L'arrivo solitario di Ben Healy a Fossombrone © Giro d'Italia
Giro d'Italia

Ben Healy, un giorno di ordinaria magia. E Remco scricchiola

Giro d'Italia, l'irlandese promuove una fuga impossibile e poi stacca tutti in salita andando a vincere in solitaria. Battaglia tra i big, Primoz Roglic attacca, bene gli INEOS, maluccio Evenepoel, Andreas Leknessund salva la rosa

13.05.2023 17:15

Ci voleva una tappa da Tirreno-Adriatico per ravvivare il Giro d'Italia tramortito dal no contest del Gran Sasso. Ci voleva un cavallo pazzo come Ben Healy per onorare al meglio una giornata da fuga, per una tappa che l'irlandese ha dominato in lungo e in largo alla maniera spettacolare a cui il ragazzo ci sta volta per volta abituando. E ci voleva la grinta di Primoz Roglic per evidenziare il primo passaggio a vuoto di Remco Evenepoel in questa corsa rosa, giunto in maniera piuttosto inattesa e di sicuro non determinante nella misura in cui si è dimensionato (14" persi dal Campione del Mondo rispetto allo sloveno e a un altro paio di contender), ma abbastanza rumoroso in quanto fin qui non solo nelle pieghe della gara, ma anche nell'attitudine evidenziata dal 23enne belga, non erano visibili né preventivabili crepe del genere.

Andiamo con ordine: l'andamento della tappa di Fossombrone ha confermato - se mai ce ne fosse bisogno - che percorsi costruiti con sapiente distribuzione di salitelle assassine piazzate in maniera strategica soprattutto nei chilometri finali sono garanzia di spettacolo e di pathos. Molto più che arrivi in salita frammentati come quello di ieri a Campo Imperatore. Insomma il trionfo della filosofia che ha fatto la fortuna della Corsa dei Due Mari, e un suggerimento per quel che riguarda più in generale il disegno di un GT: a questo punto arriviamo a chiederci se sia proprio necessario inserire un arrivo in quota nella prima metà di un Giro, se poi l'esito deve essere puntualmente deludente. Non è meglio moltiplicare queste frazioni da battaglia prima che si arrivi alla resa dei conti nei tapponi alpini?

Veniamo a Ben Healy, il Wild Rover del ciclismo contemporaneo, la dimostrazione che la classe 2000 non è solo Remco Evenepoel. Nato nei pressi di Birmingham ma irlandese per famiglia e intenzioni, il 23enne della EF Education-EasyPost sta ancora cercando di capire il perimetro in cui si muoverà la sua carriera. Per quanto ne sappiamo ora, può venir fuori di tutto da quella posizione sghemba, con la testa reclinata sulla sinistra mentre pedala, già diventata marchio di fabbrica riconoscibilissimo. Nonostante l'apparenza sgraziata, Healy non spreca un watt, tutto nel suo incedere è orientato alla massimizzazione dell'impatto sulla corsa e sugli avversari.

Oggi Healy è stato a dir poco splendido, ha tenuto in vita una fuga che nel 99% dei casi sarebbe morta dopo cinque chilometri, col gruppo a 5" di distanza, scatenato in un avvio di tappa in cui tutti volevano andare all'attacco. Ben ha tirato nella prima parte di tappa senza risparmiarsi, ha voluto con tutto se stesso che quell'azione prendesse quota, e quando è riuscito nell'intento nella sua testa è rimasto un unico pensiero: staccare tutti in salita. Come puntualmente ha fatto a 50 km dal traguardo, quando gli è bastato uno scatto devastante per disperdere tutti gli altri 12 fuggitivi e per costruirsi una nuova impresa vincente, dopo quelle messe a segno in marzo alla Coppi e Bartali e a Larciano, e dopo quelle tentate in aprile nelle classiche, alla Freccia del Brabante, all'Amstel Gold Race, in qualche misura pure alla Liegi. Un combattente, un vincente, un personaggio. Viva lui.

