Presentazione ToQL, gentile concessione di Adrian Hoe
Diari e Réportage

La corsa più alta del mondo: diario dal Tour of Qinghai Lake 2023

Da oggi e per tutta la gara, il nostro inviato ci racconterà quotidianamente scenari e vicende del ToQL. Le peripezie per entrare in Cina, l'iPhone di Attilio Viviani, il cuore spezzato dei fan di Luca Pacioni

dal nostro inviato

Riaperte le porte della Cina, anche il 22esimo “China Sports Lottery” Tour of Qinghai Lake 2023, corsa in cui per due anni la partecipazione è stata riservata ai soli team cinesi, torna ad avere una startlist internazionale. Per l'Italia saranno presenti due formazioni Professional, la Green Project-Bardiani CSF-Faizanè e la Corratec-Selle Italia.

La corsa si svolgerà come da tradizione ormai ventennale tra il 9 e il 16 luglio nel Qinghai, regione nel Nord-Ovest della Cina a ridosso del Tibet che ospita l'omonimo lago, da cui la gara stessa prende il nome: si tratta di uno specchio d'acqua salata di 4.500 km quadrati (la superficie dell'intera provincia di Brescia, per avere un paragone) posto a 3200 metri sopra il livello del mare.

La presenza delle due squadre italiane mi ha permesso di essere inviato al seguito della corsa per Cicloweb: l'organizzazione del ToQL23 desiderava che questa corsa avesse eco anche fuori dalla Cina, per cui in modo abbastanza rocambolesco mi sono ritrovato a Xining alle operazioni di partenza. Chi è stato o per qualsiasi motivo viaggia in Cina non può non conoscere le difficoltà burocratiche che accompagnano l'europeo medio: a partire dal rilascio del visto, che si ottiene solo in tre centri in tutta Italia e che bisogna prenotare con settimane di anticipo, visto per il cui rilascio è necessario compilare otto pagine di informazioni che non ti era mai capitato nella vita di fornire contemporaneamente.

Avendo viaggiato più volte in Israele, ero abituato a sentirmi fare le domande più originali, eppure non mi ero mai trovato a dichiarare le professioni dei miei genitori, elencare tutti i lavori che ho svolto io, nome e indirizzo dei miei datori di lavoro, di quali associazioni faccio parte, che scuole ho frequentato, il giorno in cui le ho iniziate e il giorno in cui le ho finite (dopo otto anni quanti si ricordano il giorno in cui si sono laureati?)…

Non basti quello, occorre di armarsi di grande pazienza perché l'organizzazione che tanto gentilmente ti ha invitato e aiutato può non sapere che, per chi ha il passaporto italiano, il sito su cui completare il check in on-line è airchina.it e non airchina.com.cn, e trovarsi a compilarlo la notte prima del viaggio, insieme al certificato sanitario e alla dichiarazione di tampone negativa che va presentata per entrare in Cina. Niente di nuovo, anche per il Marocco l'avevo compilato on-line, ma lì con il francese ce la si cavava, mentre trovarsi ad aprire pagine completamente in cinese, insomma, richiede un po' di fortuna nel trovare i link giusti.

Eppure uno pensa che con tutta la modernizzazione recente della Cina, almeno nelle strutture di accoglienza se la caverà come sempre con l'inglese, pur senza essere un fenomeno. Peccato poi scoprire che i cinesi che lo parlano, per quanto educati, abbiano l'abitudine di pronunciare l'inglese come il cinese, ovvero aspirando le vocali, e dover sempre farsi ripetere le cose con imbarazzo, come quando la signora del check-in dice qualcosa di simile a “body hate”, e alla terza volta, quando il dito indica il biglietto, scopri che si intendeva "boarding gate". Temendo di essere limitato io, ho provato a chiedere al mio compagno di avventura australiano, Tom, che mi ha confermato la stessa impressione, come condivide con me lo smarrimento di quando, trovandoci in un albergo dove nessuno del personale sa l'inglese, spesso qualcuno insiste a parlarci in cinese, convinto che se ripete le cose piano prima o poi capiremo.

