semplice: tornando l'anno prossimo e cambiando il segno in schedina.

A 2", praticamente in scia ai primi, hanno chiuso Küng e Teuns, a 11" Wright; a 48" la chiusura di un'epoca, ovvero Kristoff che in una grande classica non vince la volata del suo gruppetto (come riusciva a fare da un decennio, tipo): Pedersen e Laporte meglio del norvegese, comunque decimo con onore precedendo Matthews e Tratnik. Benoot, dissipato, ha finito 13esimo a 1'02", a 1'05" è arrivato Pidcock e a 1'07" un drappellone di 20 aperto dalla vecchia gloria Greg Van Avermaet (AG2R). Il primo italiano è anche il primo dei fuggitivi del mattino, Luca Mozzato (bravissimo!), 25esimo in questo gruppetto chiuso al 34esimo posto da Matteo Trentin. Verranno Fiandre migliori per il nostro movimento, ma sono dettagli a cui non è nemmeno il caso di badare in un giorno di ciclismo stordente come quello che abbiamo appena vissuto: oggi non ci sono nazioni e nazionali, abbiamo vinto tutti, hanno vinto gli appassionati di tutto il mondo. E la cosa bella sapete qual è? Che, con questi chiari di luna, continueranno a vincere ancora per molto.
Notizia di esempio
Mathieu è la perfezione, Tadej sfiora la leggenda
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!