Giro d'Italia 2023, Primoz contro Remco: la questione si fa interessante

Una riflessione poi sulla classifica di questo Giro d'Italia 2023, sulla lotta annunciata tra Evenepoel e Roglic, contesa che dopo una settimana tutta pro Remco oggi ha segnato il primo punto per Primoz. Non era propriamente prevedibile che il Campione del Mondo perdesse le ruote del rivale sul Muro dei Cappuccini, peraltro gestendo in maniera evidentemente sballata il cambio di ritmo insistito e reiterato a cui il capitano della Jumbo-Visma ha sottoposto tutti gli avversari. Lo stesso Evenepoel ha detto che avrebbe dovuto fare come Geraint Thomas, ovvero salire col proprio passo per chiudere eventualmente in cima.

Che non l'abbia fatto indica un paio di cose: la prima è che uno come lui non può fare a meno di accettare lo scontro in campo aperto, anche quando ciò lo mette in una condizione di inferiorità (per sfidare Roglic sul terreno della breve e dura rampa ci vuole perlomeno una certa faccia tosta, se non si hanno le gambe giuste); la seconda è che evidentemente il ragazzo non conosce ancora se stesso al 100%, il che fa paura se pensiamo che ciò gli attribuisce ulteriori margini di crescita rispetto a quelli che la natura già gli ha concesso.

Al fondo di tutto, il pensiero che le botte prese nella tappa di Salerno, al di là di sorrisi e palleggi, qualche scoria possano averla lasciata. In tal senso il tempo lavora per Evenepoel. C'è però un risvolto che a questo punto non possiamo sottovalutare, e cioè che gli avversari con cui il belga si misura al Giro sono generalmente molto forti, e che il percorso non è nemmeno lontanamente assimilabile, per durezza e snodi critici, a quello della Vuelta da lui brillantemente domata nel 2022. Non diciamo che questo sia un altro sport rispetto a quello, ma siamo da quelle parti.

Bastassero anche solo la lunghezza delle tappe sin qui disputate (115 km in più nelle prime 7 frazioni in linea) e le complicazioni meteorologiche (quanto è costata, in termini di dispendio energetico e nervoso, la giornata di Salerno?), staremmo già dibattendo di altri parametri rispetto al GT spagnolo. Ma non solo: un conto è una tappa che si accende su una pur dura rampa d'arrivo di pochi chilometri; altra questione sono frazioni in cui la battaglia infuria già a 40-50 km dalla fine (nel nostro caso è successo per esempio a Melfi e Fossombrone).

Tutto questo ci porta a dire che effettivamente esiste ancora del terreno inesplorato, rispetto all'Evenepoel attuale. Quel terreno che si sostanzia nella battaglia sportiva senza quartiere nella terza settimana, ovvero un campo in cui di fatto Remco non si è ancora compiutamente misurato e che offre ai suoi avversari delle speranze. Poi alla fine l'iridato vincerà comunque il Giro, ma che oggi abbia dato a tutti l'idea di poter essere attaccabile è una novità che fa benissimo alla corsa rosa, anche se domani il 23enne nato ad Aalst dovesse rifilare due minuti a tutti nella crono di Cesena.

Anche perché gli avversari non mancherebbero: Roglic ha dimostrato di aver fatto le cose a puntino nella preparazione dell'appuntamento centrale del suo 2023, e sicuramente la frazione odierna gli lascia in eredità un notevolissimo boost di fiducia in se stesso; gli INEOS Grenadiers hanno confermato di esserci eccome, non solo con Geraint Thomas ma pure con un Tao Geoghegan Hart che in effetti ci pare anche più forte di quello che a sorpresa conquistò il Giro 2020; gli UAE Emirates non sono lontani, e tra João Almeida e Jay Vine hanno la possibilità di inventare qualcosa per uscire dagli schemi; stesso discorso per la coppia Bahrain-Victorious formata da Damiano Caruso e Jack Haig (oggi invece Santiago Buitrago è rimasto un po' in disparte). Per non parlare dei Bora-Hansgrohe e della loro capacità di far caciara (oggi la situazione l'hanno incendiata loro all'approccio del secondo Muro dei Cappuccini).

