Jonas Vingegaard alla presentazione delle squadre alla vigilia della Vuelta 2023 © Vuelta a España
Lo Stendino di Gambino

Vuelta a España 2023: troppo bella per essere vera

Un percorso duro e schizofrenico, una startlist di livello assoluto che però rischia di rivelarsi uno specchietto per le allodole. L'Italia spera di scorgere sprazzi di futuro nell'esordio di Andrea Piccolo in un GT

25.08.2023 20:50

Partirà domani da Barcellona, con una cronometro a squadre di 15 chilometri che muoverà dalla Platja del Somorrostro, una delle spiagge più famose del capoluogo catalano, la 78esima Vuelta a España che si concluderà a Madrid domenica 17 settembre al termine d'un percorso decisamente schizofrenico. A riprova di ciò, ci sarà un primo assaggio sui Pirenei già nella terza tappa con arrivo ad Andorra. Dopodiché, la corsa scenderà verso sud seguendo la linea della costa mediterranea, seppur con continue digressioni nell'interno come quelle previste giovedì 31 agosto nella sesta tappa, con arrivo all'Observatorio Astrofisico de Javalambre, e due giorni dopo nell'ottava frazione da Dénia a Xorret de Catí, penultima giornata prima del primo riposo che sposterà la carovana dall'Andalusia a Valladolid.

Puntuale nella sua collocazione, la ripresa martedì 5 settembre coinciderà con l'unica prova contro il tempo lungo le strade della città che vide Cristoforo Colombo esalare l'ultimo respiro. Saranno 26 chilometri abbastanza piatti, escluso un piccolo dentello in partenza, che favoriranno gli specialisti della cronometro. Due tappe interlocutorie riporteranno i corridori ai piedi dei Pirenei per  la tredicesima frazione, quella regina, che si concluderà in territorio francese sul mitico Tourmalet. Saranno solo 134 i chilometri da percorrere, senza un metro di pianura, con una partenza in discesa che potrebbe sconvolgere le carte. Si resterà sui Pirenei, seppur in tono minore, il giorno successivo, prima dell'approdo sull'Atlantico a Santander in una delle poche giornate dedicate ai velocisti che precederà il secondo riposo.

È verosimile che la graduatoria possa, a questo punto, essere già ben delineata. In ogni caso, a emettere il giudizio che il sommo Bruno Raschi avrebbe definito inappellabile, ci penserà mercoledì 13 settembre  lo spauracchio delle Asturie. Quel giorno, infatti, la diciassettesima tappa terminerà in vetta al temutissimo Alto de l'Angliru, 12.300 metri d'ascesa con un dislivello medio superiore al 10% che tocca il 24% nella sua pendenza massima. Ci saranno, poi, nei giorni conclusivi, ancora un paio di rampe da garage da superare prima dell'apoteosi finale sul Paisaje de la Luz di Madrid.

Passando ad analizzare il lotto dei partenti, confesso il mio pregiudizio. Sicuramente la startlist è la più nobile tra quelle dei tre grandi giri quest'anno, e probabilmente la più eccelsa nella storia della Vuelta. Nondimeno, sento puzza di bruciato. Saranno al via i primi quattro del Giro d'Italia, il vincitore del Tour de France, il campione uscente e un recente vincitore di Giro e Tour, seppur lontano dai fasti passati. Aggiungiamoci il più forte postmillennial in circolazione, già terzo 12 mesi fa compiendo 20 anni in corsa, e viene spontaneo chiedersi se non assisteremo al campionato mondiale a tappe con il solo Tadej Pogacar che marca visita. Io, però, di grandi giri nella mia vita ne ho seguiti più di 100 e ho imparato che l'elenco dei partecipanti, soprattutto a fine stagione, si rivela spesso essere uno specchio per le allodole.

In concreto, la Jumbo-Visma mette per la prima volta insieme quest'anno i suoi tre tenori: Primoz Roglic, vincitore a maggio del Giro, Jonas Vingegaard, trionfatore a luglio sulle strade francesi, e, soprattutto, l'uomo che ha creato i presupposti per questi due trionfi, lo statunitense Sepp Kuss a cui, sospetto, non sia rimasta molta benzina in corpo. Mi aspetto che sia il campione di Trbovlje a lottare per il successo finale con Vingegaard che sosterrà Kuss nel dare ritmo in salita.

Remco Evenepoel, vincitore l'anno scorso, ha vissuto una stagione a singhiozzo, fortemente condizionata dal ritiro al Giro d'Italia per Covid quand'era in maglia rosa. Sicuramente è meno fresco di un anno fa, quando la caduta di Roglic sul traguardo di Tomares lo mise al riparo dalla rimonta dello sloveno, e anche di Enric Mas. La INEOS Grenadiers si presenta al via in versione polvere di stelle. Oggettivamente, sia Geraint Thomas che Egan Bernal non sembrano in grado di competere per la maglia roja. Potrebbe essere, quindi, la volta buona per capire quanto vale, in ottica di classifica generale, Thymen Arensman. Considerando la partenza a fine stagione, destinazione Lidl-Trek, di Tao Geoghegan Hart, per il 23enne olandese questa potrebbe essere un'occasione irripetibile per mettere un'ipoteca sul capitanato dello squadrone britannico per gli anni a venire.

Infine, c'è Juan Ayuso con una forte UAE Emirates tutta per lui, l'unico che ha programmato l'intera stagione in funzione della Vuelta, proprio come fece Remco un anno fa. Sul virgulto valenciano e sul sempre piazzato, ma mai vincente Mas, sono puntate le aspettative dei padroni di casa che non vincono la corsa iberica dal terzo successo di Alberto Contador nel 2014.

In cosa può sperare l'Italia? Tra i 16 corridori azzurri al via spiccano i nomi di Damiano Caruso e Filippo Ganna. Il ragusano ha messo in chiaro che non curerà la classifica, puntando a bissare il successo parziale ottenuto due anni fa con la splendida impresa in solitario sul traguardo dell'Alto de Velefique. Il verbanese ha concrete speranze di poter indossare la prima maglia roja sabato al termine della crono a squadre e può guardare con fiducia alla tappa contro il tempo di Valladolid. Quasi inosservato, fa il suo debutto in un grande giro Andrea Piccolo, da molti indicato come il miglior prospetto italiano nelle corse di tre settimane per gli anni a venire. Al 22enne di Magenta si chiede una prestazione dignitosa che corrobori le speranze dell'Italia della bici di avere tra qualche anno un corridore competitivo per la classifica generale.

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