Jonas Vingegaard © A.S.O.
Lo Stendino di Gambino

Il Tour de France c'è (anche se gli italiani latitano)

Percorso da scalatori? Sì ma fino a un certo punto. Quel che è certo è che la sfida sarà tra Vingegaard e Pogacar. E per il nostro movimento si certifica uno stato sostanzialmente comatoso

27.06.2023 20:56

Espletata l'assegnazione dei titoli nazionali, scatterà sabato prossimo da Bilbao, capoluogo dei Paesi Baschi spagnoli, il 110° Tour de France, l'appuntamento per antonomasia della stagione ciclistica internazionale. La Grande Boucle polarizzerà l'attenzione del mondo delle due ruote fino a domenica 23 luglio, giorno della tradizionale passerella conclusiva parigina sui Campi Elisi. La corsa francese presenta un tracciato fortemente diverso da quello del recente Giro d'Italia, chiusosi a Roma il 28 maggio scorso. A fronte dei 72 chilometri a cronometro della corsa rosa e dei 54 della edizione 2022, ci saranno solo 22.000 metri contro il tempo, tutti concentrati nella sedicesima tappa da Passy a Combloux in programma il giorno successivo al secondo riposo, martedì 18 luglio.

Non è però esatto affermare che quello del Tour 2023 sia un percorso disegnato per scalatori. I Pirenei, complice la partenza spagnola, arriveranno presto e saranno liquidati in modo abbastanza disimpegnato tra la quinta e la sesta tappa. Ci sarà l'inossidabile Tourmalet, anche quest'anno Souvenir Henri Desgrange con i suoi 2.115 metri. Il dislocamento di questa mitica cima a quasi 50 chilometri dal traguardo di Cauterets-Cambasque, tuttavia, ne limiterà il peso nell'economia della frazione. È grandissima, invece, l'attesa per la nona tappa, che concluderà la prima fase di corsa. Domenica 9 luglio i corridori viaggeranno per 184 chilometri da Saint-Léonard-de-Noblat per raggiungere, dopo un'assenza di 35 anni, i 1.415 metri del Puy de Dôme. In cima al vulcano spento, alle cui falde ebbe luogo la cruenta lotta tra Giulio Cesare e Vercingetorige, si comincerà ad avere una prima idea su chi possa portare la maglia gialla a Parigi.

La seconda settimana inizierà con tre giornate interlocutorie attraverso il Midì, prima d'un graduale avvicinamento alle Alpi che vedrà, nell'ordine, l'arrivo in cima al Grand Colombier in coincidenza con la festa nazionale francese del 14 luglio, seguito dalla più morbida frazione che terminerà a Morzine Les Portes du Soleil e dal primo dei due tapponi alpini che, partendo da Les Gets Les Portes du Soleil, porterà i corridori attraverso 179 chilometri e 4.000 metri di dislivello a Saint-Gervais ai piedi del Monte Bianco. Dovrebbero, alla fin dei conti, risultare decisive per il successo finale le due frazioni che seguiranno il secondo giorno di riposo. Della breve cronometro vallonata, unica frazione contro il tempo di quest'anno, si è già scritto sopra. Il giorno seguente, il Tour saluterà le Alpi con la diciassettesima tappa: 165 chilometri da Saint Gervais a Courchevel. Saranno ben 5.000 i metri di dislivello che condurranno a quello che ha tutta l'aria d'essere il traguardo su cui conosceremo il nome del vincitore della corsa. Difficile, infatti, che possa accadere qualcosa nelle quattro giornate conclusive con tre tappe chiaramente destinate ai velocisti, intervallate il penultimo giorno dall'interessante, ma non impossibile, frazione sui Vosgi in terra d'Alsazia.

Complice la frattura al polso rimediata a fine aprile alla Liegi-Bastogne-Liegi, che lo ha costretto a restare un mese fermo, Tadej Pogacar parte leggermente sfavorito rispetto a Jonas Vingegaard. Dopodiché, pensare ad uno sloveno remissivo, potrebbe essere l'errore più grave per il campione uscente, apparso in forma smagliante al recente Giro del Delfinato. Il danese dovrà mettere quanto più fieno possibile in cascina nei primi nove giorni in previsione d'un probabile ritorno di fiamma del fuoriclasse di Komenda nella parte terminale della corsa. Gli altri, ammesso che esistano contendenti alternativi per il successo finale, dovranno ricorrere a molta creatività, sperando che la fortuna premi i loro audaci sforzi. Sarà interessante, a tal riguardo,  vedere il comportamento dei vincitori del Giro 2021, il colombiano Egan Bernal, fino a due anni fa in grado di lottare alla pari con i diarchi, e 2022, l'australiano Jai Hindley, sommo regolarista, tra l'altro al suo esordio alla Grande Boucle.

La presenza di solo sette corridori al via, minimo storico assoluto, certifica in modo eloquente lo stato comatoso del ciclismo italiano. Qualunque cosa arrivi di buono, anche un premio giornaliero alla combattività, sarà ben accetta.

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