Insomma nemici da tutte le parti, e pure ben equipaggiati, per Evenepoel; il quale dal canto suo ha una squadra che non ha la solidità di altri team: oggi il più vicino dei Soudal-Quick Step è stato Mattia Cattaneo, giunto a 1'20" da Remco; né qualche compagno dell'iridato ha dovuto lavorare (come invece hanno fatto i gregari di Jumbo, UAE e INEOS - quella che in assoluto pare la compagine più forte, anche al netto dell'inatteso e quanto mai sgradito forfait di Filippo Ganna).

E allora, di tutto facendo la somma dopo questa scorrazzata umbro-marchigiana, il Giro stasera ci sorride abbastanza dopo i musi lunghi di ieri. Possiamo guardare avanti, a quel che manca da qui a Roma, con sollievo, fiducia e ottimismo.

Giro d'Italia 2023, la cronaca dell'ottava tappa

L'ottava tappa del Giro d'Italia 2023, la Terni-Fossombrone di 207 km, partiva in salita con la strada che si inerpicava verso il Valico della Somma, e ciò ha causato un via particolarmente movimentato, con tanti corridori interessati a cercare la fuga. La EF Education-EasyPost era tra le squadre più attive con Ben Healy e Alberto Bettiol tra gli altri, e pure la maglia rosa Andreas Leknessund (DSM) ha fatto capolino in un drappello di circa 20 uomini in cui c'era per esempio pure il Campione Italiano Filippo Zana (Jayco AlUla).

Naturalmente un drappello del genere non ha trovato via libera, gli scatti sono proseguiti e il susseguirsi di frustate ha determinato lo staccarsi di diversi corridori a fondo gruppo. La UAE Emirates, con Brandon McNulty prima e Davide Formolo poi, ha pure contribuito abbondantemente all'entropia, in particolare una trenata di Roccia ai -197 ha spezzato il gruppo e davanti praticamente si sono inseriti tutti gli uomini di classifica tranne Primoz Roglic (Jumbo-Visma), rimasto temporaneamente attardato in un secondo troncone.

Allo scollinamento (ai -196) sono andati via in contropiede in quattro rispetto al primo gruppone: l'immancabile Ben Healy e con lui Valentin Paret-Peintre (AG2R Citroën), Derek Gee (Israel-Premier Tech) e Carlos Verona (Movistar). A questo punto le schermaglie dietro si sono fermate, la Jumbo ha chiuso il buco di Roglic e tutto è rientrato per quanto riguardava i discorsi di classifica. Non ancora chiuso il discorso fuga, invece: erano tante le squadre ancora interessate a mettere un uomo davanti, dalla Trek-Segafredo all'Astana Qazaqstan, dalla UAE alla Green Project-Bardiani CSF-Faizanè.

Ai -183, mentre Healy teneva in vita il tentativo dei quattro nonostante questi fossero sempre tenuti a vista dagli inseguitori, sono partiti da dietro Erik Fetter (Eolo-Kometa) e Samuele Battistella (Astana), destinati a essere ripresi nel giro di 5 km o poco meno; tra i settemila tentativi che si sono susseguiti nei chilometri successivi, il più serio è stato quello di Toms Skujins (Trek), partito ai -164 e riuscito effettivamente a chiudere il gap rispetto ai fuggitivi, che erano sempre qualche secondo lì avanti. Ma il gruppo non si è in ogni caso placato.

