Matthew Richardson fa un controllo dell'udito subito dopo la vittoria della Champions League 2022
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Il ragazzo che abbattè il re dello sprint mondiale

Matthew Richardson vince la Champions League all'ultima volata su Sua Maestà Harrie Lavreysen: inizia una nuova epoca? Trofeo anche per Mathilde Gros, Jennifer Valente e Claudio Imhof. Nell'ultima tappa Scartezzini quinto nell'Eliminazione

03.12.2022 23:12

Ai Mondiali di ottobre aveva già fatto parlare di sé: Matthew Richardson, 23enne australiano di origine inglese, aveva vinto la Velocità a squadre ed era arrivato in finale in quella individuale, venendo poi battuto da Harrie Lavreysen. Meno di due mesi dopo, il ragazzo dal collo taurino, fidanzato con la collega tedesca Pauline Grabosch, lancia forte e chiaro il proprio urlo: “Caro re degli sprint, occhio che hai trovato quello che ti spodesterà!”.

Tale guanto di sfida è stato lanciato nel corso della Champions League 2022, andando a caratterizzare l'intera competizione con un testa a testa continuo tra i due velocisti: cinque tappe, cinque minitornei di Keirin, cinque minitornei di Velocità, sempre gli stessi vincitori: Harrie e Matthew, Matthew e Harrie. I due si sono equamente divisi i successi parziali, ognuno valevole 20 punti nella challenge: Richardson è partito con le Velocità di Maiorca e Berlino e ha chiuso in bellezza coi Keirin di Saint-Quentin-en-Yvelines e (due volte, venerdì e ieri) di Londra; percorso inverso per Lavreysen, a segno nei primi due Keirin e nelle ultime tre Velocità.

I due, peraltro, sono arrivati quasi sempre secondi quando non hanno vinto. A fare la differenza in classifica, quell'unico secondo posto mancato su cinque: entrambi nel Keirin, Richardson a Maiorca ha chiuso terzo (15 punti quindi), Lavreysen ha fatto quarto (13 punti) nella prima delle due tappe londinesi. Totale alla fine, 183-181 per l'australiano.

Ma ieri sera non poteva certo mancare un surplus di pathos: l'oceanico partiva in vantaggio di due punti (146-144) dopo le prime quattro tappe; prima gara della categoria, la Velocità: i due si ritrovano come al solito a fronteggiarsi in finale, Lavreysen imposta una volata lunga e tiene fino alla fine, battendo il rivale di poco e superandolo in classifica (164-163).

A decidere tutto, l'ultimo Keirin: e pure qui l'olandese ha optato per uno sprint lungo, ma troppo lungo, due giri. Richardson ha lasciato qualche metro all'avversario, poi sul controrettilineo all'ultima tornata ha sparato la sua botta, è rientrato in scia all'iridato, l'ha affiancato in curva, e sul rettilineo finale - anzi, proprio in dirittura d'arrivo - l'ha superato per pochi centimetri. Incontenibile la sua gioia dopo cotanta impresa, così come incontenibile il vomito da sforzo (per lui diventato una consuetudine in questi due giorni), espletato in un sacchetto azzurrino tra un'esultanza e l'altra.

Richardson, che solo quest'anno ha avuto una vera e propria esplosione in termini di risultati, chiude la classifica della categoria Velocità maschile con 183 punti, Lavreysen si ferma a 181. Lontanissimo il terzo, il tedesco Stefan Bötticher a 136; a un oceano (non solo metaforico) di distanza gli altri piazzati: quarto e quinto i colombiani Kevin Quintero (92 punti) e Santiago Ramírez (89).

Chiaramente un simile epilogo ha messo in ombra tutto il resto. Se in campo femminile le cose erano più o meno sistemate dopo la tappa di venerdì (leggeremo più giù), nell'Endurance maschile tutto era in gioco, con lo spagnolo Sebastián Mora e lo svizzero Claudio Imhof che partivano appaiati a 99 punti. Nello Scratch - vinto dal britannico Mark Stewart con un'appassionante rimonta in volata sull'olandese Matthijs Buchli e sull'altro brit Oliver Wood - Mora si è piazzato quarto e ha così allungato su Imhof, settimo: la classifica a questo punto vedeva l'iberico a 112, l'elvetico a 108 e Stewart in grande riavvicinamento a 107.

