Simone Consonni e Michele Scartezzini, argento nella Madison degli Europei su pista 2023 © UEC Cycling
Pista

Un'Italia che continua a rifiorire su se stessa

Si chiude con l'argento di Consonni-Scartezzini nella Madison l'Europeo di Grenchen 2023. La nazionale azzurra riesce sempre a proporre nuovi leader (ora è il turno di Simone) e giovani per un infinito ricambio. E nel settore veloce...

12.02.2023 17:31

Simone Consonni nell'anno della consacrazione. Olimpionico, anima del gruppo azzurro, versatile ai massimi livelli, umile tanto quanto forte, sempre il primo a felicitarsi coi compagni che raggiungono dei risultati, sempre disponibile a spendersi per gli altri. In dieci giorni, dal 3 al 12 febbraio 2023, l'abbiamo visto vincere l'ultima tappa del Saudi Tour (venerdì 3), poi - cambio di scenario drastico dal sole del deserto alle luci al neon del velodromo - l'abbiamo ritrovato nel cuore dell'Europa e della pista azzurra, partecipare mercoledì 8 al quartetto che successivamente - senza di lui - avrebbe vinto l'oro agli Europei, vincere giovedì 9 la Corsa a punti, conquistare un argento in proprio nell'Omnium sabato 11 e infine festeggiarne un altro - stavolta con Michele Scartezzini - nella Madison domenica 12, in chiusura di rassegna, pochi minuti fa.

Gli starà sembrando di camminare su una nuvola, ma in realtà sta solo raccogliendo quanto ha seminato in questi ultimi anni. Da coprotagonista in altre rassegne internazionali a star assoluta stavolta, due ori e due argenti in cinque giorni e un'accresciuta autoconsapevolezza che lo rende un congegno sempre sul punto di scattare, di mettersi in moto, di accendersi di entusiasmo. La cosa bella è l'inesorabilità di cui ha dato prova a Grenchen: sapevi che avrebbe fatto proprio quella cosa, e lui la faceva. Un attacco, una volata, un'accelerazione…

Stasera, in chiusura di Campionati Europei, era impegnato in una Madison in cui la concorrenza non era così tenera da tagliarsi con un grissino, tutt'altro. C'era molto del meglio mondiale della specialità, c'erano i campioni del mondo francesi, c'erano gli storici marcantoni tedeschi, c'erano i sempre solidi spagnoli, i sempre offensivi olandesi, i sempre sagaci belgi e altri ne dimentichiamo. E c'erano gli azzurri. Con Simone c'era Michele Scartezzini, subentrato in corsa a Elia Viviani ammalato. Scartezzini meriterebbe un monumento. Sempre lì, sempre pronto, consapevole per esempio che alle Olimpiadi non ci andrà mai, e quindi sarebbe addirittura legittimato ad avere meno motivazioni di altri; eppure mai che gli abbiamo visto risparmiare una pedalata in questi anni, mai una parola fuori posto, mai un movimento men che armonico con quello del gruppo. Un esempio di serietà. E di bravura, perché poi quando è in gioco il suo contributo è spesso determinante, come abbiamo visto anche oggi.

La gara è stata a lungo bloccata, con pochi attacchi ma un ben identificato gruppetto di coppie che partecipava agli sprint e faceva punti. Tra queste pure l'Italia, che ha vinto la quarta volata. Quando, a 135 giri dalla fine sui 200 totali, i portoghesi Rui Oliveira e Iúri Leitão sono finalmente usciti a proporre la prima caccia della serata, la classifica era la seguente: Germania e Olanda 12, Gran Bretagna 11, Italia 10, Francia 8, Spagna 7, Belgio 5, Danimarca 1. I lusitani da 0 son volati a 15 nel giro di 20 tornate, il tempo di star fuori insomma, vincere tre sprint e poi rialzarsi dato che non si riusciva a prendere quel benedetto giro: troppo alto il ritmo del gruppo, in cui Olanda e Germania soprattutto facevano i guardiani.

