Tadej Pogačar è campione del mondo per la seconda volta a Kigali 2025
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Dopo Zurigo, Kigali: Pogacar è di nuovo campione del Mondo!

Attacco a 104 km dal traguardo sul Mount Kigali, poi 67 km in solitaria per l'ennesima impresa da record dell'inavvicinabile fuoriclasse sloveno. Evenepoel e Healy completano il podio, Ciccone sesto a più di 6'

Stufo? Bollito? Addirittura finito? Macché! Tadej Pogacar è sempre lui e, dopo i dubbi sollevati dalle sue prestazioni - e, soprattutto, dal suo atteggiamento - tra l'ultima settimana di Tour de France e la cronometro con sorpasso subito appena una settimana fa, ha aspettato la giornata più importante della stagione, quella del Mondiale di Kigali 2025, per interrompere un digiuno lungo addirittura 11 giorni di corsa e per dare la risposta più attesa e, al tempo stesso, scontata: il più forte, nettamente è ancora lui. Secondo iride consecutivo, terzo podio in fila con il terzo posto di due anni fa a Glasgow, lo sloveno di Komenda è sempre più il Cannibale 2.0, che ne abbia voglia o meno. Alieno.

Tadej Pogacar tutto solo all'inizio dell'ultimo giro di Kigali 2025
Tadej Pogacar tutto solo all'inizio dell'ultimo giro di Kigali 2025

La prima accelerazione sulle rampe della salita più lunga di giornata, il Monte Kigali, per rimanere solamente con il delfino Del Toro; la seconda, a 67 km dal traguardo, per involarsi verso la seconda maglia iridata consecutiva. Un Pogačar da record, tanto per cambiare, ineluttabile e inavvicinabile per il resto del mondo. Lo sconfitto di giornata, se così vogliamo chiamarlo, è Remco Evenepoel: in difficoltà su Monte Kigali, in crisi di nervi per colpa della bici - e del suo carattere - il belga, costretto a due cambi di mezzo, ha avuto il merito di non arrendersi mai, ma alla fine si è dovuto accontentare del secondo posto, a 1'28" dall'inavvicinabile rivale. Almeno un piccolo record, Remco, è riuscito a difenderlo: quello del distacco più ampio dei Mondiali del nuovo millennio, che rimangono i 2 minuti e 21 secondi rifilati a Laporte a Wollongong nel 2022.

La rabbia di Remco Evenepoel, costretto a due cambi di bici al mondiale di Kigali 2025
La rabbia di Remco Evenepoel, costretto a due cambi di bici al mondiale di Kigali 2025

Gradino più basso del podio per il solito, generosissimo Ben Healy. Fuori dal vivo della corsa, invece, l'Italia, che può però consolarsi con il sesto posto finale di Giulio Ciccone. All'abruzzese è mancata la brillantezza dei giorni migliori, ma il piazzamento finale non può non essere considerato un buon risultato, ancor di più pensando alla 25esima piazza di un anno fa a Zurigo. Hanno fatto meglio, rispetto a quel piazzamento, anche Andrea Bagioli, 17esimo, e Gianmarco Garofoli, 22esimo.

Mondiale Élite uomini Kigali 2025, prova in linea - La cronaca

L'inizio è scoppiettante, con la Francia in particolare all'attacco con diversi uomini. Tra questi anche Julian Alaphilippe, evidentemente voglioso di farsi vedere anche in questo Mondiale, per lui dimenticabilissimo: pochi chilometri, infatti, e Loulou è costretto ad alzare bandiera bianca, a causa di una intossicazione alimentare. Stessa sorte, poco dopo, per il compagno di squadra Louis Barrè. Malanni manifestatisi solo in corsa? Probabile, almeno a guardare l'animo pugnace con cui la squadra di Voeckler ha affrontato la corsa iridata.

In buona compagnia, a dire il vero, visto che già al secondo passaggio su Kimihurura il gruppo si è spezzettato in più parti. Tra i corridori all'avanguardia Del Toro, mentre altri, tra cui Pogačar e gli azzurri, si sono fatti trovare un po' indietro. Ancora più staccato Tom Pidcock, sorpreso dall'accelerazione del plotone mentre era stato costretto a fermarsi all'ammiraglia. Nessun problema a rientrare nemmeno per il britannico, con il gruppo che ha presto raffreddato i propri bollenti spiriti.

