
Il Tour femminile ha già surclassato il Giro: e sapevamo tutti che sarebbe andata esattamente così
Fino a tre anni fa il nostro era l’unico Grand Tour riservato alle donne, ma non ci si è mossi in tempo per elevarne gli standard ai livelli di eccellenza subito proposti da ASO, a cominciare dalla copertura tv
C’è stato tempo, per nulla lontano, nel quale il Grand Tour per eccellenza del ciclismo femminile era il Giro d’Italia. Un tempo, per nulla lontano, ma che in realtà sembra passato da un secolo, in cui la crema del movimento si dava appuntamento, ogni estate, sulle strade della corsa rosa.
L'ascesa di ASO nel ciclismo femminile…
E poi, cos’è successo? È successo che ASO ha deciso di sbarcare mani e piedi anche nell’altra metà del cielo del ciclismo, iniziando dalle grandi classiche per arrivare, appunto, alle corse a tappe: il Tour de France dal 2022 e, dall’anno seguente, anche la Vuelta a España. Un approdo in grande stile, quello dei francesi, a cominciare dal montepremi e soprattutto dalla produzione e dalla copertura televisiva, entrambe su standard di eccellenza.
… e l'insufficiente gestione del Giro Rosa
Tutto questo mentre, invece, il Giro d’Italia si barcamenava passando da un organizzatore all’altro, ciascuno incapace di programmare a lungo termine, dati la scarsa durata dei contratti e la cronica mancanza di grandi sponsor interessati a investire sul prodotto. Troppo tardiva, in questo senso, l’assegnazione della Corsa Rosa a quella stessa RCS Sport che, da sempre, realizza anche il Giro degli uomini. Ma troppo tardiva, soprattutto, la scelta di trasmettere finalmente in diretta le gesta delle Van Vleuten e delle Van der Breggen, delle Kopecky e delle Longo Borghini, nel momento in cui, invece, le trasmissioni live erano state fin da subito il marchio di fabbrica delle corse targate ASO.

Ce la ricordiamo la stagione in cui – correva l’anno 2021 – pur ancora in assenza di contender diretti, il Giro femminile venne addirittura declassato dall’UCI, proprio a causa dell’inadeguato servizio di broadcasting? Servivano almeno 45 minuti di diretta tv per rimanere una prova del World Tour, ed invece ciccia, si andò avanti con le misere differite del tardo pomeriggio e si scese a Pro Series.
E così, nel giro di appena due-tre anni si è dilapidata una posizione di vantaggio che pareva inscalfibile, non facendo nulla – o facendolo troppo tardi, quando i buoi erano già scappati – per farsi trovare pronti al confronto non solo con la ritrovata Grande Boucle, ma anche con la stessa Vuelta. Metafora di un immobilismo e di un autocompiacimento per la propria storia che attraversa l’intero ciclismo italiano ognisesso. Con i risultati (o meglio, la mancanza di) che abbiamo sotto gli occhi di tutti, quantomeno in ambito maschile. Ma anche al femminile, a lungo andare, pare inevitabile un arretramento data l’incapacità di tenere il passo con i movimenti più strutturati e professionalizzati.