E l'Eliminazione conclusiva non ha lesinato colpi di teatro: diciamo intanto che Matteo Donegà si è piazzato 13esimo e Michele Scartezzini buonissimo quinto (i due erano stati rispettivamente 13esimo e 17esimo nello Scratch); con Stewart che si è fatto eliminare troppo presto (classificandosi ottavo), la lotta si restringeva a Mora e Imhof, rimasti alla fine con Buchli e Wood. Al quart'ultimo sprint, su un'accelerazione dello svizzero, lo spagnolo non ha saputo parare la rimonta di Buchli, che in rimonta l'ha eliminato, condannandolo al quarto posto. Imhof, vista la parata, ha allungato a tutta facendo fuori lo stesso Buchli e mettendo quindi il necessario spazio tra sé e il rivale: gli bastava infatti il secondo posto (poi puntualmente verificatosi, data la rimonta vincente di Wood all'ultima volata) per appaiare Mora in classifica (125 punti per entrambi) e superarlo però per il miglior piazzamento nell'ultima gara. Al terzo posto della challenge ha chiuso Stewart a 115, seguito da Wood a 112, dal canadese Mathias Guillemette a 107 e da Buchli a 104. Nono posto per Scartezzini a quota 83, 12esimo per Donegà a 49.

In campo femminile, come detto entrambe le categorie erano già abbastanza indirizzate. La brutta Eliminazione di venerdì aveva allontanato Katie Archibald dalla vetta dell'Endurance occupata da Jennifer Valente (131-123 per quest'ultima). La britannica ha provato a recuperare qualcosina sulla statunitense nello Scratch, da lei chiuso al terzo posto davanti alla rivale (prima e seconda l'australiana Chloe Moran e la canadese Sarah Van Dam, uscite in caccia a metà gara; settima e dodicesima Rachele Barbieri e Silvia Zanardi).

I due punti riguadagnati dalla Archibald l'avevano sì riavvicinata alla leader (144-138 a questo punto) ma non erano abbastanza per riaprire veramente la contesa; sarebbe servita una controprestazione di Jennifer nell'Eliminazione finale per permettere a Katie il sospirato sorpasso. Tale controprestazione non è avvenuta, perché la britannica ha sì vinto l'ultima gara, ma l'americana l'ha conclusa al secondo posto (settima e ottava Zanardi e Barbieri), e ciò ha fissato la seguente graduatoria conclusiva: 161 punti per Valente, 158 per Archibald; a seguire, a 110, la canadese Maggie Coles-Lyster e la norvegese Anita Stenberg; settima a 85 Rachele Barbieri, 12esima a 58 Silvia Zanardi.

Il gran finale di serata si è consumato con lo Sprint femminile. Nella categoria della Velocità la francese Mathilde Gros aveva ampiamente messo al sicuro la propria vittoria già venerdì, confermando l'assunto nel Keirin di ieri, in cui ha raggiunto la finale (pur chiusa al sesto e ultimo posto) mentre la prima rivale Kelsey Mitchell no. La gara in questione l'ha vinta la colombiana Martha Bayona sulle olandesi Shanne Braspennincx, Steffie van der Peet e Hetty van de Wouw.

L'olimpionica canadese ha tentato se non altro il colpo d'orgoglio nello Sprint, raggiungendo la finale, ma qui la solita Gros l'ha battuta in rimonta, andando a chiudere un percorso di challenge in cui ha conquistato quattro tappe su cinque nella specialità (è stata molto meno efficace nel Keirin). 140 punti alla fine per Gros, 127 per Mitchell, 122 per Braspennincx; immediatamente giù dal podio Bayona a 120 e Van der Peet a 106; 14esima Miriam Vece (33), eliminata ieri sera al primo turno in entrambe le gare di sua competenza: una costante in questa Champions per la velocista cremasca.

In definitiva, non una grande competizione per il piccolo contingente azzurro. Restano come migliori risultati due terzi posti di Donegà e uno di Scartezzini allo Scratch tra gli uomini, due quarti di Barbieri e uno di Zanardi nelle Eliminazioni femminili. Andrà meglio l'anno prossimo.

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Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!