La fuga di giornata ha, dunque, preso il largo. A comporla Julien Bernard, Ivo Oliveira, Anders Foldager, Menno Huising, Fabio Christen e Marius Mayrhofer. Solo in seconda battuta, si è ricongiunto Raul García Pierna, costretto a recuperare più di un minuto per riportarsi sulla testa della corsa. Slovenia e Belgio hanno preso il controllo della corsa e, fino a -130 km circa non è accaduto nulla di rilevante o quasi. Quasi, perché una caduta a 220 km dal traguardo ha coinvolto una mezza dozzina di corridori, compresi Marc Soler (verosimilmente l'innesco del capitombolo) e Ilan Van Wilder. Tanto il compagno di squadra di Ayuso, quanto il luogotenente di Evenepoel, sono stati costretti ad abbandonare la corsa. Un'assenza, quella del connazionale di Evenepoel, che Remco ha pagato nelle fasi cruciali della corsa.

Pogačar ha pure perso abbastanza presto alcuni compagni di squadra - Žumer, Govekar e Primožič - come ampiamente prevedibile anche alla vigilia della corsa iridata. Tra un ritiro e l'altro e qualche incompresibile tentativo, più che velleitario (vedi alla voce Mauro Schmid), i corridori sono arrivati al momento decisivo della corsa. Il gruppo di testa si è rotto all'ingresso del giro lungo, quello con il Monte Kigali prima e il Muro anomimo poco dopo; davanti sono rimasti Bernard, Foldager e Oliveira, anche se prima il portoghese e poi il danese sono stati costretti a mollare le ruote del transalpino a metà Mount Kigali. Sulle prime rampe della salita più lunga del Mondiale, frattanto, l'Italia ha perso Fortunato e Sobrero.

Sulle rampe più dure, quelle conclusive, si è - di fatto - decisa la corsa: seduto e composto sulla sua Colnago, Pogačar ha impresso un ritmo indiavolato agli avversari, all'apparenza senza fare alcuna fatica. Superato Bernard, l'unico in grado di tenere il suo ritmo è stato l'ormai ex compagno di club Juan Ayuso, mentre Isaac Del Toro è rientrato nel successivo tratto in discesa. Staccato, staccatissimo, Evenepoel, alle prese con problemi al sellino, tali da richiedere un primo cambio di bici.

Del Toro e Pogačar sul Mur de Kigali
Del Toro e Pogačar sul Mur de Kigali

Crisi che si è acuita sull'unico passaggio sul Muro di Kigali, dove il ritmo impresso da Del Toro ha costretto alla resa Ayuso. Davanti, così, sono rimasti i due UAE Emirates-XRG, con Ayuso presto ripreso da un gruppetto di inseguitori, capitanato da Richard Carapaz e composto, tra gli altri, anche da Healy, Skjelmose, Ciccone, Seixas, Sivakov, Mollema, Pidcock, Hirschi, Skujins e Hindley. Nel giro di qualche chilometro, ritornati nel giro corto del circuito iridato, anche Evenepoel, grazie ai compagni di squadra, è rientrato nel gruppone, che si è così composto di una trentina di unità; per l'Italia, oltre a Ciccone, anche Bagioli, Garofoli, Masnada e Frigo. 45" secondi circa il ritardo dalla coppia di testa.

La corsa, di fatto, era già decisa. Del Toro ha dato i primi segni di cedimento - problemi di stomaco per il messicano - all'undicesimo passaggio su Kigaliberg, quando al traguardo mancavano 77 km. Capitan Pogi ha aspettato il proprio rampante compagno di squadra, che però, una decina di chilometri più tardi, ha dovuto definitivamente alzare bandiera bianca, lasciando il campione del mondo in carica da solo in testa alla corsa con più di 66 km ancora da percorrere. Dietro, anche per le difficoltà del messicano, il distacco si è mantenuto intorno ai 45", ma con una novità di non poco conto: a causa di nuovi problemi meccanici, Evenepoel è stato costretto a fermarsi una seconda volta; una sosta lunga, troppo lunga, con il belga con i nervi a fior di pelle (vedi foto in testa all'articolo) e costretto a perdere diverse decine di secondi rispetto non solo a Pogačar, ma anche a tutti gli inseguitori.