In ogni caso il Portogallo era rientrato nel discorso medaglie, quel discorso da cui l'Italia pian piano sfumava via, restando ai margini del gioco per una lunga fase centrale di corsa; una lunga fase in cui i tedeschi Roger Kluge e Theo Reinhardt continuavano a crescere e a macinare punti su punti, loro e i francesi (Benjamin Thomas e Donavan Grondin). Arrivava il momento di proporre una variazione sul tema, gli azzurri ci han provato subito dopo il 12esimo sprint ma niente; ci han riprovato subito dopo il 13esimo ma niente. C'era sempre un tedesco, o un olandese (Yoeri Havik gareggiava con Vincent Hoppezak), o un belga (Robbe Ghys o Fabio van den Bossche) a rilanciare dietro e a ricucire tutto.

E nel frattempo gli altri, più che non riuscire, nemmeno provavano a scappare dal ferreo controllo del gruppo. All'approssimarsi dell'ultimo quarto di gara Francia e Germania guidavano la classifica con 28 punti, seguite da Gran Bretagna (Oliver Wood e Fred Wright) a 24, Olanda a 20, Portogallo a 15, Belgio e Italia a 13, Spagna (Sebastián Mora e Albert Torres) a 9, Danimarca (Tobias Hansen e Theodor Storm) a 4.

È stato a questo punto che l'Italia, al terzo tentativo di fila, è riuscita finalmente ad aprirsi un varco. 56 tornate alla conclusione, e Consonni è andato. La coppia azzurra ha subito trovato l'insperato supporto di quella polacca, Wojciech Psczolarski e Szymon Sajnok, che a quel punto della contesa aveva già un giro di ritardo (-20 in classifica) e quindi non dava alcun incomodo in termini di punti, ma risultava utilissima per dividersi il lavoro. Che poi, “dividersi il lavoro” è locuzione esagerata, 80-20 le proporzioni, forse pure 85-15, tra le parti. Ovvio che poi, toccando a loro il grossissimo della fatica, Scartezzini e Consonni avessero anche i buoni uffici per fare il pieno di punti.

Uno sprint, due sprint, tre sprint, tutti di colore azzurro, e se dietro sulle prime forse avevano preso sottogamba le possibilità di rimonta italiana, a un certo punto l'insofferenza ha cominciato a farsi palese: qualcuno doveva andare a prendere quei due che intanto si guardavano bene dal mollare. Anzi, ai -44 parevano a un passo dal prendere il giro, ma poi una reazione degli inseguitori ha sfaldato il grosso del gruppo, obnubilando l'obiettivo, allontanandolo poi. Pazienza, c'erano ancora punti da raccattare strada facendo.

A 32 giri dalla fine i polacchi scoppiano. Consonni no, lui ha continuato a spingere, intanto c'era da centrare lo sprint numero 17, "poi si vedrà". E si è visto che il Portogallo è uscito di nuovo, ai -27, e ai -24 ha raggiunto gli italiani, “si può proseguire insieme, why not?”, del resto pure i lusitani erano alle spalle degli azzurri, quindi utilitaristicamente andava bene far comunella, col contrappasso - ora inevitabile, dato che erano loro stavolta a spendere di più degli ormai esauriti Simone e Michele - di lasciargli le volate: che era comunque un bel lasciare, perché se Leitão-Oliveira vincevano gli sprint 18 e 19, Consonni-Scartezzini passavano comunque per secondi, ed erano altri bei punti a comporre un quadro ormai idillico.

E quando tutto è finito, col gruppo che ha ripreso gli attaccanti a 9 giri dal termine, la classifica era radiosa: Italia 34, Germania 33, Francia 30, Gran Bretagna 26, Portogallo 25, Olanda 22, più indietro tutte le altre. Restava da parare a questo punto l'inevitabile onda d'urto tedesca, o francese, pronta ad abbattersi sugli sfiancatissimi azzurri (50 giri di caccia, chi non si sarebbe sfibrato in una simile impresa?).

