Il Trofeo Senza Fine © Giro d'Italia via X
L'Artiglio di Gaviglio

La corsa più sottovalutata del mondo, nel paese più sopravvalutato del mondo

Tutti a lamentarsi ogni anno del livello del Giro: da perfetti provinciali cerchiamo paragoni insensati col Tour o la Vuelta e non ci accorgiamo della bellezza che abbiamo per le mani

08.05.2025 16:27

Diamo per letta la startlist e per conosciuto il percorso del Giro d’Italia che parte venerdì da Durazzo, Albania, tralasciando anche le noiosissime polemiche per l’ennesima partenza dall’estero. Diamo tutto per letto e per detto, perché è inutile stare qui a parlare dell’eccezionale – sì, eccezionale! – qualità del parco partenti, o della completezza e del valore tecnico messi insieme dalle 21 tappe – al netto, magari, di qualche chilometro a cronometro in più – disegnate quest’anno da Mauro Vegni e dal suo staff. Perché entrare nel merito di tutto questo, infatti, di fronte al pregiudizio con cui la gran parte del pubblico italiano, compresi purtroppo molti addetti ai lavori, etichetta a prescindere, ogni anno, il livello del Giro d’Italia?

Basta paragonare il Giro al Tour e alla Vuelta!

«Vanno tutti al Tour!», «ormai pure la Vuelta conta di più!», «del Giro non importa a nessuno!», sono le declinazioni più comuni in cui si articola il nostro provincialissimo piagnisteo, cercando paragoni che non hanno senso di esistere. Non ha senso paragonarsi al Tour, per il semplice motivo che il Tour de France, ormai da decenni, è l’unico evento capace di travalicare il ristretto mondo del ciclismo e di competere, in popolarità, con Wimbledon, la Formula 1, i Mondiali di calcio e le Olimpiadi. Anzi, il Tour se mai contribuisce ad accrescere lo status del Giro, nel nome di quell’accoppiata che rappresenta da sempre una delle sfide più affascinanti del ciclismo proprio in ragione della difficoltà a conciliare le due corse. Mentre cosa volete che costi, al vincitore della Grande Boucle, cercare poi il bis sulle strade di Spagna, essendosi già assicurato il bersaglio più grosso? 

La presentazione delle squadre del Tour de France 2024 a Piazzale Michelangelo a Firenze © ADSportwereld
La presentazione delle squadre del Tour de France 2024 a Piazzale Michelangelo a Firenze © ADSportwereld

Ma non ha nemmeno senso, per la corsa rosa, paragonarsi alla Vuelta perché, pur avendo indubbiamente beneficiato, la gara spagnola, dello spostamento in calendario dalla primavera alla tarda estate, rimane ugualmente, e di gran lunga, il terzo grande giro per seguito mediatico, prestigio e valore tecnico. E comunque, proprio in ragione del calendario, Giro e Vuelta sono perfettamente compatibili per chi voglia puntare ad entrambi, tant’è che la storia recente è piena di corridori che hanno doppiato l’impegno nella stessa stagione. Quanto al blasone delle due corse, è presto detto: saranno anche pochi quelli che a inizio anno puntano al Giro, ma se lo fanno è perché la maglia rosa diventa automaticamente il loro obiettivo prioritario. Mentre la Vuelta è e sarà sempre, fino a quando si correrà per ultima, la corsa di riparazione per definizione.

Il valore assoluto del Giro d'Italia

Sgombriamo il campo, dunque, da paragoni che hanno il solo risultato di farci perdere di vista il valore assoluto del Giro d’Italia. Assoluto in senso letterale, e cioè fine a sé stesso, svincolato dal confronto con l’erba del vicino. Non ci sono Pogačar e Vingegaard, e nemmeno Evenepoel e Van der Poel? E sticazzi! Tolti loro, il menù del Giro offre quanto di meglio in circolazione. Parlando solo di uomini di classifica abbiamo Roglič con Hindley e Daniel Martínez, Ayuso con Del Toro e Adam Yates, Tiberi con Bilbao e Caruso, Bernal con Arensman e Tarling, e poi Carapaz, Ciccone, Landa, Gaudu e Bardet. Da italiani, mettiamoci pure Piganzoli e Pellizzari.

ayuso-roglic
Il testa a testa tra Juan Ayuso e Primoz Roglic a La Molina

Ma poi c’è Tom Pidcock, con tutto il carico di curiosità che suscita la sua prima partecipazione a un gran tour da capitano unico; e c’è Wout Van Aert, pronto finalmente a debuttare in una corsa che potrebbe vederlo assoluto protagonista, almeno per un paio di settimane nelle quali, crediamo, incrocerà spesso le lame con un certo Mads Pedersen. Un po’ sottotono, rispetto ad altre edizioni, sembra essere solo il contingente dei velocisti puri, tra i quali spiccano Kooij e Groves, Bennett, Thijssen e Moschetti, ma soprattutto Paul Magnier, una delle next big thing del ciclismo internazionale, pronto a fare il suo debutto in una corsa di tre settimane in cui dimostrare di essere, con ogni probabilità, molto di più di un semplice sprinter.

Kaden Groves batte Wout van Aert a Villablino © Vuelta a España-SprintCycling
Kaden Groves e Wout van Aert alla Vuelta © Vuelta a España-SprintCycling

E davvero, di fronte a tutto questo, abbiamo il coraggio di dire che al Giro non viene nessuno? Ma dall’alto di quale pulpito ci aspetteremmo una partecipazione più qualificata? Di fronte a tanto provincialismo misto a vittimismo nazionalista, verrebbe da parafrasare il claim con cui la corsa rosa viene venduta: non più “la corsa più dura del mondo nel paese più bello del mondo”, ma piuttosto “la corsa più sottovalutata del mondo nel paese più sopravvalutato del mondo”.
 

Vollering colpisce a Lagunas de Neila, testa e gamba da leader della Vuelta
Dove passa il Giro, resta il desiderio di tornare: Albania in bici tra spiagge e montagne