Le bici gravel, un pianeta tutto da scoprire
Sulla scia dei Campionati del Mondo tenuti a inizio ottobre, proponiamo un approfondimento sui mezzi che permettono di affrontare questa nuova specialità destinata a prendere sempre più piede
La seconda edizione dei Campionati del mondo di ciclismo Gravel, la specialità che nella sua forma racing sta prendendo velocemente piede, si è tenuta, sabato 7 e domenica 8 ottobre, nel territorio dell'Alta Marca Trevigiana, con arrivo a Pieve di Soligo (TV). Un territorio patrimonio UNESCO, unico nel suo genere; composto da una serie di catene collinari, ripidi pendii e, naturalmente, strade sterrate. È stata disegnata una prova molto tecnica, con varie salite impegnative. Il percorso più lungo si è svolto sulla distanza di 169 km con 1.900 metri di dislivello.
Matej Mohorič ha vinto la prova maschile Élite. Uno stradista puro, Matej; anche se è stato definito il più “Biker” fra gli stradisti. Tra le altre corse, ha vinto, nel 2022, la Milano-Sanremo, nel modo in cui questa classica monumento deve essere vinta: in discesa. Lungo i tornanti del Poggio ha preso il largo utilizzando, oltre alla sua grande maestria nella specialità del discesista, uno stratagemma tecnico tipico delle bici fuoristrada: il reggisella telescopico.
È un modo, in uso nel Cross Country, per regolare l'altezza della sella mentre si è in movimento; adattare la posizione del ciclista in diverse situazioni di corsa. In discesa, serve ad abbassare il baricentro e migliorare la stabilità. Ecco il precedente che lega lo sloveno all’idea di gravel bike e dà coerenza alla sua vittoria nella prova mondiale di specialità lungo i filari del prosecco.
In realtà il confine non è molto definito tra i campionati del mondo della specialità gravel finora disputati e tante corse presenti da tempo nel calendario Word Tour. Polvere e strade di campagna le troviamo da sempre nella Parigi-Roubaix, regina di tutte le classiche; il Giro delle Fiandre – De Ronde – propone epici confronti con le asprezze del territorio. Anche la Strade Bianche, corsa nel magnifico contesto delle terre di Siena e diventata subito la classica del Nord più a sud d'Europa, propone tanta ghiaia.
Cos’è il gravel?
Allora bisogna chiedersi cosa realmente sia il gravel. Si fa risalire l’origine di questo modo di andare in bici ancora una volta alla culla di tutte le tendenze: gli Stati Uniti. Il fatto è che da quelle parti tutte le strade secondarie non sono asfaltate. Pietrisco e polvere, e lunghe distanze: sono le B-road. I ciclisti avevano bisogno di viaggiare veloci sul pietrisco e così son nate le gravel bike.
Ma non è precisamente così, ne sono certo! Si andava in gravel bike, lungo le stradine che costeggiano i canali, già tanti anni fa, ho visto le foto. In bianco e nero e sbiadite ma le ho viste. Beh, forse, ripensandoci, l’America c’entra qualcosa. C’entrano quelle strade enormi e polverose; le vallate arse e le pianure senza fine che ti fan sentire piccolo ma ti rendono avventuroso. È lì che nasce il bisogno di viaggio nella natura con una bici.
O forse c’entrano le camicie a scacchi, quelle larghe e con i colori sgargianti che te le metti anche quando fa caldo ma senza abbottonarle, svolazzanti e vistose. Allora gravel può essere un modo, eccentrico, dissacrante, anticonformista, di vivere la bici.
Ma anche un modo, per un numero sempre crescente di ciclisti, di allenarsi, impegnarsi, esprimere Watt; lontani dal traffico e dai sempre più concreti rischi che sorgono dall’improbabile condivisione delle vie d’asfalto. Viaggio sì, ma anche sport agonistico.
Le bici: gravel vs strada
Dunque, gravel può essere viaggio, senza regole o costrizioni. Di sicuro, è far parte della natura con una bici, viverne ogni risvolto. Ma può anche essere, lo diventa sempre di più, competizione agonistica. I confronti internazionali che nascono, forse ancora un po’ da ripensare, sono accolti con entusiasmo dagli appassionati di tutti i paesi. Allora viene da chiedersi quali siano le differenza con le corse su strada.
Sembrano simili ma sono molto diverse, le bici da strada e quelle gravel. Le une molto rigide, aerodinamiche, basse e allungate; impongono una posizione raccolta e proiettata in avanti, tutta sull’avantreno; il carro molto corto per la massima reattività. Le altre, invece, sono molto più elastiche, meno reattive; gli angoli comodi, la posizione alta e i pesi spostati sul retrotreno.
Nonostante una certa somiglianza appartengono a due mondi diversi. In linea di principio le due geometrie sarebbero sovrapponibili ma vengono definite dall’uso: la necessità di usare gomme fino a 40-42 mm di sezione cambia tutto. I foderi posteriori si devono allungare e le forcelle, dovendo garantire molto spazio per le gomme, cambiano dimensioni e inclinazione.