Il traguardo volante di Foligno (-159) è stato superato di slancio, non disputato dai primi (per primo ci è occasionalmente transitato Verona) e battagliato per il sesto posto, con la maglia ciclamino Jonathan Milan (Bahrain-Victorious) a precedere Mads Pedersen (Trek) e Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck). Dài e dài, ai -143 è partito un secondo drappello con ancora Samuele Battistella e Filippo Zana, François Bidard (Cofidis) e il fratello del vincitore di ieri Mattia Bais (Eolo), a cui si sono poi accodati anche Alessandro Tonelli (Green Project) e Alessandro Iacchi (Corratec); negli stessi istanti si ritiravano Samuele Zoccarato (Green Project), in crisi sin da inizio tappa, Florian Stork (DSM) e David Dekker (Arkéa Samsic). Non l'avevamo ancora scritto, ma da Terni non erano ripartiti Filippo Ganna (INEOS Grenadiers), bloccato dal covid, e Lars van den Berg (Groupama-FDJ), alle prese con problemi gastrici e febbre.

Finalmente il gruppo a questo punto si è rialzato dopo 75 km corsi con l'anima tra i denti, restava quindi da vedere se e quando i due gruppetti di fuggitivi si sarebbero riuniti; ma intanto era ancora uscito di forza Warren Barguil (Arkéa), che non si rassegnava ad aver perso quel treno e che sarebbe riuscito meritoriamente a riportarsi sul secondo plotoncino ai -133; poco prima, ai -136, era uscito da dietro anche Oscar Riesebeek (Alpecin), ma per lui non ci sarebbe stato niente da fare: avrebbe dovuto chiudere da solo oltre un minuto sui battistrada, “ma quando mai?” abbiamo tutti pensato.

Ai -127 l'attesa riunificazione dei due drappelli è avvenuta con un vantaggio già superiore ai quattro minuti sul gruppo principale, tirato pacificamente dai DSM. Ai -115, dopo oltre 20 km di inseguimento, Riesebeek ha smentito tutti i nostri scetticismi e si è accodato ai primi: 13 in tutto i fuggitivi, il più vicino in classifica era Barguil a 6'39" e ciò faceva sì che la squadra della maglia rosa non concedesse troppo agio agli attaccanti, tenuti a lungo intorno ai 4' prima che il vantaggio raggiungesse un massimo di 5'55" ai -63. Di mezzo, il traguardo volante di Sigillo dove Bais-Tonelli-Iacchi sono transitati in quest'ordine ai -110.

Ai -52 il primo passaggio sul Muro dei Cappuccini ha segnato la fine dell'equilibrio in fuga: Iacchi si è staccato mentre Barguil e poi Zana tiravano il gruppetto, ma poi nessuno ha più tenuto Ben Healy quando ai -50 l'irlandese è scattato come un pazzo facendo completamente il vuoto. Zana e Gee hanno provato a resistere alla sfuriata di Wild Rover ma non c'è stato verso. Il gruppo in questo primo passaggio è stato messo in fila dalla INEOS Grenadiers e ha scollinato con 4'30" di ritardo da Healy, il quale aveva più di mezzo minuto sugli altri fuggitivi, letteralmente schiantati.

Al primo passaggio dal traguardo di Fossombrone, ai -44, Healy è passato con un minuto sugli altri fuggitivi (tra i quali mancava solo Iacchi) e oltre cinque sul gruppo; subito dopo c'era da scalare il Monte delle Cesane, 8 km di salita su cui il gruppetto inseguitore si è subito frantumato: davanti son rimasti in 5, ovvero Zana, Gee, Barguil, Bais e Verona. Quanto al plotone, il ritmo INEOS probabilmente era troppo blando per i gusti della Jumbo, che ha mandato Michel Hessmann a rilevare i Granatieri in testa per tutta la parte centrale della salita. Ciò non ha impedito a Healy di riguadagnare ancora fino a 5'30", margine con cui ha scollinato ai -36 (Zana e gli altri erano a 1'40").