Sia io che Tom abbiamo trascorso una mezza giornata cercando di ovviare a situazioni che chi è meno sprovveduto di noi sa che incontrerà viaggiando in Cina. La prima è non poter prelevare denaro contante. Uno pensa: sono riuscito a prelevare dagli ATM palestinesi o a due passi dal Sahara, non sarà un problema in Cina, e invece si ritrova accompagnato al secondo piano di una banca dove un'impiegata (che non parla inglese, ça va sans dire) spiega alla mia traduttrice che avrei dovuto caricare la carta di credito in Yen prima di partire.

Della seconda eravamo stati avvertiti: in Cina tutte le app che usiamo quotidianamente (Google i suoi derivati, WhatsApp, Facebook, Ig, Spotify…) sono bloccate. Hanno propri motori di ricerca e propri social che ovviamente sono in cinese. Per aggirare il problema ci era stato detto di scaricare un VPN, e uno tranquillamente a casa googla “quale VPN è meglio per…” e compra per un mese quello più gettonato per poi scoprire che… no, non tutti i VPN funzionano in Cina.

Dopo averle provate tutte, aver implorato amici e parenti di scaricare WeChat e chiedere di volta in volta un aiuto, capita di arrivare nella hall dell'albergo degli atleti, trovare Attilio Viviani con due suoi compagni Corratec che stanno risolvendo aiutati da un ragazzo lo stesso problema, implorare il buon Attilio che con pazienza individua il tuo telefono e condivide il file apk per la app giusta, e risparmiare a me e Tom una settimana di imprecazioni.

È questa la prima impressione delle prime 48 ore in Cina: un paese tanto ospitale e scrupoloso, quanto centrato su se stesso, che ritiene soprattutto di poter bastare a se stesso, di non dover imparare un'altra lingua, che dà un peso minimo a ciò che accade al di fuori dei propri confini.

La presentazione squadre della mattina (sabato 8 luglio), è stata qualcosa che di più cinese non si può avere: un veloce scorrere di 22 squadre che non si fermano nemmeno per un attimo, non un solo nome di ciclista pronunciato, non un solo commento sugli atleti, ma un'infinita catena di messaggi di circostanza che partono dal padrone della società organizzatrice e passano dal vice-ministro, il presidente di questo e quest'altro ente, e poi una sfilza di nomi delle cui cariche ho perso il filo, comprendendo solo la parola “party”: in qualche modo, appartenevano al Partito.

Gli scenari regalati dalla particolare situazione geografica unita alla presenza molti luoghi che conservano le vestigia della cultura buddhista (cultura per la quale il lago stesso è sacro e meta di pellegrinaggio) rendono questa regione, il Qinghai, quella a più alta vocazione turistica di tutta la Cina. L'altitudine della corsa, che non scede mai sotto i 2200 metri e alla sesta tappa raggiunge i 4108 metri del Dadongshu Hillside, la rende per distacco la corsa professionistica più alta del mondo.

Benché abbia una caratura UCI inferiore rispetto al Tour of Guangxi, è nettamente la gara più storica e sentita qui in Cina, quella in cui i corridori vincenti restano nel cuore degli appassionati al netto di qualsiasi altra piega abbia preso la loro carriera: nessuno si stupisca se chiedendo il nome di un corridore italiano ad un appassionato medio di ciclismo cinese, vi verranno risposti nomi come Nicolas Marini, Luca Pacioni, Jakub Mareczko, o se, nominandogli Primož Roglič, se lo ricorderanno perché ha vinto una tappa del ToQL nel 2015, in maglia Adria Mobil.

I think Luca Pacioli could ride a good race”, mi dice uno dello staff. "Maybe Bagioli?" Chiedo io, per poi scoprire che si riferiva al suddetto Luca Pacioni, collezionista di diverse vittorie e piazzamenti tra Cina, Taiwan, Korea e Malesia. Mi è sembrato di spezzargli il cuore dicendogli che ha smesso da un anno e mezzo.

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Paolo Armentini
Inseguo sogni e utopie dal 1990. Non sapendo né correre, né scrivere, né insegnare, provo a fare le tre cose, sia mai che me ne esca una giusta.