Henok Mulubrhan vince la settima tappa del ToQL, foto di Adrian Hoe
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Il Grande Khan è Henok Mulubhran

Diario dal Tour of Qinghai Lake 2023 - La corsa volge al termine e il capitano Green Project lascia un segno profondo. Il senso dei cinesi per l'identità nazionale, dai tempi di Gengis a oggi

dal nostro inviato

"I monti sono nati per le zuccate che la Terra ha sempre dato contro il Cielo nel tentativo di emularlo", disse Gengis Khan, il condottiero mongolo che costruì un impero che arrivò a conquistare un quarto della superficie terrestre. Certo, le steppe non erano esattamente ricche di città da conquistare, oggi come nel tredicesimo secolo, ma l'orda mongola fu in grado di sconfiggere l'impero cinese e assoggettare l'intera Cina, arrivando praticamente fino alla Corea. Dopo che Gengis Khan sconfisse l'imperatore cinese assediando e prendendo l'odierna Pechino, volle fare della Cina un regno di pascoli da distribuire alle famiglie dei guerrieri mongoli, che avevano nei cavalli l'arma da guerra più efficace.

Oggi il Tour of Qinghai Lake 2023, dopo essere ripartito da Xihaizhen, ha finalmente raggiunto il lago che dà il nome alla corsa, il lago Qinghai. I primi a vederlo sono stati ovviamente i sedici fuggitivi della prima ora, tra cui Enrico Zanoncello (Green Project-Bardiani CSF-Faizané), Nicolas Dalla Valle (Corratec-Selle Italia),  Myagmarsuren Baasankhuu (Ferei Mongolia), Erik Bergström Frisk (Shenzhen Xidesheng) e Timothy Dupont (Tarteletto-Isorex), vincitore della prima frazione. Proprio dalla costa del lago si è risaliti sulla Nanshan Mountain (1a cat., 7.1 km al 6.7%,) toccando quota 3721 m.s.l. Come i monti secondo Gengis Khan, anche gli scalatori della Green Project-Bardiani oggi, guidati dal loro condottiero, campione africano Henok Mulhubran, hanno osato sfidare il team colombiano della Medellín-EPM, che difendeva la maglia gialla di Wilmar Paredes sul terreno a lui più consono, una salita tutta sopra i 3200 metri di quota. E le montagne hanno premiato il loro coraggio.

Il primo Bardiani a scattare dal gruppo era stato Riccardo Lucca, mentre in testa alla corsa dalla fuga restavano in quattro: Zanoncello, Baasankhuu, Martijn Rasenberg (ABLOC) e Asier Etxeberria (Euskaltel-Euskadi). Il secondo attacco è stato di Henok Mulhubran, che ha selezionato un gruppo con il terzo in classifica, Eric Antonio Fagundez (Burgos-BH), con cui però restavano anche i compagni Mario Aparicio e Andrés Camilo Ardila. La maglia gialla Paredes perdeva inesorabilmente terreno, tanto più che Mulubhran trovava sulla sua strada prima Lucca e poi Zanoncello. Chi non riusciva a raggiungerlo era Davide Baldaccini (Corratec), secondo in classifica, che pagava più di un minuto allo scollinamento, pur senza andare alla deriva, ma cercando di rientrare con l'aiuto dei compagni Marco Murgano e Lorenzo Quartucci.

Sul Gpm non poteva che transitare per primo un discendente del Gran Khan, Baasankhuu, ma successivamente veniva ripreso dal gruppo del campione africano, portando a dodici elementi la composizione del gruppo di testa, tre della Green Project e tre della Burgos-BH, che andavano di comune accordo, planando a tutta tra i pascoli e gli allevamenti di cavalli tanto cari a Gengis Khan, fino al secondo Gpm, lo strappo di Haxia Yakou, Gpm di 3a categoria posto ai -20 km dall'arrivo.

Qui perdevano contatto prima Zanoncello e Bergström e poi, in seguito ad un nuovo attacco di Mulubrhan, Etxeberria e Angulo. Restavano dunque in sei a buttarsi a capofitto fino al traguardo: due Bardiani, due Burgos, Baasankhuu e Rasenberg: solo 9" separavano in classifica Mulubrhan da Fagundez, che a questo punto andavano a giocarsi la testa del classifica generale con gli abbuoni sul traguardo. Ben lanciato da Lucca, l'eritreo dominava la volata, nella quale si è piazzato secondo Baasankhuu e terzo Fagundez, che ha conquistato così la leadership della generale con soli 3" su Mulubhran. 

Corsa devastante quella del capitano della Bardiani, di gran lunga il migliore in salita e incontenibile nello sprint: domani il d.s. Amoriello dovrà sforzarsi di provare a prendere quei 3" che varrebbero la vittoria finale. La tappa sulla carta sarà per i velocisti, ma prevede tre traguardi con abbuoni, il primo dei quali però è posto 80 km dopo la partenza, e sarà difficile tenere chiusa la corsa con una squadra che ha già subito due defezioni (Alessandro Santaromita e Luca Colnaghi) per problemi intestinali, e con Manuele Tarozzi non al 100%. Fuori dai giochi Davide Baldaccini, ora quarto a 1'16", dietro a Mario Aparicio (terzo a 1'08"). 