La Spagna, ormai fuori da qualsiasi gioco ma non dal moto d'orgoglio, è partita ai -8, seguita da Germania e Belgio. Spagna e Belgio non davano certo fastidio all'Italia, ma la Germania? Per dirla tutta, gli azzurri faticavano pure a tenere un secondo terzetto con Francia e Portogallo, ed è presto stato chiaro che Kluge-Reinhardt non li avrebbero più ripresi. Restava pur sempre un argento da difendere.

Nel rimescolio dell'avvicinarsi della volata il Belgio è saltato, la Spagna s'è spenta, il Portogallo ha avuto lo spunto migliore e alla fine si è preso il secondo posto nell'ultimo sprint dietro alla Germania; poi la Spagna; poi al quarto posto la Francia, a salvare il podio dall'assalto lusitano, per una classifica che così si fissava: Germania 43, Italia 34, Francia 32, Portogallo 31, Belgio 15, Spagna 13, Gran Bretagna 6 (perso addirittura un giro nel finale!) come la Danimarca, Olanda 2 (pure loro hanno perso un giro all'ultimo momento), Austria -20, Polonia -31. Ritirate Svizzera, Ucraina, Repubblica Ceca, Israele, Slovacchia. Titoli di coda.

La Germania ha vinto il medagliere, 7 ori, 1 argento, 5 bronzi. 4-6-2 per la Gran Bretagna seconda, 4-1-5 per l'Olanda terza. L'Italia onorevole al quarto posto con 3 ori, 3 argenti e 1 bronzo, davanti a Francia (1-3-7), Belgio (1-1-1), Portogallo (1-1-0), Norvegia (1-0-0), Polonia (0-3-1) e Spagna (0-3-0).

Piccolo bilancio: rispetto agli Europei 2022 l'Italia perde 4 medaglie (furono 11, 3-5-3), in particolare gli uomini ne perdono una in totale ma guadagnano due ori (1-3-1 di allora contro 3-2-0 di oggi), mentre le donne perdono in quantità e qualità (2-2-2 nel 2022, 0-1-1 stavolta). Una piccola inversione di tendenza dato che era da Apeldoorn 2019 che gli uomini non totalizzavano più medaglie delle donne, ma non è il caso di tracciare teorie in quanto le ultime edizioni degli Europei non sono molto confrontabili tra di loro, essendo state disputate in date completamente diverse: novembre Plovdiv 2020, ottobre Grenchen 2021, agosto Monaco 2022, stavolta in febbraio. Non potendo fare comparazioni sui periodi di picco dei vari atleti, trarre conclusioni sarebbe quantomai spericolato.

Il complesso però ci dice che la squadra tiene, c'è un certo ricambio, si affacciano volti nuovi nell'endurance maschile (Manlio Moro è l'ultimo, ma consideriamo pur sempre che uno come Milan che pare un veterano ha solo 22 anni, e Gannone non arriva ai 27), in quello femminile l'età media è tuttora bassissima e se si continua a lavorare bene c'è abbondante materiale per un altro quadriennio olimpico una volta doppiata la boa di Parigi 2024.

“Lavorare bene” è quanto possiamo dire in merito alla novità rappresentata da Ivan Quaranta, che da quando è entrato nello staff di Marco Villa si sta dedicando esclusivamente alla velocità e qualche risultato comincia a vedersi: al di là dell'exploit di Mattia Predomo, che pare un piccolo fenomeno e quindi può anche non far testo, degni di nota i turni superati nel Keirin femminile, degno di nota l'impianto di un terzetto maschile, giovanissimo, degno di nota il tentativo di metterne su uno pure tra le donne, con l'inserimento di una Rachele Barbieri sempre disponibile al gioco di squadra. Insomma qualcosa si muove, e pare di vedere quel che vedevamo nell'endurance 10 anni fa. E questo qualcosa ci fa dire: c'è ancora un futuro per la pista italiana. Evviva.

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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!