Remco, però, non si è arreso e, in men che non si dica, si è rimportato sul gruppetto dei primi inseguitori, mettendosi rabbiosamente in testa e selezionandolo sul nuovo passaggio su Kimihurura: all'inseguimento di Tadej sono rimasti il belga, Healy, Hindley, Skjelmose e Pidcock, con circa un minuto di ritardo sulla testa della corsa e 15" di vantaggio - presto dilatati - sui più immediati inseguitori, Ayuso e Seixas. Troppo, per pensare di andare a riprendere lo sloveno, in totale controllo della situazione e pronto a incrementare il proprio vantaggio, con il proprio ritmo costantemente elevato. L'occasione per rintuzzare il divario da Pogačar, quando il Komendante aveva deciso di non staccare Del Toro troppo presto, era già svanita, anche a causa dei guai meccanici patiti da Evenepoel.

A 45 km dal traguardo, Hindley prima e Pidcock poi hanno perso la scia del treno Evenepoel-Healy-Skjelmose. Impressionante la rapidità con cui il gap dei due si è dilatato, fino a superare i 5' da Pogačar, segno che Remco stava danto tutto, e anche di più, per un ultimo, disperato tentativo di riavvicinarsi al proprio rivale. Risultato? Il distacco tra i due non si è ridotto, anzi, è aumentato, arrivando a sfiorare i 90" al suono della campanella di inizio ultimo giro. Game, set and match Pogačar.

Mentre era impossibile sapere, attraverso le immagini della diretta televisiva, cosa stesse accadendo tra i comuni mortali, rimasti appena in 33 all'inizio del terzultimo giro, Evenepoel andava a prendersi la medaglia d'argento con un attacco a 20 km dal traguardo, mentre Healy avrebbe aspettato l'ultimo giro per liberarsi della compagnia di Skjelmose, andando così a completare il podio di Kigali 2025: Pogačar medaglia d'oro per il secondo anno consecutivo, argento per Evenepoel, di nuovo sul podio dopo l'oro di Wollongong 2022 e bronzo, appunto, per Healy.

17esima vittoria stagionale per il Cannibale 2.0, di nuovo a braccia al cielo in una corsa in linea dopo un digiuno (ahahahahah!) che durava addirittura - pensate un po', incredibile - dal 17 luglio scorso, 12a tappa del Tour de France, con arrivo a Hautacam. Il giorno successivo Tadej ha poi vinto la cronoscalata di Peyragudes e una decina di giorni più tardi il quarto Tour de France in carriera, ma questi successi non rientrano nel novero delle “vittorie di corse in linea”. Il totale in carriera sale a 105, con la concreta possibilità che, tra una settimana ai Campionati europei, possano già diventare 106.

A completare la top five, nell'ordine, Mattias Skjelmose, quarto a 2'53", e Toms Skujins, una posizione più indietro rispetto a Zurigo 2025, a 6'41". Sesto, a 6" dal lettone, Giulio Ciccone, che ha regolato allo sprint i due motori fusi da Pogi, quelli di Del Toro, settimo e primo non europeo al traguardo, e Ayuso, ottavo. Nono un indomabile Afonso Eulálio, mentre Pidcock, con la spia della riserva accesa, ha concluso la top ten a 9'05" dal bicampione del mondo, arrivando sul traguardo insieme a Primož Roglič. 13esimo Seixas, 15esimo Sivakov, 16esimo Hindley, 17esimo Bagioli e 18esimo Hirschi, mentre l'ultimo classificato di questo mondiale è stato l'eritreo - e unico africano all'arrivo - Amanuel Ghebreizgabhier, trentesimo a 12'04". Per trovare meno classificati bisogna tornare indietro di trent'anni, a Duitama 1995, quando al traguardo arrivarono appena in 20.

Un Mondiale duro, forse troppo, specie con un corridore straordinario, anche nel suo ammazzare le corse, come Tadej Pogačar. L'anno prossimo a Montreal non andrà molto diversamente, a meno di cambi di luna al momento impronosticabili. Quel che è certo è stato l'innegabile successo di pubblico - e non solo - della prima rassegna iridata in terra d'Africa. Al netto di tutte le innegabili storture di una Nazione come il Ruanda, l'immagine che il Paese centrafricano è riuscito a dare di sé al mondo, con circa un milione - UCI dixit - di persone sulle strade dei due circuiti iridati, è stata, piaccia o meno, positiva.

Mondiale Élite uomini Kigali 2025, prova in linea - Ordine di arrivo

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Nonostante tutto, il ciclismo è la mia unica passione.