Una bici tipicamente gravel avrà gli angoli più aperti. Il tubo piantone più inclinato verso la ruota posteriore e il canotto di sterzo che proietta più in avanti la ruota anteriore. La posizione in sella cambia significativamente: è più rilassata, adatta anche ai lunghi tour. La guida risulta meno reattiva, comunque maneggevole e precisa sui terreni più irregolari. La risultante di un passo più lungo (distanza tra gli assi delle ruote); movimento centrale più alto che alza il baricentro e crea più spazio per superare i terreni accidentati. Il manubrio meno estremo e l’attacco più corto, con angolo positivo, servono alla manovrabilità anche a basse velocità e, soprattutto, a una posizione più sostenibile nelle lunghe percorrenze.
La scelta delle gomme, nel gravel racing molto più che per la bici da strada, è di fondamentale importanza. Si tratta del componente che in maggior misura condiziona la resa del mezzo. Larghezza della gomma, disegno del battistrada e pressione di gonfiaggio sono i parametri da mettere in relazione con le condizioni del terreno. L’uso delle gomme tubeless permette pressioni inferiori; consente maggiore tenuta di strada e comfort.
In relazione al disegno del battistrada si hanno svariate tipologie e possiblità. Si va, schematizzando, da un battistrada molto scorrevole, quasi totalmente slick, passando da quelli con tasselli piccoli e ravvicinati fino ad arrivare a battistrada con tasselli grandi e distanti fra loro per situazioni più estreme e terreni fangosi.
Anche la sezione delle gomme segue una logica analoga; si va da 35mm a 42mm per la gran parte delle situazioni prevedibili. Il compromesso da trovare è quello tra massima scorrevolezza e indispensabile tenuta di strada.
Anche con le pressioni da adottare va cercato il giusto compromesso. Bisogna tenere conto del peso del ciclista, del tipo di terreno che si affronta e delle caratteristiche dello pneumatico. Si può pensare a un intervallo tra 2,5 e 4,5 bar sapendo che tanto più bassa sarà la pressione tanto più si avrà grip in fuori strada ma poca scorrevolezza nei tratti d’asfalto. Poi, la pressione bassa espone un po’ più alle forature.
Le gare del Mondiale
Oltre alla teoria, le applicazioni pratiche. Le prove mondiali si sono rivelate molto dure, ma anche molto veloci. C’è una grande libertà di scelta, tutto quel che abbiamo detto sulla tecnica delle bici gravel può perdere di significato in un attimo. In fondo è l’uso che determina la forma.
Lo scorso anno, nella prima edizione del Mondiale Gravel, in un percorso senza grandi asperità e con un fondo battuto e compatto, ha vinto una bici da strada. Una Canyon Ultimate con gomme da 35 mm, niente più. Quest’anno il percorso più tecnico – quello e tutte le logiche del marketing – ha determinato scelte più specifiche. Entrambi i vincitori, Kasia Niewiadoma per la prova femminile e Matej Mohorič per quella maschile, hanno vinto su prototipi di gravel bike da competizione.
La Niewiadoma ha pedalato su una Canyon Grayl inedita. Una bici pensata esclusivamente per le competizioni. Montata con un gruppo misto: cambio Sram XX1 Eagle AXS (da MTB), pacco pignoni 10-52, monocorona Red da 42 denti. Gomme Schwalbe G-One RS 700×40 (percorsi asciutti e scorrevoli, semi-slick al centro e tassellato sui fianchi) su ruote Zip 303 in carbonio.
Mohorič ha avuto a disposizione una Merida Silex prototipo, sviluppata per le corse. Il telaio montato con il gruppo Shimano Dura-Ace da strada, lo stesso usato tutto l’anno. La scelta dei rapporti è caduta su un 11-34 al posteriore e doppia corona 50-34 all’anteriore. Le Continental terra Speed da 40mm sono state la scelta per gli pneumatici. Hanno battistrada tassellato: con tasselli molto vicini sulla parte centrale per migliorare la scorrevolezza. I pedali erano da strada, Dura-Ace SPD-SL.
La scelta di Mohorič di montare un manubrio da 140 mm, lo stesso da lui utilizzato su strada, è stata una sorpresa e una perplessità. Una scelta, come abbiamo visto, del tutto incoerente con gli assetti gravel. Ma i vincitori hanno sempre ragione.
Da queste prime esperienze agonistiche a livello globale emerge chiaramente come il gravel racing abbia un grande potenziale. Ancora non si è raggiunta una netta definizione dei confini con la strada e gli stradisti. Intendiamoci, la contiguità è ricchezza e le incursioni sono sicuramente da promuovere. Ci sono però degli aspetti tecnici che sarebbe bene mettere più a fuoco. La specialità gravel ne è ricca e si spera siano sempre più valorizzati in futuro.
Nel gravel competitivo il mezzo tecnico fa una differenza decisiva. Contano i dettagli e le scelte che adattino il mezzo alle esigenze del singolo atleta e del percorso proposto. Un aspetto affascinante, da valorizzare sia dal punto di vista regolamentare sia da quello dei contenuti tecnici che i futuri percorsi sapranno proporre. Si aspettano sviluppi.