I cinesi hanno cominciato a farsi meno remore nel prendere d'assalto, oltre a noi, anche i ciclisti per chiedere una foto: vi è mai capitato che un bonzo tibetano vi fermasse per un selfie? Ecco, a Mulubhran e Fagundez oggi è successo.

Qui intorno al lago Qinghai si trova una delle zone con più minoranze etniche della Cina: oltre ai già citati Tibetani, Monguor e Tu, oggi ho cominciato a riconoscere persone di chiara origine mongola, specie tra chi festeggiava il podio di Baasankhuu. La Repubblica Popolare Cinese è nata con una forte matrice identitaria: l'idea di fondo che ancora compare in alcuni discorsi del Segretario del Partito Comunista Cinese Xi Jinping è proprio quella di assimilare all'etnia Han (quella che identifichiamo con “i cinesi gialli”) le minoranze che costituiscono tra l'8 e il 10% della popolazione.

Non a caso sulla bandiera della RPC, attorno alla stella più grande, quella che rappresenta il PCC, vediamo quattro stelle più piccole sempre di colore giallo (i contadini, gli operai, la piccola borghesia e la borghesia nazionale): il colore non è casuale, perché l'idea di fondo era quello di unificare sotto questa bandiera anche chi non appartiene ai “gialli”, gli Hu."Il sangue è più denso dell'acqua", recita un motto: la Cina di Xi Jinping considera in certo qual modo ancora legato a sé anche chi considera legato alla propria etnia, pur non vivendo in Cina, a partire ovviamente da Taiwan, ma anche dalle ex-colonie di Macao e Hong Kong fino a chi vive da molti anni all'estero.

Allo scoppiare della pandemia del 2020 l'80% delle attività cinesi in Italia chiuse prima che gli fosse imposto dal governo italiano, proprio ascoltando le direttive della propria ambasciata e delle autorità consolari, che si premurarono di consegnare dispositivi di protezione e di monitorare lo stato di salute dei propri compatrioti ben prima che l'emergenza fosse tangibile anche in Italia.

A cena, mentre mi facevo raccontare della prima ondata di Covid (ovviamente non ho sentito niente di diverso da quello che potessi immaginare), siamo finiti in un ristorante del cui funzionamento non capivo nulla e ho dovuto farmi spiegare passo passo… Forse ne esistono di simili anche in Italia, ma non frequentando particolarmente la cucina orientale, sicuramente non potevo aver mai visto nulla di simile. Ogni posto a tavola infatti era dotato di una piastra, e la cameriera portava a ciascuno una padella bollente con un brodo pieno di spezie e condimenti. Non soddisfatti, ciascuno riempiva una ciotola da una specie di buffet con qualsiasi condimento si potesse immaginare (salse, peperoncino, aglio e cipolla caramellata sono gli unici che ho riconosciuto).

I miei colleghi ci hanno tenuto a precisare che in ogni regione della Cina la cucina varia, per esempio al Sud la cucina è molto più piccante e speziata. Ah. A questo punto a fianco del tavolo passava qualunque tipo di cibo (carne, tofu, zampe di gallina, frutta, contenitori di uova, sacchetti con i noodles) tutti infilati in uno spiedino con un codice: ciascuno prendeva ciò che voleva, lo faceva bollire nella pentola, la cui temperatura poteva regolare con la piastra, e dopo averlo consumato metteva lo spiedino vuoto in un cesto metallico. A cena terminata, si chiama la cameriera che suddividendo gli spiedini vuoti per tipo li contava e portava il conto (l'equivalente di 60 euro da dividere in 9 per la cronaca).

Sembra che sul letto di morte Marco Polo abbia detto: “Non ho scritto nemmeno la metà delle cose che ho visto, perché sapevo che nessuno ci avrebbe creduto”. Potrei dire lo stesso del cibo che ho visto mangiare e che mi è stato proposto di mangiare. D'altronde il padre di Gengis Khan, ligio alla tradizione mongola, aveva accettato perfino il cibo offerto dai propri nemici, finendo avvelenato: l'esperienza deve aiutato il figlio a non ripetere gli errori del padre e a guardarsi dai nemici. Domani ci saranno un eritreo e uno spagnolo a contendersi la corsa più importante della Cina, staremo a vedere chi otterrà un po' di quella gloria che ottenne il Grande Khan sulle strade di Cina.

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Paolo Armentini
Inseguo sogni e utopie dal 1990. Non sapendo né correre, né scrivere, né insegnare, provo a fare le tre cose, sia mai che me ne esca una giusta.