Umberto Boccioni, "Dinamismo di un ciclista"
L'ABC della bici, la bici dell'ABC

Ganna, Evenepoel e le macchine del tempo: ruote, rapporti ed altri stratagemmi

La grande sfida del Mondiale di Glasgow ha evidenziato in maniera particolare l'importanza delle scelte tecniche sulle bici, al di là delle caratteristiche fisiche dei contendenti. Approfondiamo

26.08.2023 15:50

The Time Machine (La macchina del tempo), il romanzo di H. G. Wells, pubblicato nel 1895, segnò i primi passi di un genere letterario di grande successo nel XX secolo: la fantascienza. Nel romanzo il protagonista inventa una macchina che lo fa viaggiare nel tempo. Fu una delle prime storie a trattare il tema, in seguito variamente affrontato da Hollywood, del viaggio nel tempo attraverso l’uso di un mezzo meccanico.

Per suggestiva associazione uno scenario che evoca le prove a cronometro nel ciclismo. Viaggi, questa volta, contro il tempo – contre-la-montre, dicono i francesi con la consueta musicalità – attraverso l’uso di una bicicletta. Anche questi, a loro modo, avventure nella “quarta dimensione” con sentori vagamente fantascientifici.

Le prove a cronometro sono, apparentemente, le più semplici tra le discipline del ciclismo. Si tratta di andare dalla partenza all’arrivo nel più breve tempo possibile e con il massimo delle proprie forze. In realtà le cose sono molto più complicate di quello che potrebbe apparire.

Mentre nelle prove in linea la tattica di gara, la capacità di stare coperti in gruppo, la giusta scelta del momento per attaccare costituiscono una percentuale rilevante di ciò che serve per ottenere il risultato, nelle gare contro il tempo tutto cambia. Le forze in gioco sono, essenzialmente, di due tipi: quella applicata sui pedali dal corridore - i Watt espressi - che genera avanzamento e velocità; le altre forze contrarie che si oppongono all’avanzare del complesso bici/atleta. Quindi forze da mettere e forze da togliere.

Vento laterale, resistenza al rotolamento delle gomme, gravità, attriti sono forze da contrastare ma, soprattutto, bisogna fare i conti con la resistenza aerodinamica. Le ricerche dimostrano come quest’ultima costituisca il 90% delle forze che un ciclista deve fronteggiare su una superficie piana.

In una gara a cronometro gli atleti, per migliorare i propri tempi, hanno due possibilità: aumentare a dismisura la propria potenza oppure cercare in tutti i modi di diminuire la resistenza aerodinamica del complesso bici/atleta (in percentuale 20/80). Tenendo conto che questa aumenta in maniera esponenziale all’aumentare della velocità la seconda via è l’unica che convenga percorrere.

Le biciclette da crono (Time Trial Bikes) sono dunque progettate con l’obiettivo di attenuare il più possibile le resistenze aerodinamiche al movimento uomo/bici e massimizzare la velocità in rettilineo. La progettazione e i test sull’aerodinamica sono parte fondamentale della preparazione per questa specialità.

Rispetto al telaio da strada in quello da crono il tubo piantone è molto più “in piedi” (meno inclinato e più perpendicolare al movimento centrale) e la parte anteriore (il manubrio dotato di appendici aerodinamiche) è proiettato per il massimo possibile in avanti. Questa geometria costringe l’atleta a una posizione aerodinamica e redditizia per la pedalata, però scomoda e difficile da mantenere.

La coperta comunque è sempre troppo corta; il peso tutto spostato in avanti si scarica sull’avantreno; gli avambracci sulle appendici e le mani unite a formare un cuneo impedisco il pieno controllo. Gli indubbi vantaggi aerodinamici si ottengono quindi a scapito della guidabilità del mezzo nei tratti tecnici.

Si può dire che “la cronometro” sia la disciplina più scientifica e tecnologica del ciclismo su strada. Ma non esistono scienze esatte. Le tecnologie e i mezzi sviluppati si devono costantemente confrontare con le contingenze ambientali e con quelle umane. Le bici sono importanti ma senza dimenticare mai l’elemento umano che con esse deve trovare simbiosi. Gli studi teorici devono trovare applicazione negli usi pratici.

Glasgow, cronometro Élite uomini: uno di quei giorni che

Dopo 20 minuti mi sono accorto che andavo con 15 watt sopra quanto previsto senza fatica, ho capito potesse essere una grande giornata“. Remco Evenepoel descrive così la sua giornata di venerdì 11 agosto, quella della prova a cronometro Élite del campionato del mondo di Glasgow. Alla fine è stato lui il vincitore con il tempo di 55 minuti e 19 secondi sui 47,8 km di un percorso per specialisti, 12”28 in meno di Filippo Ganna, secondo classificato, anch’egli in grande giornata.

Restringendo lo sguardo sui primi due si può dire che le loro prestazioni siano state, sul piano atletico, perfette. Uno più perfetto dell’altro si potrebbe pensare. Beh, forse sì, ma non si sono osservate evidenti flessioni/impennate in nessuno dei due. Uno più forte dell’altro? Si, volendo trovare risposte semplici a problemi complessi si potrebbe dire così.