Il nativo di Kingswinford ha continuato a guadagnare in maniera indiscriminata, dopodiché al secondo passaggio dal Muro dei Cappuccini Zana ha staccato gli altri del gruppetto andando a inseguire più un secondo posto sicuro che il battistrada, decisamente imprendibile e ormai involato verso una meritatissima vittoria di tappa. Ad ogni buon conto, Gee e poi Barguil hanno ripreso il vicentino.

Quello che avrebbe destato scalpore era però la lotta che avremmo visto tra gli uomini di classifica sul Muro dei Cappuccini. La Bora-Hansgrohe ha preso la rampa a tutta velocità, ma ad attaccare è stato Primoz Roglic (Jumbo). Lo sloveno è partito su un terreno particolarmente amico e sulle prime gli hanno risposto Lennard Kämna (Bora) e la maglia rosa Andreas Leknessund. Non Remco Evenepoel, rimasto un passo indietro con Geraint Thomas (INEOS) ed Eddie Dunbar (Jayco) a ruota.

Sembrava in realtà che l'iridato fosse piuttosto in controllo e potesse riaccodarsi, ma Roglic ha piazzato un cambio di ritmo e poi un altro ancora più ficcante, sul primo ha respinto il riavvicinamento di Evenepoel, sul secondo ha fatto saltare Kämna; e siccome non ne aveva ancora abbastanza, Primoz ha mollato una terza rasoiata che ha annebbiato la vista e i pensieri di Leknessund, andato decisamente fuori giri. Remco ha raggiunto la maglia rosa ma quando ha provato a staccarla ha sentito le gambe vuotine, e si è piantato tanto quanto il norvegese.

Sono stati allora gli INEOS a emergere prepotenti nell'ultima parte di salita: Tao Geoghegan Hart e Thomas hanno superato in tromba l'Evenepoel in panne, che si è visto raggiungere da João Almeida (UAE) e Hugh Carthy (EF). Al Gpm dei -6 i due INEOS hanno raggiunto Roglic e alla sua ruota hanno affrontato la discesa e un pezzetto di piano finale, ricordandosi di dare un cambio allo sloveno solo nell'ultimo chilometro. Damiano Caruso (Bahrain) è rinvenuto bene nel tratto finale di muro e ha condotto la discesa, allungando con Almeida prima che alla fine il gruppetto si coagulasse con Evenepoel, Jay Vine (UAE), Jack Haig (Bahrain), Dunbar e Pavel Sivakov (INEOS).

Il gran riepilogo dell'arrivo: Ben Healy ha vinto con 1'49" su Gee-Zana-Barguil, nei dieci anche Mattia Bais (sesto) e Alessandro Tonelli (ottavo); a 4'34" il terzetto TGH-Roglic-Thomas ha preceduto di 14" il drappello Evenepoel, di 24" Carthy (staccatosi in discesa), di 34" il gruppetto maglia rosa al cui interno c'erano pure Kämna, Aleksandr Vlasov (Bora) e Santiago Buitrago (Bahrain); a 1'02" da Roglic altri uomini più o meno di classifica come Aurélien Paret-Peintre (AG2R), Lorenzo Fortunato (Eolo), Thibaut Pinot (Groupama), Domenico Pozzovivo (Israel), Thymen Arensman (INEOS) e Rigoberto Urán (EF).

Leknessund difende per 8" il primo posto rispetto a Evenepoel, Roglic scalpita a 38", Almeida segue a 40", Thomas e Geoghegan Hart stanno entro il minuto di distacco (52" e 56"), in una classifica che domani sarà ulteriormente rivoluzionata nell'attesa cronometro romagnola, la nona tappa da Savignano sul Rubicone a Cesena: 35 km lungo i quali Remco avrà la possibilità di scavalcare il norvegese e rilanciare il proprio Giro d'Italia 2023 dopo il mezzo passaggio a vuoto di oggi. Vedremo cosa ne penseranno i suoi avversari.

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Ad Amurrio solo Vollering è più forte di Paladin
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!