
Pello Bilbao si espone: "Non capisco l'ipocrisia dell'UCI"
Il corridore basco è uno dei pochissimi a parlare apertamente del genocidio di Gaza. In un'intervista a El Periódico ha detto la sua sulle proteste alla Vuelta
Pello Bilbao è uno dei pochissimi corridori ad avere espresso pubblicamente la sua posizione sul genocidio in corso a Gaza. Praticamente l'unico a farlo sui suoi profili social, insieme a Remco Evenepoel. Il corridore basco della Bahrain-Victorious, che nello scorso weekend ha corso le classiche canadesi, ha rilasciato un'intervista al quotidiano catalano El Periódico, in cui ha detto la sua sulle proteste che hanno fermato l'ultima tappa della Vuelta e interferito con diverse delle frazioni precedenti.
Pello Bilbao: “Prendendo una decisione prima si sarebbero potute evitare proteste”
“Sono abbastanza radicale su questo tema, da molto tempo cerco di dare visibilità al genocidio di Gaza. Ho pubblicato diverse cose sui social, e per questo sinceramente mi sembrava strano che nessuno mi facesse domande sull'argomento", ha detto Bilbao, a cui è stato chiesto un parere sulle azioni dei manifestanti durante la corsa spagnola.
“Se fosse stata presa una decisione prima di inziare la Vuelta, si sarebbero potute evitare le proteste, ma avrebbe dovuto farlo chi ne ha l'autorità. Capisco che Unipublic, in quanto organizzatore, non è l'ente che avrebbe dovuto farlo. Al contrario però avrebbero potuto decidere i giudici di gara, l'UCI o anche il governo stesso, che deve garantire la sicurezza della corsa. Suppongo che se il governo avesse deciso che la Israel non poteva partecipare l'ordine sarebbe stato indiscutibile. Penso siano i principali responsabili di una corsa che si svolge in Spagna.” Il governo spagnolo è stato tra i primi in Europa ad applicare misure contro quello israeliano, e ha mostrato appoggio alle posizioni dei manifestanti specialmente da quando la corsa è arrivata a Madrid. Ieri il primo ministro Pedro Sánchez ha chiesto l'esclusione di Israele da tutte le competizioni sportive.
“Per fortuna c'è gente che ha coscienza e visibilizza questo problema, perché a Gaza stanno morendo persone innocenti, compresi bambini e giornalisti”, prosegue Bilbao. “Bisogna fare rumore e ringraziare chi scende in strada o si imbarca su una flotilla, rischiando la pelle per portare alimenti e rompere il blocco alla Palestina. Vedremo se così si apriranno gli occhi della popolazione, in generale.”
"Non capisco l'ipocrisia dell'UCI"
Riguardo alla presenza in corsa della Israel-Premier Tech, motivo per cui queste proteste hanno avuto origine, il basco si è detto contrario alla posizione dell'Unione Ciclistica Internazionale. “Per me non è facile esprimere un'opinione su questo tema e dire che vorrei la Israel-Premier Tech fuori dal gruppo, avendo ex compagni e conoscenti lì dentro, con cui ho una buona relazione, che lavorano duro all'interno della squadra. La situazione è molto complessa, anche loro soffrono. Allo stesso tempo però non capisco l'ipocrisia dell'UCI, che con la Gazprom russa ha preso una decisione diversa. Non capisco la differenza: perché alcuni si e altri no? Non so se credono di risolvere il problema con Israel e Sylvan Adams fuori dalla squadra, tenendo solo Premier Tech come squadra canadese. Magari può essere una linea intermedia, ma ripeto che non capsico questa ipocrisia.”

Bilbao sottolinea anche come queste proteste abbiano messo in evidenza la fragilità del ciclismo, che si può facilmente trovare esposto a situazioni di questo tipo. “Corriamo su strade aperte, ed è impossibile controllare una corsa che percorre chilometri e chilometri, quindi è molto facile boicottarla. Se l'UCI e il governo avessero agito in anticipo, non sarebbe successo nulla di quello che si è visto alla Vuelta. Più passa il tempo e più è coscienza comune che quello di Gaza è uno genocidio. Aprano gli occhi e guardino la realtà: si ferma una corsa, non il mondo intero. Non deve essere questa la discussione principale quando ci sono più di sessantamila civili morti a Gaza, di cui ventimila bambini. Che colpa hanno per essere nati in Palestina? Non hanno possibilità di fuggire, sono in una prigione a cielo aperto, con le case distrutte, sul punto di morire di fame e senza nessun luogo sicuro nella Striscia. Bombardano ospedali e campi profughi, è disumano.”
Lo scalatore nato a Gernika, che in carriera ha vinto due tappe al Giro d'Italia e una al Tour de France, non ha problemi a prendere posizione su un tema che gli sta molto a cuore, mentre per molti suoi colleghi è più complicato esporsi. “Magari non sono radicali come me, ma in gruppo siamo in molti a pensarla così. Direi che sono la maggioranza, ma nessuno ne parla chiaramente come sto facendo io, la cosa più semplice è non esporsi ed evitare situazioni scomode”, spiega Bilbao.