Marco Villa, plurivittorioso ct della pista, ha parlato di una “esposizione al vento” molto più vantaggiosa a favore di Evenepoel. In effetti i due hanno strutture fisiche agli antipodi.

Uno, Filippo, alto 1,93 per 83 kg.

L’altro, Remco, alto 1,71 per 60 kg.

Le scelte tecniche

Per affrontare la prova le scelte tecniche erano quasi obbligate. Le grandi differenze che si sono potute osservare tra gli atleti hanno riguardato le scelte dei rapporti. Per i lunghi rettilinei molti hanno adottato corone anteriori da 60 denti ma ci sono state scelte diverse. Geraint Thomas ha provato anche il “64” ma poi è partito col “62”. Wout van Aert, che ha fatto un’ottima prova, ha usato un “56”, in effetti, si è visto che pedalava agile.

La decisione sulle ruote da adottare ha dato margini di discrezionalità. Molti hanno usato ruote anteriori con profilo alto ma non altissimo - 77 mm - e alcuni sono partiti con ruote anteriori a razze. In questo caso le scelte sono legate alla valutazione delle condizioni climatiche e alle abitudini personali. In presenza di vento laterale ruote anteriori con profilo altissimo rendono molto difficoltoso mantenere la posizione con le mani sulle appendici.

La grande differenza tra TT Bikes è data dalle appendici dei manubri. Gli studi di aerodinamica ed ergonomia si concentrano tutti su questo particolare per riuscire a ottenere guadagni marginali significativi. Attraverso l’acquisizione di calchi e l’utilizzo delle stampanti 3d si ottengono pezzi super personalizzati e molto performanti.

Al momento della partenza le scelte dei nostri due osservati erano differenti.

  • Filippo Ganna: monocorona da “62” e pacco pignoni 11-32; ruote Princeton disco al posteriore e tre razze all’anteriore; gomme tubeless da 28mm
  • Remco Evenepoel: monocorona da 60, pacco pignoni 11-30; ruote disco roval posteriore, all’anteriore cerchio molto profondo da 100 mm; coperture Turbo Cotton di Specialized da 26mm, camera d’aria in lattice

Glasgow preludio di Parigi

Il supermondiale di Glasgow è stata una scommessa vinta. Nelle intenzioni una anticipazione di Olimpiade per le discipline legate alla bici. Dalle gare sicuramente si sono tratte grandi quantità di dati utili per la preparazione all’evento Olimpico di Parigi 2024 che ormai si prospetta all’orizzonte.

La crono di Stirling va analizzata in questa ottica. Sicuramente Remco Evenepoel ha dimostrato di essere all’apice per questa specialità, ma anche Filippo Ganna ha fatto lo stesso. Le condizioni ambientali l’11 agosto hanno fatto pendere la bilancia a favore del primo ma per Filippo ci sono tanti elementi su cui riflettere per la prossima sfida.

Sicuramente la prestazione di Ganna è stata eccellente, una delle migliori in carriera. A caldo ha dichiarato: “Non so come (Remco ndr) abbia fatto a guadagnare 12 secondi in pochi chilometri, è stato bravo lui. Diciamo che per le Olimpiadi dell’anno prossimo c’è da migliorare ancora”.

I 12” sono andati perduti nella parte centrale del percorso, tra il primo e il secondo intermedio. La parte con il percorso tecnico e la più esposta al vento. Ecco, il vento! Per capire Stirling bisogna parlare del vento.

Uno dei protagonisti, Mattia Cattaneo, ha descritto la prova così: “Ho trovato il percorso molto lineare, con il vento che ha dato fastidio. All’inizio è di fianco, poi giri a destra e diventa a favore, poi giri a sinistra e torna di fianco, infine giri a sinistra e te lo trovi in faccia”.

In quei cambiamenti di rotta, nella parte centrale del percorso, si è deciso tutto. Remco ha rischiato a montare una ruota anteriore molto profonda (100 mm). Nei rettilinei con il vento trasversale i suoi sbandamenti erano notevoli. Nelle parti col vento contrario ha però guadagnato moIto. La sua conformazione fisica e la posizione molto raccolta gli hanno dato un vantaggio incontrastabile.

Ecco, è qui che si sono perduti i 12 secondi. Non sarà certo possibile cambiare le condizioni stabilite da madre natura ma si sa quale sia la direzione in cui muoversi. Soprattutto si sa che le condizioni cui doversi adattare non sono sempre le stesse.

Dove migliorare? Prestazione? Aerodinamica? Strategia? Sulla base dei dati raccolti tanto lavoro ci sarà da fare. Il conto alla rovescia è già cominciato, meno di un anno all’Olimpiade. La sfida è aperta.

Quale sport per le atlete transgender? Il ciclismo risponde così
Renewi Tour, tra vento e cadute Welsford regola Kooij e Philipsen