Le ultime rampe de l'Angliru © Umberto Bettarini
Cicloturismo

Torna l’Angliru: la salita dove rimanere in sella è un’impresa

Venerdì 5 settembre alla Vuelta si scalerà per la decima volta nella storia il mostro Asturiano. Una vetta che non può mancare nel curriculum dei cicloamatori più temerari

03.09.2025 10:16

Con pendenze da incubo e una fitta nebbia che spesso inghiotte la strada, l’Angliru è una sfida che mette a dura prova persino i professionisti. Dal 1999 simbolo della Vuelta a España, il gigante asturiano è senza dubbio una delle salite più dure al mondo: un traguardo da inserire nel curriculum di ogni cicloturista amante delle pendenze estreme.

Come raggiungere l’Angliru

L’Alto de l’Angliru, insieme a La Gamonal, si trova nella Sierra del Áramo, nel comune di Riosa, nel cuore verde delle Asturie. La città di riferimento è Oviedo, distante appena 20 chilometri dalla base della salita, mentre la costa atlantica con Gijón e Avilés è raggiungibile in meno di un’ora. Dall’Italia la soluzione più rapida è il volo sull’aeroporto delle Asturie (OVD), a circa 50 km da Oviedo; in alternativa, si può atterrare a Santander o Bilbao e poi proseguire in auto o in treno. Una volta arrivati a Oviedo, il modo migliore per vivere appieno l’esperienza è in sella: la salita comincia a Riosa e la si può raggiungere facilmente pedalando lungo strade secondarie poco trafficate. Viste la durezza e le pendenze estreme dell’Angliru, conviene evitare qualsiasi peso inutile: chi viaggia in bikepacking può considerare di inserirlo come deviazione all’interno di un ciclo-viaggio nel nord della Spagna, lasciando i bagagli in albergo o in campeggio prima di affrontare le rampe del “mostro asturiano”.

Altimetria Angliru © La Vuelta
Altimetria Angliru © La Vuelta

Una salita relativamente breve ma dalle pendenze impossibili

Rispetto ad altre vette iconiche del ciclismo, l’Angliru è certamente una delle meno imponenti. La sua cima, infatti, è posta a quota 1573 metri sul livello del mare e la sua ascesa misura appena 12,5 chilometri. Eppure, proprio come avviene nel mondo animale, dove non sempre l’esemplare più grande è anche il più pericoloso, il “modesto” Angliru sovrasta tutte le altre salite per brutalità. Stiamo parlando di una scalata con una pendenza media che supera di poco il 10%, divisa in due parti ben distinte: i primi sei chilometri sono relativamente pedalabili, mentre la seconda metà presenta una media del 13% con punte che superano il 23%. Per chi è avvezzo alle salite lombarde, è una sorta di Muro di Sormano… tre volte più lungo.

I pascoli e lo scenario bucolico de l'Angliru © Umberto Bettarini
I pascoli e lo scenario bucolico de l'Angliru © Umberto Bettarini

Tra nebbia e pascoli con pendenze che superano il 23%

I primi sei chilometri dell’Angliru, da Riosa fino a Viapará, possono facilmente trarre in inganno. La strada, ampia e regolare, si mantiene su pendenze intorno al 7%, regalando l’illusione che la montagna possa essere domata senza troppe difficoltà. Ma è solo un preludio. Superato Viapará, l’asfalto si restringe e, dopo un breve tratto in falsopiano, iniziano le prime rampe in doppia cifra. In questo punto, un cartello con la scritta “Bienvenido en paradiso” accoglie beffardo i ciclisti. Da lì in avanti non c’è più un attimo di respiro: Les Cabanes, con i suoi tornanti micidiali al 19%, e soprattutto la Cueña les Cabres, 300 metri al 22%, capaci di mettere in difficoltà persino i cicloamatori più allenati e di costringerli a scendere dalla bicicletta. In un contesto tanto estremo, i pochi tratti in cui la pendenza si attesta “solo” attorno al 13% finiscono per sembrare un sollievo. 

Complice la vicinanza con l’Atlantico, questa sezione è spesso avvolta da una fitta nebbia in grado di cancellare i suoni e ridurre la visibilità a pochi metri. Altre volte, invece, la strada si innalza sopra le nuvole, regalando ai cicloamatori lo spettacolo di un paesaggio sospeso a oltre 1500 metri di quota. Affrontata al di fuori della Vuelta, l’ascesa offre uno scenario bucolico sorprendente: mucche al pascolo lungo la strada e pastori che osservano incuriositi il passaggio di chi tenta di sfidare il “mostro asturiano”. La vetta si trova in un piccolo piazzale panoramico, dove una stele ricorda i grandi campioni che hanno conquistato la vittoria su queste rampe. Poco distante, un cartello verde riassume in cifre la brutalità dell’impresa: “Alto del l’Angliru 12,5km. Altura 1573 m. Desnivel 1266m. Pendiente Media 10.13%. Pendiente Maxima 23,5%”.

Quasi in vetta © Umberto Bettarini
Quasi in vetta © Umberto Bettarini

L’Angliru un mito recente del ciclismo

L’Angliru fece il suo debutto solo alla Vuelta a España nel 1999 e da allora è diventato un simbolo della corsa spagnola. In quella prima, leggendaria apparizione, José María Jiménez conquistò il successo tra nebbia e pioggia, superando Pavel Tonkov e regalando all’Asturia la nascita del suo mito ciclistico. L’anno seguente toccò a Gilberto Simoni, che definì la salita “più adatta a una mountain bike che a una bici da corsa”. Nel 2002 fu la volta di Roberto Heras, che consacrò l’Angliru come “la montagna crudele”, capace non solo di premiare i vincitori ma anche di condannare chi falliva l’appuntamento.

Dopo qualche anno di pausa, la salita tornò protagonista nel 2008 con Alberto Contador, che la domò nel pieno della sua carriera, e ancora nel 2017, quando salutò il ciclismo professionistico proprio con una vittoria su queste rampe. Memorabile anche l’impresa di Juan José Cobo nel 2011, quando riuscì a mettere in scacco il Team Sky di Chris Froome e Bradley Wiggins, utilizzando un 34x32, un rapporto ancora inusuale per quei tempi. Più recentemente, Hugh Carthy nel 2020 e Primož Roglič nel 2023 hanno aggiunto i loro nomi all’albo d’oro.

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Umberto Bettarini
Milanese di nascita, calabrese per vocazione. Dopo la sua prima randonnée, ha scelto la famosa “pillola rossa” per scoprire quanto è profonda la tana del Bianconiglio ed è rimasto intrappolato in una grave forma di dannazione ciclistica